Accolto, nel maggio 2023, dall'entusiasmo del pubblico del Festival di Cannes, Perfect Days ha segnato senz'altro uno dei più graditi ritorni sulla scena cinematografica: si tratta infatti del primo lungometraggio di finzione realizzato da Wim Wenders nell'arco di sei anni (il precedente era stato il poco fortunato Submergence, del 2017), ma anche e soprattutto del primo, autentico successo firmato dal regista tedesco dopo una serie di titoli un po' 'appannati' e che non avevano suscitato troppa attenzione al di là dei circuiti festivalieri. Perfect Days, ritratto della placida quotidianità di Hirayama, addetto alle pulizie nei bagni pubblici di Tokyo, si è rivelato al contrario uno di quei film in grado di raccogliere un consenso trasversale, e dal 4 gennaio è approdato finalmente pure nelle sale italiane, distribuito da Lucky Red.
Girato a Tokyo nell'arco di appena diciassette giorni e costruito interamente attorno all'interpretazione di Kōji Yakusho, a breve Perfect Days (qui la nostra recensione del film) potrebbe portare Wim Wenders a ricevere la sua prima nomination all'Oscar nella categoria per il miglior film internazionale, in qualità di rappresentante del Giappone (dopo le tre candidature per i documentari Buena Vista Social Club, Pina e Il sale della terra). Insomma, a settantotto anni d'età, il cineasta originario di Düsseldorf sembra nel pieno di una nuova giovinezza artistica in virtù di un'opera che, pur recuperando temi da sempre al centro della sua poetica, li rielabora secondo una formula peculiare e nell'ottica di un minimalismo innervato di serenità e di tenerezza. E l'uscita di Perfect Days ci offre l'occasione per ripercorrere l'itinerario di Wim Wenders attraverso una rassegna, in ordine cronologico, dei film più importanti della sua lunga carriera.
L'amico americano
Affermatosi negli anni Settanta come uno degli alfieri del movimento soprannominato Nuovo Cinema Tedesco, grazie a titoli quali Alice nelle città, Falso movimento e Nel corso del tempo, al Festival di Cannes 1977 Wim Wenders presenta L'amico americano, trasposizione del romanzo Il gioco di Ripley di Patricia Highsmith, scrittrice amatissima dal regista. In questo crepuscolare neo-noir il ruolo di Tom Ripley, genio criminale nato dalla penna della Highsmith, è affidato a un nume tutelare della New Hollywood quale Dennis Hopper, mentre l'attore tedesco Bruno Ganz interpreta Jonathan Zimmermann, un corniciaio affetto da una grave malattia che, a dispetto dei suoi principi morali, accetterà di farsi assoldare come sicario per conto di un gangster francese. Incursione tutto sommato rara di Wenders nel campo del thriller, L'amico americano resta uno dei titoli più atipici nonché più apprezzati della sua vasta filmografia.
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Lo stato delle cose
Il mestiere del cinema e gli imprevisti del set costituiscono il fulcro de Lo stato delle cose, pellicola girata da Wim Wenders in un intervallo della turbolenta lavorazione del noir Hammett per la Zoetrope di Francis Ford Coppola. Le difficoltà produttive incontrate da Wenders offrono infatti lo spunto per un racconto dal taglio meta-cinematografico in cui Patrick Bauchau veste i panni di Friedrich Munro, regista di un film di fantascienza le cui riprese in Portogallo sono bloccate a causa dell'assenza di fondi e della misteriosa scomparsa del produttore Gordon (Allen Garfield). Pellicola che intreccia le riflessioni esistenziali tipiche dei personaggi di Wenders a un subplot con toni da thriller (la partenza di Munro per Los Angeles, sulle tracce di Gordon), Lo stato delle cose si è aggiudicato il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia 1982, contribuendo pertanto alla consacrazione internazionale del regista.
Paris, Texas
A neppure due anni di distanza dal Leone d'Oro per Lo stato delle cose, al Festival di Cannes 1984 Wim Wenders avrebbe ottenuto anche la Palma d'Oro grazie al suo film successivo, divenuto un fondamentale cult-movie del cinema d'autore degli anni Ottanta: Paris, Texas, opera di ambientazione statunitense e frutto della collaborazione fra Wenders e il drammaturgo americano Sam Shepard. È Shepard, infatti, l'autore della sceneggiatura di questo dramma on the road in cui uno stralunato Harry Dean Stanton presta il volto a Travis Henderson, che dopo aver subito un malore nel deserto texano si ricongiunge al fratello Walt (Dean Stockwell) e alla sua famiglia. L'incontro all'interno del locale di un peep-show fra Travis e la sua giovane ex-moglie Jane, interpretata da Nastassja Kinski, sarebbe diventato una delle scene iconiche della filmografia di Wenders, che con Paris, Texas firma una sorta di anomalo western contemporaneo, considerato una delle vette della sua produzione.
Il cielo sopra Berlino
Gli anni Ottanta, decennio d'oro per la carriera di Wim Wenders, sono contrassegnati però da un'altra pietra miliare, vale a dire il film a cui il cineasta tedesco ha legato maggiormente il proprio nome. Ricompensato con il premio per la miglior regia al Festival di Cannes 1987, Il cielo sopra Berlino è una pellicola emblematica dell'esistenzialismo alla radice di gran parte della produzione di Wenders: alla dimensione narrativa sono anteposti infatti gli interrogativi filosofici dell'angelo Damiel (Bruno Ganz), che insieme al 'collega' Cassiel (Otto Sanders) attraversa la capitale tedesca, ascoltando pensieri e aspirazioni dei suoi abitanti. Le suggestioni poetiche de Il cielo sopra Berlino, catturate dalla fotografia in bianco e nero di Peter Przygodda, si fondono con le inquietudini e i desideri dell'angelo Damiel, che si innamorerà della trapezista Marion (Solveig Dommartin), al punto da mettere in discussione la propria natura. Wenders ripropone inoltre l'elemento metafilmico, affidato stavolta all'attore Peter Falk in una fittizia versione di se stesso in qualità di ex-angelo. Sulla figura di Cassiel sarà incentrato invece Così lontano così vicino, diretto da Wenders nel 1993 come un ideale sequel de Il cielo sopra Berlino.
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Perfect Days
Giungiamo così al recentissimo Perfect Days, che al Festival di Cannes 2023 è valso il premio come miglior attore a Kōji Yakusho, impeccabile nel ruolo di Hirayama. La cinepresa di Wenders si pone all'altezza dello sguardo del protagonista con un'aderenza carica di empatia: la routine del personaggio non è fonte di solitudine né di alienazione, ma ci consente di immergerci in un'esistenza contrassegnata da una limpida semplicità. Hirayama trae la propria ragion d'essere dalle letture, dalla fotografia, dalla precisione impiegata nel proprio lavoro, dalla musica ascoltata in formato rigorosamente analogico tramite la sua collezione di audiocassette: da Patti Smith a Lou Reed, da Van Morrison a Nina Simone, alla cui voce sulle note della mitica Feeling Good è affidata la lunga scena di chiusura, rischiarata dalle prime luci dell'alba di Tokyo.