La leggenda di Richard Matheson torna al cinema, dopo aver segnato in maniera indelebile il genere moderno di fantascienza ed horror ed essere stata già oggetto di due adattamenti cinematografici dalle alterne fortune, ma i tempi difficili che l'America sta affrontando oggi hanno determinato un cambiamento radicale nell'approccio alla storia da parte degli sceneggiatori. Accantonate le coraggiose scelte dell'autore e abbattuto il nichilismo che sottendeva tutta la vicenda, in questa versione aggiornata al nuovo millennio di Io sono leggenda, che rielabora la sceneggiatura del film 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra, si è preferito dar voce ad una speranza di matrice cattolica che potesse ribaltare le inquietanti previsioni apocalittiche sul rischio di estinzione della razza umana che la storia traccia. Protagonista assoluto di questo vero e proprio one man movie è Will Smith, ancora una volta alle prese con un ruolo difficile, quello dell'ultimo uomo sulla terra, unico sopravvissuto ad un virus incurabile che ha spazzato via l'intera umanità. L'eroe Smith si aggira nel deserto di quel che resta di New York, nella speranza di ritrovare tracce di vita umana che possano dar sollievo alla solitudine che lo sta annientando e di scoprire la cura che guarisca le creature mostruose che si annidano nell'oscurità.
Diretto da Francis Lawrence e sceneggiato da Mark Protosevich e Akiva Goldsman, Io sono leggenda arriva in Italia venerdì prossimo in 513 copie, dopo lo straordinario successo ottenuto oltreoceano, dove ha sbancato il box office con un incasso che ha totalizzato, fino a questo momento, oltre 230 milioni di dollari solo negli Stati Uniti. La conferenza stampa italiana per la presentazione del film è dominata, come si poteva immaginare, dall'istrionico Will Smith, entusiasta dei risultati fin qui ottenuti dalla pellicola, che accompagna con fragorose urla di esultanza l'ingresso in sala del regista Lawrence e dell'autore Goldsman. Puntuali, però, arrivano le domande da parte dei giornalisti sui cambiamenti poco felici apportati alla vicenda originale in fase di sceneggiatura.
Negli anni passati avevamo già avuto un paio di trasposizioni cinematografiche di Io sono leggenda. Cosa c'era di così essenziale in questa storia da meritare di essere raccontata ancora?
Will Smith: Ciò che trovo veramente speciale in questa storia è il concetto di paura che Matheson esprime in due differenti forme. Da una parte c'è la paura dell'essere umano di trovarsi completamente isolato: cosa faremmo noi in una situazione del genere? Dall'altra c'è una paura primordiale di qualcosa che si annida nell'oscurità ed è pronta a farci del male. Credo che Akiva Goldsman abbia fatto un lavoro incredibile in fase di sceneggiatura, perché ha elaborato al meglio queste idee, così come Lawrence è stato brillante nel renderle sullo schermo. Inoltre, penso che gli effetti speciali siano stati un'enorme aggiunta rispetto alle versioni precedenti del film. Trent'anni fa non si poteva certo filmare una New York deserta, svuotandone le strade, mentre oggi grazie al digitale si possono cancellare tutte le intrusioni, come le macchine che passavano di tanto in tanto, e nessuno si accorge di nulla.
Francis Lawrence: Quello che è sorprendente è che il romanzo, pur essendo stato scritto negli anni '50, ha delle idee molto moderne, come quella dell'isolamento, del vivere in un ambiente vuoto e cercare qualcosa a cui potersi aggrappare ogni giorno per andare avanti. Queste idee forti sono sopravvissute a varie generazioni e ci hanno spinto a raccontare ancora questa storia perché è qualcosa che ci tocca tutti da vicino.
Akiva Goldsman: Credo che l'idea alla base del romanzo sia un incubo abbastanza comune in vari periodi tra persone diverse. Matheson ha scritto una storia incredibile, ma ci sono voluti circa 15 anni perché prendesse forma al cinema. Noi volevamo esplorare il viaggio di una persona. Qui non c'è un cattivo, un fatto piuttosto insolito per film del genere, ma c'era lo spazio per un film basato su una sola persona e abbiamo lavorato su quello, cercando di creare una sorta di one man show silenzioso.
Perché avete preferito puntare su un finale diverso, aperto alla speranza, rispetto a quello nichilista del libro?
