La storia di Willy Wonka e della straordinaria fabbrica di cioccolato affonda le sue radici nella realtà. Siamo negli anni '20 e il giovane Roald Dahl è uno studente della prestigiosa Repton School, in Inghilterra. Di tanto in tanto, ai collegiali vengono inviati dei dolci omaggio dall'azienda Cadbury, con una richiesta di valutazione da parte degli studenti. I prodotti con i voti migliori vengono poi messi in commercio. Al tempo c'era anche una forte rivalità tra Cadbury e Rowntree, tanto da sfociare in un vero e proprio spionaggio industriale con tattiche d'infiltrazione e furti di brevetto. Questo costrinse le aziende a una riserbo estremo, spingendo l'immaginario collettivo e quello di Dahl a fantasticare sugli strambi metodi di produzione dei loro dolci.
Tutto nasce da un primo accenno di capitalismo di massa e d'industrializzazione multinazionale unito alla fervida immaginazione di un brillante adolescente. Willy Wonka è figlio di critica sociale e curiosità, la sua fabbrica di cioccolato un mondo incantato da esplorare, che adorna e abbellisce in verità l'architettura più asettica e appunto industriale delle fabbriche reali. E sul personaggio e il suo mirabolante e zuccheroso universo, il cinema ha confezionato negli ultimi cinquant'anni di storia tre adattamenti cult che a modo loro, diversamente, hanno provato a riflettere sull'etica del lavoro, la fantasia, il messaggio e il divertimento insiti nella grande opera di Dahl.
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (1971)
Non passano nemmeno dieci anni dall'uscita del racconto originale, che la figlia del regista Mel Stuart, conquistata dalla storia della Fabbrica di cioccolato, suggerisce al padre di girarci un film. Casualmente, in quel periodo il produttore David Wolper era in contattato con una nota azienda dolciaria per trovare un buon veicolo commerciale per sponsorizzare una nuova barretta di cioccolato. I pianeti si allineano e inizialmente è lo stesso Dahl ad essere chiamato a firmare la sceneggiatura del progetto, che però viene considerato fin troppo infantile e poco cinematografico. È David Seltzer a modificarlo del tutto, aggiungendo elementi inediti come il personaggio di Slugworth (appena citato nel romanzo) e dando un piglio intellettuale e culturale differente al protagonista interpretato dal mitico Gene Wilder (recuperate il nostro articolo sul confronto tra i tre Wonka), con richiami a Shakespeare ed Oscar Wilde.
Charlie passa in secondo piano rispetto a Wonka - per questioni di sponsorizzazione - e nonostante resti in tutto e per tutto un musical per bambini, la scrittura di Seltzer (attratto dall'orrore) spiana la strada ad elementi cinematografici respingenti e a tratti persino un po' inquietanti. Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è una trasposizione che re-inventa in qualche modo alcuni particolari fondamentali della storia, tra i primi esempi di modifiche culturali correlate alle sensibilità dell'epoca, che hanno spinto Wolper a cambiare gli Oompa Loompa da pigmei africani a strani esserini da capelli verdi e dalla pelle arancione per evitare pesanti critiche su eventuali elementi razzisti e pro-schiavismo.
Anche Wilder fa suo il personaggio, modificandone l'abito personalmente quasi fosse un interprete di Doctor Who (tra l'altro, non avesse dovuto declinare per i suoi impegni produttivi, Jon Pertwee, mitico terzo dottore della serie BBC, sarebbe oggi ricordato come il primo Wonka del cinema). Il risultato è un adattamento musicale dove Wonka è il vero protagonista del racconto, non Charlie. L'anima della storia è rispettata solo in parte, tanto che lo stesso Dahl arrivò a disconoscere il suo lavoro sul film e a prenderne le distanze. Al netto della mossa commerciale dietro l'esistenza stessa del prodotto e alle differenti sensibilità seltzeriane, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è una favola "cantata" dove la riflessione sui vizi dei molti e le virtù dei pochi traspare chiaramente, rispettando di fatto lo spirito critico e morale dell'opera originale. La trasposizione di Stuart ha però soppiantato il romanzo, entrando con molta più prepotenza nella cultura popolare di massa, anche se non nell'immediato ma a ridosso degli anni '80 e grazie al passaggio televisivo.
