Affidare il ruolo di Vito Corleone ne Il padrino a Marlon Brando fu una vera e propria impresa sul piano produttivo, nonostante l'attore fosse la prima scelta del romanziere e cosceneggiatore Mario Puzo e del regista Francis Ford Coppola. A imporre il veto, nelle prime fasi, fu la Paramount, per due motivi: Brando non era più appetibile al box office da diversi anni, ed era noto per il suo caratteraccio sul set.
Pertanto, in attesa che lo studio cambiasse idea, furono considerati altri attori, tra cui Ernest Borgnine (che arrivò fino alla fine del processo di casting prima che la Paramount desse una chance a Brando) e Laurence Olivier, il cui agente rifiutò la proposta dicendo che il divo inglese era malato, anche se nello stesso anno recitò ne Gli insospettabili. La major finì per cedere alle pressioni di Puzo e Coppola, a patto che Brando accettasse di essere provinato per la sua parte ne Il padrino.
Il Padrino: 10 elementi di un capolavoro che non si può rifiutare
Questo richiese un piccolo inganno, con il regista che finse di voler testare l'attrezzatura mentre l'interprete di Vito Corleone entrava nel personaggio. La Paramount, dopo aver visto il filmato, diede il via libera, con due condizioni: Brando doveva accettare un compenso inferiore al solito, e promettere per iscritto di non causare ritardi sul set. L'attore trovò ragionevoli entrambi i cavilli, ma riuscì a ottenere una percentuale sugli incassi, portandosi a casa quasi due milioni di dollari.
Marlon Brando, una vita da cinema
Marlon Brando doveva anche tornare ne Il padrino - Parte seconda, per il flashback dove i figli di Vito sono pronti ad accoglierlo per la sua festa di compleanno, ma l'attore rifiutò di presentarsi sul set, costringendo Coppola a riscrivere la scena il giorno stesso per rimediare alla sua assenza. Da lì nacque la sua politica di non apparire nei sequel di film in cui aveva recitato, motivo per cui i produttori di Superman II dovettero modificare parte della trama quando lui negò il permesso di usare le scene che aveva già girato prima del licenziamento di Richard Donner.