Potete ancora trovarla nelle sale di tutto il mondo, formidabile, splendida, umana e divina: la creatura cinematografica che ha dato nuovo lustro al corso dei cinecomics e alla storia della rappresentazione dei personaggi femminili nel cinema mainstream. L'eroina che, con record di incassi, recensioni estatiche, una bella "A" su Cinemascore e un pubblico per il 52% femminile al primo weekend di programmazione in USA tiene testa con regale indifferenza agli attacchi di chi cerca disperatamente di ridimensionarla, non solo imputando al film "problemi" che non lamenterebbero se si trattasse del solito cinecomic, quello coi protagonisti maschi, ma magari anche sostenendo che si possa essere femministe solo in pantaloni o che un'eroina stimolante e ribelle non possa essere anche un'idealista che crede nell'amore e nella possibilità di migliorare l'umanità. Au contraire, bitches.
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Wonder Woman è l'ambasciatrice di una rappresentazione femminile in continua evoluzione
Wonder Woman è la definitiva eroina action dei nostri tempi: è l'assertività, l'istinto, la sensualità femminile libera da indottrinamenti e condizionamenti sociali; è la via per il superamento degli stereotipi, non solo "donna forte" ma prima di tutto donna, impavida e indipendente ma anche attenta agli altri, sensibile, romantica; perché ad aver bisogno di liberarsi dagli stereotipi non sono solo le donne, e un personaggio come la Diana Prince di Patty Jenkins e Gal Gadot può dimostrare agli uomini che essere sensibili e credere nell'amore non è una debolezza da "femminuccia" ma è un fottuto superpotere.
Una dono preziosissimo questo film, e una svolta che può significare molto per la rappresentazione femminile nei media, accompagnato com'è da altri segnali incoraggianti, come la centralità di Rey nella nuova trilogia di Star Wars o il "riscatto" di Lara Croft nel nuovo corso videoludico e cinematografico di Tomb Raider.
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E così, con il cuore pieno di Diana (non Wonder Woman, perché Wonder Woman è una sola, mentre tutte possiamo essere Diana), ripensiamo a chi l'ha preceduta, perché il cinema mainstream non è sempre stato tristemente privo di ruoli action degni di nota per le donne. Ognuna di loro - grazie al coraggio e alla lungimiranza dei loro creatori, al carisma e al talento delle loro interpreti - ha preparato il campo per questo trionfo; ricordandole tutte, oggi voltiamo pagina una volta per tutte, per proiettarci verso un futuro in cui uomini e donne si divideranno più equamente (oltre a tante altre cose) la luce dei riflettori e i mondi da salvare.
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Ellen Ripley (Alien, 1979, Aliens - Scontro finale, 1986)
È stata la prima e resta una delle più grandi: la final girl dell'horror seminale di Ridley Scott che nell'arco della bella sceneggiatura di Dan O'Bannon si trasformava da interesse sentimentale del comandante della Nostromo in eroina intelligente, irriducibile e trionfante; con il sequel Aliens, scritto e diretto da James Cameron, che andò ad esaltare ancora di più le sue caratteristiche di donna astuta e battagliera e leader navigata.
Ripley ha reso leggendaria la sua interprete Sigourney Weaver, è tutt'ora identificata in tutto e per tutto con la saga di Alien che pure ha visto sortire recenti e poco convincenti epigoni, e ha dimostrato per la prima volta che una donna al cinema può fare credibilmente poltiglia di ferocissimi xenomorfi senza essere seconda a nessuno.
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Sarah Connor (Terminator, 1984, Terminator 2 - il giorno del giudizio, 1991)
Un'altra eroina che mostra una crescita esaltante nei film che la raccontano, Sarah Connor è una damsel in distress all'inizio di Terminator, e un po' come la nostra Diana scopre se stessa e le proprie incredibili risorse attraverso l'amore. In T2 è irriconoscibile, fisicata e spigolosa, a testimonianza della dedizione di Linda Hamilton al suo ruolo iconico. Sarah è madre, nutrice, guerriera, custode del nostro (paritario) futuro.
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Xena (Xena principessa guerriera, 1995-2001)
La figura femminile in televisione ha sempre avuto vita più facile che al cinema: la sua rappresentazione è stata sempre più equilibrata, variegata, meno soffocata in ruoli secondari o marginali di moglie sofferente o fidanzatina ornamentale.
