Il nome della rosa, trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Umberto Eco, è uno dei film più acclamati degli anni '80. Diretto da Jean-Jacques Annaud, il lungometraggio ha incassato oltre 77 milioni di dollari a livello globale e ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui il César per il miglior film straniero e il BAFTA per miglior attore protagonista a Sean Connery. Nel cast doveva esserci anche un noto comico italiano che però rinunciò a vestire i panni di Salvatore.
Un cast straordinario e scelte decisive
Il successo del film è in gran parte attribuibile a un cast eccezionale. Sean Connery, nel ruolo del protagonista Guglielmo da Baskerville, offre una delle interpretazioni più memorabili della sua carriera. Questa parte, ha rappresentato una svolta per l'attore scozzese, rilanciandolo dopo la saga di James Bond. Sir Sean non era stata la prima scelta, il regista che aveva considerato altri attori tra cui Marlon Brando, Robert De Niro e Donald Sutherland.
Accanto a Connery, un giovane Christian Slater interpreta Adso da Melk, il novizio che accompagna Guglielmo nelle sue indagini. La sua performance intensa e convincente ha conquistato il pubblico, segnando l'inizio di una carriera promettente. Ron Perlman, nel ruolo del deforme e inquietante monaco Salvatore, ha trasformato il personaggio in una figura indimenticabile. Il cast è completato da attori di calibro internazionale: come Michael Lonsdale nel ruolo dell'Abate; F. Murray Abraham come il temibile Bernardo Gui; e Valentina Vargas, la "ragazza senza nome" che incarna l'amore e il desiderio del giovane Adso.
Franco Franchi: il comico che rinunciò a Il nome della rosa
Una delle curiosità più intriganti legate alla pellicola riguarda Franco Franchi, celebre attore comico italiano e metà del duo "Franco e Ciccio". Non tutti sanno che il regista Jean-Jacques Annaud aveva pensato proprio a lui per il ruolo del monaco Salvatore, un personaggio molto complesso e inquietante.
Franco Franchi, tuttavia, rifiutò l'offerta per due ragioni principali. Da un lato, non era disposto a rasarsi i capelli, un requisito richiesto dalla produzione per esigenze sceniche. Dall'altro, temeva che il pubblico, abituato alla sua immagine comica, potesse non accettarlo in un ruolo così drammatico e oscuro. Questo timore rappresenta un interessante contrasto con la carriera del suo partner artistico, Ciccio Ingrassia, che, diversamente da Franchi, si cimentò anche in ruoli più seri, come quello nel film di Federico Fellini, Amarcord.
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Un romanzo complesso adattato per il grande schermo
Pubblicato nel 1980, l'opera narrativa di Umberto Eco è un capolavoro che intreccia il mistero legato a una serie di omicidi in un'abbazia benedettina del XIV secolo con profonde riflessioni sul potere del sapere, la libertà di pensiero e i conflitti con l'ortodossia religiosa. Jean-Jacques Annaud, nel portarlo sul grande schermo, ha operato alcune semplificazioni necessarie per il linguaggio cinematografico, senza però tradire l'essenza dell'opera originale.