Il Tribunale di Napoli ha negato il sequestro del film Fortuna, chiesto dal padre della bambina, il quale è stato anche condannato a pagare 20mila di spese legali ed ha definito "assurdo" l'esito del processo.
Fortuna, opera prima di Nicolangelo Gelormini, è arrivato nelle sale questa settimana, raccogliendo numerosi consensi da parte della critica per il modo in cui il regista ha raccontato la terribile vicenda di Fortuna Loffredo, la bambina morta a Caivano nel 2014, dopo essersi ribellata all'abuso sessuale di un uomo, Raimondo Caputo, successivamente condannato all'ergastolo. C'è poi chi si è opposto sin da subito all'uscita del film, come nel caso di Pietro Loffredo, il padre della piccola Fortuna che ha chiesto il sequestro dell'opera, ricevendo però il diniego dal Tribunale di Napoli. Secondo il giudice, infatti, Fortuna rappresenta un'opera di fantasia, la quale "non lede il diritto alla privacy, né incide sulla psiche dei fratelli sopravvissuti".
Una sentenza che il padre di Fortuna ha definito "assurda", mentre il suo legale, l'avvocato Angelo Pisani, ha parlato di un "provvedimento ingiusto e doloroso", annunciando che la battaglia legale andrà comunque avanti. "Impugneremo la sentenza in ogni sede per avere giustizia e non violazioni dei diritti", ha detto il legale, aggiungendo: "Ricorreremo oltre il Tribunale di Napoli che, dopo aver dichiarato che nel nostro ordinamento non esiste una tutela al diritto alla sofferenza, al dolore e ai valori personali, ha addirittura condannato un genitore che tenta di difendere la memoria della figlia da manipolazioni ed affari cinematografici".
Fortuna, il film non sarà sequestrato: il tribunale ne riconosce il valore artistico
La condanna a cui fa riferimento Pisani è quella per cui Pietro Loffredo dovrà pagare 20mila euro di spese legali. L'avvocato ha continuato col dire: "Risulta impensabile stabilire che l'arte, in qualsiasi forma, possa avere libertà di violare ogni diritto e di giocare e manipolare come si fa con la plastilina, a proprio uso e consumo, vite e dolori di persone in lutto, per interessi economici". Il giudice, dal canto suo, ha già risposto a queste accuse, dichiarando che "l'opera artistica, benché ispirata alla triste vicenda di Fortuna Loffredo, deve ritenersi priva di intento speculativo di sfruttamento dell'immagine o del trattamento dei dati personali e incarna piuttosto la volontà dell'autore di sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema delicato dell'infanzia violata".