Ma Xena principessa guerriera fu un altro paio di maniche. Uno show anticonvenzionale, un fantasy girato in Nuova Zelanda per una protagonista giunonica e cripto-lesbica, si conquistò subito un seguito di culto che ad oggi ancora non si è esaurito.
Anzi, oggi più che mai celebriamo i muscoli, la sfacciataggine e l'importanza di Xena per la comunità LGBT.
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Buffy Summers (Buffy - L'ammazzavampiri 1997-2003)
Come nascere dallo stereotipo per demolirlo (e poi morire, e poi rinascere - due volte). Buffy Summers, bionda, graziosa e petite, è praticamente una vittima designata nell'ambito del genere horror, ma Joss Whedon la trasforma un una scoperta e ironica critica al cliché. Dalle ceneri dell'ovvio e dell'avvilente, emerge una delle più longeve eroine action della storia della TV, accanto alla quale abbiamo vissuto un avvincente racconto di formazione che ci ha permesso di crescere con Buffy, con Sarah Michelle Gellar, e naturalmente con Joss Whedon, fino a prendere congedo con un finale magnifico e strabordante di femminismo.
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Trinity (Matrix, 1999, Matrix Reloaded, 2003, Matrix Revolutions, 2003)
Trinity è una delle poche nerd di sesso femminile della storia del cinema, una hacker leggendaria per cui la Matrice non ha alcun segreto, ma è anche la divina trinità: non stupisce, quindi, che anche quando combatte, con o senza armi da fuoco, non prenda prigionieri. I fratelli Wachowski, anni dopo la loro cyber-trilogia, sono diventati sorelle: e furono proprio la sensibilità e fluidità di genere a permettere loro di liberare la loro protagonista femminile dal giogo del male gaze e di creare un personaggio che nessuno può trattare come un mero accessorio sentimentale per Neo.
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Max Guevara (Dark Angel, 2000-2002)
Un'altra vera rivoluzionaria, l'angelo oscuro di James Cameron, la supersoldatessa geneticamente modificata Max Guevara, che rifiuta di usare armi da fuoco e riconquista il pieno possesso del proprio corpo e la propria mente per perseguire i suoi (eroici, e qualche volta anche erotici) scopi. È stata chiamata eroina postfemminista perché racchiude tratti considerati maschili e femminili e abbraccia la propria sessualità, come se il femminismo fosse per principio sessuofobo; in realtà il femminismo ha come autentico scopo quello di mettere la donna in condizione di autodeterminarsi, quindi Max lo incarna nella sua essenza.
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Sydney Bristow (Alias, 2001-2006)
Tra la spy story, il thriller e la sci-fi, Alias è stato uno degli show più travolgenti dei primi anni del nuovo millennio e la sua protagonista, interpretata da Jennifer Garner, e una gioia per gli occhi nei suoi infiniti travestimenti e nei suoi mutevoli umori, e un personaggio che esplora in un contesto sorprendente e caleidoscopico la vita di una donna che bilancia lavoro, vita sentimentale e famiglia.
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River Tam (Firefly 2002-2003, Serenity, 2005)
Fragile, traumatizzata, misteriosa, la piccola River Tam di Firefly vive una trasformazione incredibile nel corso dell'unica stagione dello show e nel film Serenity è un'eroina empatica, determinata e assolutamente inarrestabile. Il resto lo fa il carisma e l'energia di Summer Glau in un'interpretazione quasi esclusivamente fisica ma magnetica ed espressiva. River ci insegna che a volte, quando i nostri uomini credono di proteggerci, siamo noi in realtà a proteggere loro.
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Alice (Resident Evil saga, 2002 - 2016)
È una serie discontinua quella di Resident Evil, ma la potenza della sua protagonista Alice in guerra perenne con i morti viventi e con gli intrighi dell'insidiosa, potente e patriarcale Umbrella Corporation è indiscutibile. Sexy senza essere sessualizzata, Alice non è un'eroina da sottovalutare, perché una rappresentazione paritaria è da apprezzare anche nei film meno "prestigiosi", e Milla Jovovich ha avuto l'opportunità di interpretare mille sfumature di Alice, sempre più inesorabile e piena di risorse, facendone una vera icona ammazza-zombi.
