Arriva finalmente in chiaro, stasera su Rai 1 in prima serata e in prima visione, Io Capitano, il film di Matteo Garrone candidato agli Oscar nel 2024 come Miglior Film straniero. Racconto di un viaggio disperato dalle coste dell'Africa a quelle dell'Europa, la pellicola è tratta da una storia vera. O, per dovere di precisione, si ispira a molte storie vere, quelle raccontate da tanti giovani che hanno compiuto lo stesso viaggio dei protagonisti.
Di cosa parla Io Capitano

La trama del film è il racconto del viaggio di Seydou e Moussa, che lasciano l'Africa e Dakar per tentare di raggiungere l'Europa. Quella che dovranno affrontare, però, sarà un'odissea contemporanea: tra le insidie del deserto, i pericoli dei centri di detenzione in Libia e la minaccia del mare, arrivare sul suolo europeo sarà l'impresa più ardua che possano mai immaginare di dover portare a termine. Il desiderio di una nuova vita, però, sarà più forte di ogni limite.
Vincitore di sette David di Donatello e quattro Nastri d'Argento, candidato a un Premio Oscar, Io Capitano sarà disponibile anche per la visione in streaming su RaiPlay, in lingua italiana e in versione originale con sottotitoli.
La storia di Ibrahima Lo, il giovane senegalese che ha ispirato Matteo Garrone

Come già detto, Io Capitano non è il racconto di una sola storia, ma di tante testimonianze di giovani africani che hanno affrontato quel viaggio della speranza che li spinge a lasciare alle spalle ricordi e affetti per raggiungere la speranza di un futuro migliore.
La scelta di Matteo Garrone, in questo senso, è stata esemplare perchè ha scelto di collaborare direttamente con chi ha vissuto in prima persona quell'odissea, così da restituire al pubblico un narrazione molto fedele alle storie reali.
Di particolare ispirazione è stata la vicenda di Ibrahima Lo, giovane attivista senegalese e autore del libro Pane e acqua. Rimasto orfano di madre a soli 10 anni, Ibrahima cade in un profondo stato di depressione quando, 4 anni dopo, perde anche il padre.
Un amico più grande, Mouhamed, lo convince a partire per l'Europa in un viaggio che ai loro occhi è pieno di promesse e sogni, ma che si rivelerà, come per tanti altri, solo una grande incognita.
Nel 2017, a 17 anni, zaino in spalla, dopo aver raccontato una bugia alla zia, Ibrahima e Mouhames salgono su un autobus. La meta finale è l'Italia, ma prima attraversano il Niger e la Libia. A ogni posto di controllo, come Ibrahima, racconta, i soldati rubano soldi e tutto quello che trovano negli zaini che abbia un minimo valore. La traversata del Sahahra è la parte più difficile del viaggio, con l'assenza di acqua che li costringe a bere la propria urina.
Passati ormai 6 mesi dal giorno della partenza, Ibrahima e gli altri arrivano al gommone che in poco più di 2 ore dovrebbe portarli sulle coste italiane. Con il mare molto mosso, ci vogliono due tentativi per prendere il largo. Intercettati in mare aperto da un elicottero, i migranti vengono salvati da una nave ONG.
In Italia, il suo permesso di soggiorno scade dopo pochissimo tempo, e Ibrahima deve arrangiarsi come meglio riesce. Accetta ogni tipo di lavoro, ma decide di tornare a scuola, per imparare la lingua. Nel 2021 pubblica il suo primo libro, Pane e acqua. Il primo passo nel suo impegno a sostegno dei migranti, con particolare attenzione verso i minorenni, è proprio la sua testimonianza.
"Je suis le capitaine": la frase di Fofana Amara che dà il titolo al film

Le storie raccolte da Matteo Garrone, però, sono ancora tante: c'è per esempio quella di Fofana Amara, 15 anni al suo arrivo in Italia, ora 26enne residente in Belgio. Poco prima di imbarcarsi, Fofana viene costretto da un uomo armato a guidare un natante, con 250 persone a bordo. Lui che non sa nemmeno nuotare.
Quando, dopo ore, l'imbarcazione viene intercettata dalla Marina Militare Italiana, a bordo esplode la gioia. "Capii che ce l'avevo fatta, io, che non sapevo neanche nuotare, ero riuscito a portare in Italia tutti sani e salvi e non potendo contenere la gioia, gridai 'Je suis le capitaine!'. Tutte le persone a bordo con me applaudivano, urlavano 'Bravo capitano!'. Più tardi vidi che la donna incinta, la prima a scendere, aveva in braccio un neonato e cominciai a piangere, avevo mantenuto tutte le mie promesse". Questo è il racconto che qualche anno fa Fofana ha fatto a Linkiesta, ma alla felicità dell'arrivo si sostituisce presto un sospetto.
Per un errore di comunicazione, infatti, i militari italiani credono che lui, 15 anni, guineano, sia uno scafista. Viene portato in carcere a Siracusa, tra detenuti rei di qualunque crimine, e trascorre lì mesi, quasi completamente abbandonato se non fosse per un altro carcerato che decide di prenderlo sotto la sua ala protettrice.
Quando finalmente le autorità carcerarie capiscono che Fofana è minorenne, lo liberano. Ed è per lui l'inizio di una nuova vita.
C'è poi la vicenda di Kouassi Pli Adama Mamadou, partito dalla Costa d'Avorio e arrivato in Italia mesi dopo, avendo attraversato i lager libici, i trafficanti e il naufragio del barcone a bordo del quale tentava, insieme ad altri migranti, di arrivare nel nostro Paese.