La cavalcata prosegue: pochi giorni ancora e poi concluderemo il nostro bilancio cinematografico sull'anno appena conclusosi con la pubblicazione della Top 20 definitiva della nostra redazione; nel frattempo, condividiamo le preferenze della caporedattrice della testata, Alessia Starace, che ci racconta anche uno scampolo del suo 2014 cinematografico.
Leggi anche [I migliori film del 2014 - la top 20 della redazione di Movieplayer.it](https://movieplayer.it/articoli/i-migliori-film-del-2014-la-top-20-della-redazione-di-movieplayerit_1403
- Boyhood
- L'amore bugiardo - Gone Girl
- The Wolf of Wall Street
- Solo gli amanti sopravvivono
- Mommy
- Sils Maria
- A proposito di Davis
- Il Regno d'Inverno - Winter Sleep
- Due giorni, una notte
- 12 anni schiavo
- Nebraska
- Locke
- Lo Sciacallo - Nightcrawler
- All Is Lost - Tutto è perduto
- Guardiani della Galassia
- Father and Son
- Class Enemy
- The Lego Movie
- Grand Budapest Hotel
- Il capitale umano
"La top 20 è fatta, libera nell'etere, esposta al giudizio e al dileggio (o all'indifferenza) del mondo. Lo sforzo che richiede compilarla, la sofferenza di eslcudere tanti film apprezzati, il piacere e l'orgoglio che ci dà vedere quella lista di titoli che hanno reso prezioso un lungo anno di visioni cinematografiche sono sempre gli stessi anno dopo anno. Non avrebbe senso elencare le ragioni che mi hanno fatto amare ciascuno di questi venti titoli; in qualche caso, le troverete gli articoli firmati dalla sottoscritta su queste stesse pagine; in molto casi, sono le stesse che potrete leggere nelle liste e nei commenti di tanti colleghi. E in qualche caso più particolare, è principalmente la gioia incontenibile di stringere la mano di tuo figlio, a quattro anni già habitué delle sale cinematografiche, che s'incupisce e poi s'illumina quando capisce che Groot tornerà, gongola nel vedere il suo eroe ballare, si alza in piedi e si scatena anche lui con gli altri bambini in sala.
Resta il fatto che, senza nulla togliere agli altri magnifici titoli di questa selezione, quest'anno sarà nella memoria di chi scrive l'anno "polare" di Boyhood e Gone Girl, due film diversi su un numero infinito di livelli. Indipendente e autoriale l'uno, film di genere e Hollywood mainstream l'altro; antiretorico, asciutto, rigoroso l'uno, eccessivo, violento e sbilanciato l'altro.
Uno cattura la poesia e la malinconia dell'esistenza, cercandone l'autenticità nell'esperienza di un ragazzo, l'altro racconta l'immagine falsa e inaffidabile che costruiamo per gli altri, le bugie che ci avvicinano e quelle che ci distruggono.
Guardando per la prima volta il film di Linklater, c'era la sensazione crescente, tangibile, di stare assistendo al materializzarsi della storia del cinema; ma nella sua radicalità e nel suo splendore, Boyhood non ha risparmiato alla vostra cronista qualche boccone amaro e qualche nota dissonante. Prendiamo una delle figure cardine dell'esperienza giovanile di Mason: quella della mamma, Olivia interpretata da una magnifica Patricia Arquette. C'è una scena del film che è arrivata come un pugno stomaco alla sottoscritta: impegnato con i festeggiamenti per il diploma, Mason (Ellar Coltrane) riflette sul passato con suo padre, da tempo separato dalla madre; l'uomo, che ha il volto di Ethan Hawke, gli dice, in sostanza, hai visto che alla fine sono cresciuto, ho messo la testa a posto, ho una nuova moglie e anche un altro figlio, se solo tua madre avesse avuto un po' di pazienza con me... "Mi sarei risparmiato qualche patrigno ubriacone e violento", completa il pensiero il ragazzo.