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Beatrice Kiddo/La Sposa (Kill Bill: Volume 1, 2003 e Kill Bill: Volume 2, 2004)
Dopo l'esordio ad alto dosaggio di testosterone con Le iene, Quentin Tarantino ha offerto a una donna, Uma Thurman, un bellissimo ruolo nel suo capolavoro Pulp Fiction. Ma il regalo più bello per Uma e per tutte noi è stata la Sposa, prima attrice del film in due parti Kill Bill: protagonista assoluta; assassina, donna, giustiziera, madre. Un'eroina tenace e ingegnosa caratterizzata con complessità e intelligenza per una vendetta indimenticabile.
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Katniss Everdeen (The Hunger Games saga, 2012-2015)
La saga di Hunger Games ha avuto grande importanza nell'evoluzione di un fortunato filone commerciale, aprendo il campo ad avventure dedicate ai giovani e ai giovanissimi con protagoniste di sesso femminile. La giovane attrice premio Oscar Jennifer Lawrence ha centrato con l'ombrosa, intrepida e generosa Katniss Everdeen il suo primo ruolo iconico: ma Katniss non è solo una protagonista carismatica, perché ha il pregio di "normalizzare" la rappresentazione di una donna nelle vesti di leader e di liberarla dalla schiavitù della seduttività ad ogni costo.
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Natasha Romanoff/Vedova nera (Marvel Cinematic Universe)
Nonostante i vani sforzi di Joss Whedon di dedicarle un progetto in solitaria, la Vedova Nera di Scarlett Johansson è rimasta solo una degli degli Avengers (che compare anche in due dei film dedicati a Capitan America), ma non è un membro del team che passi inosservato: dove gli altri usano i muscoli lei usa l'ingegno, dove i compagni mettono mano ad armi sofisticate lei ricorre alla sua sensualità.
Ma attenzione, il suo non è un erotismo passivo ad uso dello sguardo dello spettatore maschio, ma un sex appeal consapevole, potente, autonomo.
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Michonne (The Walking Dead, 2014 - ...)
Anche se non sono mai mancati i personaggi femminili interessanti anche nelle prime stagioni di The Walking Dead, tutto è cambiato quando è apparsa sulla scena Michonne, interpretata dalla gagliarda Danai Gurira: silenziosa e letale, Michonne è un'eroina che fa quasi il percorso inverso rispetto a Carol, da combattente cinica e scostante gradualmente abbassa la katana e rivela un lato tenero. Un personaggio complesso, quindi, e una guerriera che non ha nulla da invidiare a ai migliori condottieri e generali della post-apocalisse zombie immaginata da Robert Kirkman.
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Arya Stark (Il trono di spade, 2011-...)
Come eroina letteraria, Arya Stark non era particolarmente rivoluzionaria; la bambina che rifiuta i corsetti e il matrimonio per la spada e l'indipendenza non è esattamente uno stereotipo, ma è un topos abbastanza convenzionale. Ma nel corso delle stagioni de Il trono di spade, la più giovane delle ragazze Stark, interpretata da quell'immenso talento che è Maisie Williams, ha attraversato e dominato una dimensione per lo più inesplorata sul piccolo schermo: è una ragazzina capace di sopravvivere a molti orrori, al punto di diventare una vera sanguinaria, un'assassina scaltra e feroce fino ad essere inquietante, scardinando efficacemente e definitivamente i cliché sull'innocenza e la compassione femminili.
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Imperator Furiosa (Mad Max: Fury Road, 2015)
La più indimenticabile e badass eroina action dai tempi di Ellen Ripley arriva nel 2015, quando il Festival di Cannes fu scenario dell'esaltazione della critica per un film action e fioccarono le recensioni e i commenti in cui la parola "femminismo" non era usata con ironia o disprezzo. Tormentata, misteriosa e feroce, la Furiosa di Charlize Theron impegna in un'impossibile inseguimento il repellente tiranno e strupratore Immortan Joe e si lancia in un indimenticabile duetto a base di cazzotti e trascorsi traumatici con il nuovo Mad Max interpretato da Tom Hardy. Max è l'eroe eponimo della saga di George Miller, Hardy un attore magnifico quanto Charlize, ma di fatto questo film, questo grande film, è soprattutto Furiosa. Vittoria!
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Jessica Jones (Jessica Jones, 2015 - ...)