Akiva Goldsman: Nel realizzare questo film abbiamo tratto ispirazione sia dal libro di Matheson che dalla sua versione cinematografica, 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra. Il nostro film si può considerare un mix delle due opere: l'inizio è il romanzo, poi man mano che si va avanti vengono sviluppate le idee del film di Boris Sagal. Il libro è stato scritto in un periodo abbastanza negativo, mentre negli anni '70, quando cioè è stato girato il film, c'era una prospettiva più speranzosa. Oggi ci troviamo in un periodo oscuro, ma ci rifiutiamo di credere nell'eventualità che la razza umana possa estinguersi sul serio e perciò abbiamo preferito sposare un finale meno catastrofico.
Francis Lawrence: Si è trattata di una nostra scelta ben precisa. Ci interessava raccontare una storia che offrisse una speranza, perché per me, dentro di noi, prevalgono di gran lunga le luci rispetto ai lati oscuri.
Will Smith: In realtà, credo che l'idea di qualcosa che muore per poi rinascere non sia tanto una speranza, quanto una verità, perché prima o poi c'è sempre una rinascita, è questa la realtà.
Non credete che questo finale creazionista, in cui la scienza perde contro il disegno intelligente di Dio, sia un po' azzardato?
Francis Lawrence: Una delle cose che ci è piaciuta di più nel realizzare questo film è stata la ricerca su come gli esseri umani combattano per andare avanti. Nel film la speranza del protagonista sta nella scienza, mentre quella di Alice nella fede. Alla fine le due cose si fondono perché è giusto che sia così.
Will Smith: Abbiamo dedicato centinaia di ore a parlare delle idee alla base del film. Ci siamo accostati al rapporto tra scienza e fede che individua il fisico Fritjof Capra, il quale elabora il concetto secondo il quale la scienza sta da una parte, la religione dall'altra. Secondo Capra la verità è un cerchio, scienza e fede si rincorrono e finiscono sempre col sovrapporsi. I fisici subatomici e i mistici capiscono veramente il mondo solamente quando si incontrano e si confrontano.
Akiva Goldsman: Abbiamo fatto tante ricerche per il film e gli scienziati che abbiamo raccontato ci hanno detto che il motore all'interno dei virus è spesso un mistero e un virologo un giorno ci ha detto che là, nel centro, c'è Dio. E' molto affascinante questa idea di trovare Dio nella scienza.
A chi è venuta l'idea di usare una canzone di Bob Marley per spiegare l'idea che è possibile curare le persone attraverso l'amore?
Will Smith: Ero su internet una sera e scrivendo su Google il titolo del libro, Io sono leggenda, e come primo risultato è venuto fuori un link all'album Legend di Bob Marley, uno dei miei preferiti. L'ho riascoltato e non riuscivo a credere come i suoi testi fossero legati alle idee del nostro film. L'ho spedito quindi ad Akiva, il quale, dopo due giorni, mi ha mandato il discorso che recito nel film che riguarda Bob Marley e il suo approccio alla musica. E' stata sicuramente una delle cose migliori che abbia mai avuto l'opportunità di recitare.
Nel vostro film ci sono numerosi riferimenti ad altro cinema, per esempio a La notte dei morti viventi di George A. Romero, Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese e poi si intravede il logo di Batman.
Will Smith: Akiva e Francis hanno questo feticismo, amano mettere dei riferimenti nei loro film. Per esempio Francis pensava che il manichino nel video store fosse divertente perché stava nella sezione porno. Akiva ha avuto invece l'idea di questo bizzarro logo Batman vs Superman e l'ha inserito senza dire nulla a quelli della Warner Bros, anche perché è un loro ottimo amico.
Francis Lawrence: Ci sono cose molto divertenti nascoste in questo film, come le opere che il protagonista ha rubato dai musei di New York disseminandole per il suo mondo deserto. Quei bravi ragazzi tornava utile per il modo in cui il protagonista struttura i suoi esercizi e quindi ci siamo divertiti a citarlo. Per quel che riguarda Romero, penso che tante cose presenti nel suo cinema siano debitrici dell'opera di Matheson. Ne La notte dei morti viventi ci sono molte somiglianze con Io sono leggenda, come la scena in cui i morti cercano di entrare nelle case. Noi abbiamo voluto usare per queste creature malate che si nascondono nel buio un design che fosse basato sulla patologia che li ha colpiti.
Will Smith, cosa l'ha attratta di più del suo personaggio?