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: perché il cult con Gene Wilder è da guardare ancora oggi
La fabbrica di cioccolato (2005)
La riscoperta decisiva del film di Stuart a metà degli anni '80 estese in modo significativo la vita cinematografica del primo adattamento del romanzo di Dahl, coprendo a lungo tempo il fabbisogno traspositivo dell'opera. Quando Warner Bros. acquistò poi i diritti di sfruttamento del racconto, per la regia del nuovo adattamento vennero considerati nomi quali Gary Ross, Rob Minkoff e persino Martin Scorsese. Alla fine venne ingaggiato Tim Burton, che stravolse il progetto per come inizialmente concepito, reputando inadatta la lettura di Willy Wonka come una sorta di figura paterna per Charlie Buckett. Voleva che il film rimanesse fedele all'anima della storia senza ribaltare o riscrivere i ruoli dei protagonisti della stessa, girandola però con il suo classico tocco gotico-fiabesco strambo e immaginifico. Di fatto La fabbrica di cioccolato di Tim Burton è la trasposizione più fedele - a partire dal titolo - e autoriale del romanzo di Roald Dahl, prendendosi comunque le proprie libertà stilistiche e creative e dando ad esempio al Wonka interpretato da Johnny Depp una backstory dedicata ai motivi dietro la sua grande passione per il cioccolato.
Rispetto al film del 1971, questo di Burton perde le caratteristiche musical in quanto le canzoni non sono parte integrante del racconto, assumendo in contesto anche un'aria più adulta senza però dimenticare la lezione di Seltzer sugli elementi bizzarri e inquietanti della narrazione. È un titolo a' la Burton a 360 gradi ma è anche un'ottima trasposizione dell'opera originale, divisivo soprattutto per il confronto obbligato con il film di Mel Stuart e per la differenze sostanziali tra le diverse interpretazioni di Wonka di Gene Wilder e Johnny Depp: il primo più doctorwhoesco, il secondo molto più tragico e respingente, anche nell'aspetto.
Wonka (2023)
Dei tre adattamenti cinematografici di Charlie e la fabbrica di cioccolato, il Wonka di Paul King è il solo a re-immaginare totalmente il racconto di Dahl, pensandolo come un prequel della storia imprenditoriale dell'estroverso Willy Wonka. Il regista di Paddington sfrutta il suo cinema colorato e virtuoso per imbastire uno spettacolo musicale votato alla scoperta del fondatore della fabbrica, alla sua formazione e al primo e vero contatto con una società capitalistica pura. A parte l'animo scanzonato e bambinesco, questa di Wonka è un'operazione d'ampliamento tout court dell'universo narrativo di Dahl, totalmente diversa dai film del 1971 e del 2005, appena ispirata dal romanzo originale e invece summa di citazioni e ispirazioni precedenti. È anche il titolo dove il musical è più dominante, dove in effetti le canzoni hanno specifico ruolo narrativo e il genere di riferimento è immediato e subito evidente, sin dall'incipit.
Ha un'idea cinematografica vincente, colorata, inventiva ed emozionante, con un Timothée Chalamet nei panni di un giovane Wonka ancora alle prime armi ma deciso a scombussolare lo status quo cioccolato-capitalista della Galleria Gourmet, mostrando alla gente il potere rivoluzionario di una passione incrollabile e di un sogno destinato ad avverarsi. Manca di fedeltà in senso fisiologico, essendo ambientato prima dell'apertura della Fabbrica di Wonka, ma in termini di scelte autoriali riconoscibili, di spirito fiabesco e di critica sociale, il film di King è un prequel delizioso e brillante.