Con i suoi oltre cento film realizzati in oltre cinquant'anni di carriera che hanno attraversato la recente storia del paese, Im Kwon-taek è considerato l'alfiere del cinema sudcoreano contemporaneo, di cui è riconosciuto come l'esponente più autorevole, simbolo stesso della cultura tradizionale coreana.
Nato nel 1936 a Jang-sung, nella parte meridionale della Corea del Sud, da una famiglia di origini contadine e cresciuto nella provincia di Kwangju, terminata la Guerra di Corea Im Kwon-taek si trasferisce nella capitale Seoul, dove inizia la sua carriera nel mondo del cinema come assistente di produzione di Chung Chang-hwa all'inizio degli anni Sessanta. È il periodo del boom della produzione cinematografica del paese, e Im viene rapidamente reclutato come regista, esordendo nel 1962 con Farewell to the Duman River. Il panorama di quegli anni è costituito pressoché esclusivamente da prodotti commerciali di genere, realizzati in fretta e a basso costo, con lo scopo di intrattenere le masse popolari: il regista realizza ben undici film in tre anni, spaziando dal melodramma (il genere tradizionale coreano) al bellico, dallo storico al cinema di kung fu, tanto in voga in quel periodo.
Nonostante fino agli anni Ottanta Im rimanga legato a un'impostazione saldamente commerciale, firmando in media otto film di genere l'anno, e venendo solitamente premiato da grossi incassi ai botteghini locali; in parallelo il regista si dedica, sin dagli anni Settanta, a realizzare opere dal taglio più personale, caratterizzate da una profonda riflessione sulla cultura e i valori tradizionali e sulla riscoperta dell'identità nazionale coreana.
Tra i titoli più significativi del periodo si possono citare l'autobiografico The Deserted Widow (1973), pionieristico esperimento (sfortunatamente fallimentare) di autoproduzione; The Family Tree (1978), che documenta gli orrori dell'occupazione giapponese della Corea, ma soprattutto Mandala (1981), prima vera opera autoriale, che traspone il romanzo autobiografico di un ex-monaco buddhista. Da questo momento in poi, la produzione di Im Kwon-taek uscirà fuori dall'ambito del cinema di genere, per dedicarsi incessantemente all'esplorazione della propria cultura d'origine, venendo apprezzata non soltanto dalla critica locale, ma anche dai festival internazionali.
Tra le opere più acclamate di un'immensa e sterminata filmografia, che si concentrerà in particolare nel tratteggiare figure femminili: The Surrogate Mother (1986), che esplora la condizione della donna in Corea; lo straziante melò Adada (1988), vincitore della Coppa Volpi al Festival Venezia, attribuito alla protagonista Shin Hye-soo per il ruolo di una ragazza sordomuta abbandonata dal marito; Sopyonje (1993) dedicato alla riscoperta della musica tradizionale coreana, il pansori; Chunhyang (2000),al tempo stesso trasposizione dei uno dei racconti fondativi della letteratura coreana e omaggio alle origini cinematografiche della nazione; Ebbro di donne e di pittura (2002), biografia di uno dei più grandi pittori tradizionali coreani, interpretato dalla star Choi Min-sik, vincitore del premio della regia al Festival di Cannes.
Negli ultimi anni l'inestimabile valore artistico della produzione di Im Kwon-taek viene ufficialmente riconosciuto anche in Occidente, e nel 2005 il Festival di Berlino gli attribuisce l'Orso d'oro alla carriera.
Il centesimo film del regista, Beyond the Years (2007), presentato ancora a Cannes, prosegue l'esplorazione dell'arte del pansori intrapresa in precedenza con Sopyonje. Nello stesso anno il governo francese gli attribuisce la Legione d'onore. L'ultima opera Dal-bit Gil-eo-ol-li-gi (2011), approfondisce un altro aspetto della cultura coreana, l'hanji, ovvero la tradizionale carta lavorata a mano.
2002 Regia, Sceneggiatura, Soggetto
1996 Regia
2014 Regia
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