Uno show che è molto importante per il modo del tutto unico ed estremamente consapevole e intelligente in cui affronta il tema dell'abuso sessuale non poteva che avere una protagonista femminile concepita e scritta magnificamente: come tante delle sue "colleghe" che abbiamo chiamato in causa in questo articolo, anche Jessica Jones non è solo una che mena ma è una creatura a trecentosessanta gradi, ritratta non solo nella sua vocazione altruistica di supereroina ma anche nei suoi aspetti meno ammirevoli. È burbera, scostante, egoista, e spesso dedita all'abuso di alcool. In lei riconosciamo, accanto alla super-forza, allo humour tagliente e alle tendenze vagamente autodistruttive, una femminilità diversa e autodeterminata.
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Leia Organa, Padmé Amidala, Rey, Jin Erso (Star Wars Universe)
Un piccolo drappello di eroine (non tutte esattamente action, ma già che c'eravamo...) per una saga come nessun'altra, i cui ultimi episodi, ricchi di personaggi femminili e finalmente decisi a non ignorare la metà del pubblico pagante (Star Wars: Il risveglio della forza e Rogue One: A Star Wars Story) passano anche il test di Bechdel. Erano più isolate e meno versate nell'uso delle armi rispetto alla promettente Rey e alla coraggiosa Jin Erso le protagoniste femminili delle due trilogie precedenti, Leia Organa e Padmé Amidala, ma erano pur sempre donne indipendenti, intelligenti e ricche di spirito.
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Gamora (Guardiani della Galassia, 2014 e Guardiani della Galassia Vol. 2, 2017)
Oltre a far passare ai due film di James Gunn il Bechdel test grazie alle sue discussioni con la bellicosa sorella Nebula, Gamora porta nel team dei Guardiani un elemento femminile indispendabile, oltre che un notevole contributo in fatto di abilità in battaglia. Dotata di grande senso pratico e di modi poco cerimoniosi, e interpretata dalla sexy e grintosa Zoe Saldana, nell'inevitabile romance con Peter Quill/ Starlord fa sembrare lui la "femminuccia".
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Vaiana/Moana (Oceania, 2016)
L'ultima delle eroine della Disney rappresenta il trionfale punto d'arrivo di un faticoso processo di superamento degli stereotipi sessisti: Vaiana, discendente di una lunga stirpe di condottieri (maschi, ma hey, non dobbiamo aspettare il cambiamento, dobbiamo essere il cambiamento) è l'indiscutibile, indomabile protagonista di una storia senza principi azzurri, nemmeno paventati; la storia di una ragazzina che si spinge oltre i limiti, affronta le proprie insicurezze, forgia il proprio destino e salva il suo popolo.
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Diana Prince/Wonder Woman (Wonder Woman, 2017)
E torniamo al nostro punto di partenza, la prima vera supereroina e donna a tutto tondo del grande schermo: una giovane guerriera che, come Vaiana, attraverso gli antichi racconti cerca la propria via nel mondo, per conoscere questo e sé stessa alle proprie condizioni, senza lasciare che nessuno le dica cosa fare, perché istruita, curiosa, volitiva, sensuale e libera dai condizionamenti sociali che fanno accettare alle ragazze una condizione di perenne subordinazione alle ambizioni e alle esigenze dei coetanei; quei condizionamenti che fanno sì che le bambine, a sei anni (ci sono diversi studi recenti al riguardo), inizino a convincersi di essere inferiori ai maschi fisicamente e intellettualmente.
Il cinema commerciale negli ultimi decenni ha contribuito a questa subordinazione, rendendosi schiavo dei favori di un pubblico giovane (o affetto da sindrome di Peter Pan) e munito di cromosoma Y e relegando le donne al ruolo di docili e piacenti babbee da salvare. Solo un film come questo, con una regista, per la prima volta, al timone di un progetto economincamente imponente, su una donna vibrante e autentica e libera, poteva cambiare la rotta.
Evviva Wonder Woman, evviva Diana Prince, una femmina che ama le armi da taglio e ama i bambini, che fa di testa sua e va a letto con chi le pare, uomini o donne. La rappresentazione paritaria è cruciale: non puoi essere altro che ciò che vedi, e noi vogliamo essere questo e anche molto altro.
Non vogliamo essere limitate per il nostro bene. Vogliamo navigare il mondo senza il complesso della vittima designata; scendere nella terra di nessuno e conquistare ciò che resta da conquistare. Non fermatevi, bambine.