Una persona piena di risorse, indomabile, che, sola con due figli piccoli, non solo riprende a studiare ma diventa addirittura docente universitario; una madre che non smette di essere aperta e attenta agli altri, a tutti gli altri, non solo ai suoi figli, pur nella determinazione di soddisfare le proprie ambizioni; una donna che non accetta un compagno irresponsabile, immaturo e incapace di stare al suo passo, alla fine dei giochi è solo una donna che ha fatto scelte poco oculate in ambito sentimentale, esponendo i suoi ragazzi alla presenza di (altri) uomini irresponsabili? Linklater la "redime", almeno in parte, con la scena dell'incontro con l'ex lavoratore edile che lei ha spronato a studiare tanti anni prima, e che sente di doverle molto per la carriera che è riuscito a fare grazie al suo incoraggiamento.
Ma l'ultimo momento che Olivia condivide con suo figlio, prima della partenza di Mason per il college, è un altro colpo basso. Non le importa più quante vite ha toccato, cambiato, migliorato, non le importa più il fatto di essere stata fonte di amore e sostegno inesauribile per i suoi figli, non conta più nulla il successo professionale o le prospettive per il futuro, per tanti altri anni intellettualmente produttivi: archiviato il ruolo attivo di madre, i suoi traguardi sono inezie, la sua vita è finita. "Il prossimo passo è il mio funerale".
E' questo quello che siamo nella mente dei nostri figli, destinate a sbagliare, condannate a creare loro traumi nonostante i grandi sforzi e le migliori intenzioni, e poi a sfiorire nei rimpianti e nell'insoddisfazione?
Miracoli del cinema, il rimedio a questa amarezza ce lo forniscono Gillian Flynn e David Fincher regalandoci Amazing Amy, il demone brillante, elegantissimo e spietato che possiede Gone Girl ed è un'evoluzione cinematografica formidabile del personaggio creato dalla Flynn nel suo bestseller del 2012. Astuta, colta, manipolatrice, glaciale, Mrs. Amy Elliott Dunne è costata al film di Fincher più di un'accusa di misoginia, nonostante il fatto che milioni di film realizzati fino ad oggi non siano mai stati tacciati di "misandria" perché il loro protagonista, antagonista, antieroe o cattivone di turno aveva un corredo genetico marcato XY.
Quello dell'high functioning sociopath non è un ruolo che si attaglia alle soavi figlie di Eva. Ci dà fastidio pensare che anche una donna possa essere amorale, egocentrica, capace di tutto per ottenere quello che vuole. Ma ci toccherà ingoiare il rospo, perché è la pura verità.
Amy è l'erede di tante letali bionde del grande schermo, ma è anche una rivoluzione in questa triste era in cui Hollywood cerca di rimettere le donne "al loro posto", compagne devote, madri martiri, o anche irresistibili cool girl da commedia romantica, tutte diligentemente in secondo piano rispetto alle loro controparti maschili. Con il suo immenso carisma, la sua disciplina e la sua padronanza di sé Amy giganteggia in un film che, ricco com'è di figure femminili intelligenti e indipendenti (Go, la detective Boney) non potrebbe essere meno misogino, un film che ci elettrizza mostrando alle giovani donne tutte le potenzialità del loro essere. Sì, anche quelle malvagie.
Le donne non sono sante o puttane. Non sono un'appendice degli uomini né una loro proprietà. Sono persone, in quanto tali covano, esprimono, esercitano il male, e in quanto tali devono essere rappresentate.
Amy e il suo diabolico trionfo sono l'antidoto alla mamma di Mason per la spettatrice. O, almeno, per questa spettatrice.
C'è molto altro, in questi personaggi, in questi film, in questa lista; c'è stato molto altro in questo 2014 cinematografico, e a ripensarci gira la testa. Ma questi due film da soli raccontano molto del tempo che stiamo vivendo e del divenire umano sempre uguale e sempre diverso, e lo raccontano con una maestria della quale siamo fieri di aver potuto essere testimoni."
(Alessia Starace)