Probabilmente ora Joe Pesci ci sorriderà, e non poco, dopo aver letto il suo nome tra i candidati all'Oscar 2020 per The Irishman tra gli attori non protagonisti. Perché il ruolo del boss Russell Bufalino lui non lo voleva proprio fare, era in pensione e il cinema era ormai un lontano ricordo. Si vocifera che abbia rifiutato la parte per ben cinquanta volte, facendo passare i sorci verdi a Martin Scorsese, il quale avrà pensato, in prospettiva, di aver faticato molto meno a convincere un attore difficile come Daniel Day Lewis ad abbandonare il lavoro di ciabattino in quel di Firenze per il set di Gangs of New York.
Ma il tira e molla, compresa anche la presenza di vecchi amici come Robert De Niro e Al Pacino, ha avuto il risultato sperato. Joe Pesci ha vestito i panni del potentissimo capo mafioso della Pennsylvania come se fosse un abito cucito su misura. Perché Martin Scorsese pensava proprio a lui durante la lunga gestazione di The Irishman e nessun altro poteva farlo al meglio. D'altronde il regista di Taxi Driver conosce Pesci da una vita, sin dai tempi di Toro Scatenato che gli fece guadagnare la sua prima candidatura agli Oscar e il Bafta per Joey LaMotta, il fratello di Jack che cerca inutilmente di aiutarlo quando la sua carriera da pugile volge al declino.
Una collaborazione proseguita poi con altri due grandi film: Quei bravi ragazzi, per il quale riuscì a conquistare la statuetta dorata sempre come attore supporter, e Casinò. In queste due opere, summa dei film da gangster della filmografia scorsesiana, sfodera una recitazione strabordante, impersonando caratteri di una crudeltà feroce e violenta. La figura di Tommy DeVito in Quei bravi ragazzi rimane tutt'ora uno degli apici di una carriera d'attore che ha sempre privilegiato parti di spalla di fortissima incisività, tanto da oscurare più volte i protagonisti.
In The Irishman si è, invece, di fronte ad una polifonia in cui Pesci 'suona' all'unisono con De Niro e Pacino. Un terzetto formidabile in cui ognuno si passa il testimone in una gara di bravura che ha dell'incredibile. In questo caso Pesci abbandona la recitazione volutamente sopra le righe dei precedenti film con Scorsese per restituirci la figura di un 'padrino' composto, imperscrutabile e dai gesti anonimi, ma capace allo stesso tempo di essere incisivo e risoluto come pochi. La scena in cui prepara l'insalata di fronte ad un attonito De Niro/Frank Sheeran, ordinandogli di fatto di andare a trucidare il suo amico Jimmy Hoffa disegna in maniera magistrale il personaggio, facendo intuire l'orrore e il Male in un contesto di una normalità che diventa agghiacciante. Gli sguardi, il tono medio della voce, unito ai gesti completano il quadro, dando a Joe Pesci il cuore di una scena memorabile di cui si parlerà ancora negli anni a venire. Non a caso in questa Awards season il suo nome è risuonato più volte tra premi e segnalazioni. Così sono arrivate le candidature a: Golden Globe, Screen Actors Guild, Critics' Choice, Bafta e Satellite Awards; le vittorie nei circoli critici di New York e San Diego.
Niente male una candidatura del genere agli Oscar 2020 per uno che aveva "appeso le scarpette" al chiodo per dedicarsi interamente alla sua seconda grande passione dopo la recitazione: la musica. E questo nonostante una carriera quarantennale che lo ha visto recitare con registi del calibro di Sergio Leone per C'era una volta in America o Oliver Stone in JFK - un caso ancora aperto; ma anche in film di grande successo al botteghino come la saga di Arma Letale, i cult Mamma ho perso l'aereo e Mamma, ho riperso l'aereo: mi sono smarrito a New York e Mio cugino Vincenzo.