Will Smith: Mi sono sentito molto coinvolto dal progetto perché c'era questa idea molto interessante di concentrarsi su un personaggio solo pur nella confezione del blockbuster.
Da un po' di tempo la vediamo interpretare personaggi cupi. Che effetto le fa calarsi in questi ruoli quando lei in realtà è una persona così divertente e solare?
Will Smith: Credo che il mio spazio naturale emotivo sia pieno di energia. Mi piace scherzare, giocare, stare insieme alle altre persone. Questo però è solo in parte qualcosa che faccio per gli altri, perché c'è una buona dose di egoismo. Ho bisogno di sensazioni positive per andare avanti. Ho dovuto combattere molto per tenere alta l'energia al di fuori delle riprese. Quando un po' di anni fa ho interpretato un film difficile come Sei gradi di separazione, mi sono perduto negli aspetti più negativi della vicenda che interpretavo e questo ha avuto ripercussioni anche sulla mia vita privata, perché penso che sia stato un po' anche quel film ad aver determinato il mio primo divorzio. Sul set faccio di tutto per tenere alto il livello di energia e ho cercato di farlo anche su quello di Io sono leggenda.
Lei sta per girare un altro film con il nostro Gabriele Muccino dopo il successo de La ricerca della felicità. Cosa può dirci di questo nuovo progetto?
Will Smith: Gabriele è attualmente a Los Angeles per mettere a punto il prossimo film che faremo insieme, Seven Pounds. E' un regista che adoro, ci siamo divertiti tanto a fare La ricerca della felicità e vogliamo lasciare ancora il segno. Questa sera, intanto, me ne esco con il fratello Silvio perché ho voglia di visitare un po' Roma.
E' vero che produrrà il remake di Karate Kid?
Will Smith: Mio figlio è un grande fan della serie di Karate Kid, sono due anni che segue corsi di arti marziali e vorrebbe tanto che io facessi questo film. Attualmente sto cercando semplicemente di fare il buon padre e quindi di aiutare mio figlio a realizzare il suo sogno ed interpretare il nuovo Karate Kid. Vedremo cosa succederà. Intanto adesso è impegnato sul set di un film che ha come protagonisti Keanu Reeves e Jennifer Connelly.
Può darci una sua previsione sulle future elezioni presidenziali negli Stati Uniti?
Will Smith: L'America è in una posizione in cui si stanno per avere cambiamenti drastici e sono molto contento che le cose stiano finalmente mutando. Quando parlo con Barack Obama si sviluppa una grossa energia tra di noi. Non tutti negli Stati Uniti credono nella direzione che si è data al paese negli ultimi anni e quindi credo che sia arrivato il momento di qualcosa di nuovo.
Cosa pensate dello sciopero degli sceneggiatori che sta paralizzando Hollywood?
Akiva Goldsman: Anch'io partecipo allo sciopero dei miei colleghi in America. E' un momento tremendo per tutti ad Hollywood, perché molte persone ne stanno subendo le conseguenze, dagli attrezzisti ai guardarobieri. Il fatto è che i media stanno cambiando e presto sarà possibile scrivere un film che sarà disponibile su internet 7 giorni su 7, 24 ore su 24. Questo naturalmente non è un vantaggio per gli sceneggiatori che guadagnano poche centinaia di dollari per ogni script. La ragione del successo dello sciopero è che il SAG (Screen Actors Guild) ci appoggia e quando gli attori non vanno alle cerimonie le televisioni smettono di interessarsi e tanti eventi saltano, come succederà per i Golden Globes che quest'anno non avranno una cerimonia, ma saranno annunciati in una conferenza stampa. Noi non possiamo far altro che continuare a scioperare finché non ci sarà qualche risultato.
Will Smith: E' una situazione difficile. Credo che ci sia un mondo nuovo, le cose stanno cambiando in modo drastico ed è giusto che un'opinione venga portata sul tavolo anche in modo un po' aggressivo, perché le persone devono poter mantenere le proprie famiglie e hanno diritto ad un giusto riconoscimento per il lavoro che svolgono.
Francis Lawrence: Ciò che è importante in questo discorso è la titolarità del lavoro. Quando gli sceneggiatori scrivono qualcosa poi la vendono e non appartiene più a loro. I danni per queste persone che non guadagnano tanti soldi sono enormi, perché poi come fanno a pagare i loro mutui o a tirare avanti in modo dignitoso?