Terzo step della lunga rassegna delle personali top 20 targate 2014 dei redattori del nostro webmagazine, in attesa della presentazione, in concomitanza con annuncio dei vincitori dei Movieplayer.it Awards, della top 20 dello staff. Ecco a voi la selezione di Francesca Fiorentino.
Leggi anche [I migliori film del 2014 - la top 20 della redazione di Movieplayer.it](https://movieplayer.it/articoli/i-migliori-film-del-2014-la-top-20-della-redazione-di-movieplayerit_1403
1) Boyhood
2) L'amore bugiardo - Gone Girl
4) Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà
6) Nebraska
7) Lo Sciacallo - Nightcrawler
8) Belluscone. Una storia siciliana
9) Anime nere
12) Lei
14) Locke
15) Frank
17) Father and Son
20) Ida
"La sensazione provata al termine della visione di Boyhood è ancora molto forte, la descriveremmo quasi come una messa a nudo. Il film di Richard Linklater ci ha lasciati a bocca aperta con la sua micro storia che si fa sempre più grande. Un bambino cresce e diventa un giovane uomo, ride, si arrabbia, litiga col mondo, guarda con dolcezza ai propri genitori, li prende in giro, se ne allontana, si innamora. Sembra la vita vera e anche se sappiamo bene che non è così, visto che il lavoro di organizzazione e architettura del progetto ha portato via tempo e riflessioni, per quelle tre ore di visione crediamo a ciò che vediamo.
Detto questo, alle spalle di Boyhood per me non esiste una graduatoria vera e propria, ognuno dei 19 film mi ha colpita in maniera specifica ed è stato posizionato in classifica solo per una questione di opportunità. E capirete subito perché dall'elenco delle pellicole. L'amore bugiardo - Gone Girl è un film magnifico che ribadisce la grandezza di David Fincher come affabulatore, come regista, cioè, in grado di indirizzare il nostro guardo nel punto voluto. Prendere o lasciare, ma il gioco vale sempre la candela. Con Si alza il vento il maestro Miyazaki ci ha donato una storia struggente (spesso e volentieri mal interpretata) che è un inno alla grande forza creatrice dell'artista. E se si parla di potere della storia, del racconto, Grand Budapest Hotel di Wes Anderson è quasi necessario, con tutta la sua leggerezza.
Questo per noi è stato anche l'anno del mostruoso Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, con un famelico protagonista che crea un bisogno, vendendo penne a chi non sa scrivere e dello sciacallo dello sconvolgente Lo sciacallo- Nightcrawler che sulle strade di Los Angeles mette in scena la morte per arricchirsi e diventare qualcuno; del musicista vagabondo di A proposito di Davis e del coraggioso Jimmy's Hall; dello scrittore in crisi di Lei e del vecchietto di Nebraska, pervicace e ostinato nel suo desiderio di vincere, un padre che ad un certo punto della vita diventa quasi un figlio da accudire. Anche se in fondo il concetto di paternità è molto più elastico di quanto si possa pensare e basta vedere il bellissimo Father and Son, una pellicola che è entrata nel nostro cuore piano piano, senza abbandonarci più. Come difficilmente dimenticheremo le due protagoniste femminili di Ida di Pawel Pawlikowski e di Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne, e la funerea ironia di Maps to the stars di David Cronenberg. Locke e Frank ci dimostrano quanto sia possibile fare dei grandi film con poco. Un'ambientazione claustrofobica o una mascherona di cartapesta possono essere l'accesso per mondi infiniti.
L'Italia è rappresentata da quattro bellissimi film ognuno con un'identità ben precisa. La folgorazione per Belluscone è arrivata con un po' di ritardo, ma grazie ad un recupero spericolato abbiamo avuto modo di vedere il (non) film definitivo sull'Italia e su Berlusconi, sulla Sicilia e la società dello spettacolo, un carrozzone di mostri che quasi non sembrano più immagine deformata, ma sono essi stessi la "normalità". Un'opera essenziale, diremmo epocale, su un'era infinita della nostra storia. Anime nere avrebbe meritato miglior sorte all'ultimo Festival di Venezia, ma aver visto la luce, per quest'opera originale, nera come la pece, è già una grande realizzazione. Lo struggente Il giovane favoloso di Mario Martone condensa in quasi tre ore una storia umana emozionante, in cui la poesia è specchio fedele di un animo tormentato ma traboccante di ricchezza.
Oggi non riusciamo a pensare a Il capitale umano di Paolo Virzì con lo stesso trasporto che abbiamo provato alla sua uscita, ma l'opera del regista toscano è un altro tassello pregevole della sua carriera, una pellicola che ha il merito di raccontarci le derive inumane di una nazione sbrindellata dalle fondamenta puntando l'indice contro i veri colpevoli, quei padri amorali che tengono in piedi case senza fondamenta".