Friedkin Uncut, Sergio Leone - L'Italiano che Inventò l'America, Oscar Micheaux - Il Supereroe del Cinema Americano sono solo tre tra i numerosi titoli diretti da Francesco Zippel in cui il giovane regista e produttore si è dedicato non solo ad omaggiare artisti conosciuti ed amati del cinema mondiale ma a guardare alla loro vita e carriera da un'altra angolazione, una luce diversa, per come le loro gesta hanno impattato chi siamo oggi, cinematograficamente parlando (e forse non solo). Con il trentennale della morte di Gian Maria Volontè a segnare il 2024, Zippel porta, prima in concorso in Venezia Classici all'81esima Mostra e poi al cinema per tre giorni, con Lucky Red, dal 23 al 25 settembre, il suo omaggio e la sua analisi su Gian Maria Volonté con il documentario Volonté - L'uomo dai mille volti.
Una coproduzione Quoiat Films, Rai Documentari e Luce Cinecittà e realizzato con e grazie alle testimonianze di componenti la famiglia, amici ed estimatori, con il contributo di Rai Teche, Volonté - L'uomo dai mille volti è dedicato a Vera Pescarolo e Giuliano Montaldo. Quest'ultimo che insieme a Francesco Rosi ed Elio Petri aveva dato vita ad un sodalizio con l'attore e l'artista Volontè, condividendo con lui la stessa passione e la stessa missione. Con la brillante intuizione di affidare a Rodrigo D'Erasmo il compito di creare la musica giusta ad incorniciare quei mille volti, il film predilige il contenuto, a discapito di una forma che, invece, vuole rispondere ad uno schema classico tra contributi, archivio e clip inedite. Facciamo la conoscenza di Volonté per ciò che è stato nella vita degli altri.
Artisti in dialogo con Volonté
Ed è infatti nella sua relazione con chi lo ha conosciuto o ne acquisito gli insegnamenti che viene indagato Gian Maria Volonté nell'opera di Zippel. Il regista crea una sorta di dialogo tra l'attore scomparso nel dicembre 1994 e coloro che chiama a ricordarlo, in un percorso che vuole sviscerare con cura ogni aspetto, ogni "volto", appunto, dell'artista. Comincia, inevitabilmente, con il Volonté attore che, come racconta Marco Bellocchio che lo diresse in Sbatti il mostro in prima pagina, addirittura rifiutò un'altra serie di film che l'oggi Maestro gli propose. "Imponeva una verità, con la sua voce, il suo sguardo" dichiara Bellocchio. "Con questo film ho cercato di restituire il profilo di questo uomo complesso e affascinante, compiendo un viaggio che mi ha messo in contatto con alcune delle figure più importanti del nostro cinema contemporaneo" scrive Zippel nelle note di regia.
Tra gli attori, Valeria Golino, Valerio Mastandrea, Fabrizio Gifuni, Pierfrancesco Favino, Toni Servillo sottolineano, nel loro aver cercato di apprendere, incamerare a loro modo queste capacità, il suo essere stato drammatico, teatrale ma saldamente terreno. Chi, malcapitatamente, non avesse visto i suoi film o fosse di una generazione ignara dell'eredità che ci ha lasciato, scopre, attraverso questo documentario, l'abilità di Volontè di diventare un personaggio e al tempo stesso crearlo. Egli era, per sua volontà, co-creatore dei ruoli che interpretava, per citare Servillo, la sua era "una battuta surgiva", nasceva ogni volta.
Indagine su un cittadino
Valerio Mastandrea, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico della Scuola d'Arte Cinematografica Gian Maria Volontè, agli inizi del documentario ricorda: "il lavoro politico che faceva lui con il mestiere dell'attore è inarrivabile". Volontè era prima di tutto e a volte più di tutto un cittadino e un attivista politico, fervente uomo di sinistra, legato al Partito comunista e poi in tarda età a quello Democratico. L'essere un attore, l'essere un artista era profondamente legato all'impegno politico, le due cose andavano avanti indissolubili. Figlio tormentato di padre fascista, ha dovuto affrancarsi con difficoltà da questa scomoda eredità. Il direttore artistico della Scuola Volontè, il regista Daniele Vicari su questo afferma: "era una persona che metteva il desiderio di libertà ed emancipazione, di rivoluzione, prima di ogni cosa, anche dell'arte". Non a caso, il documentario si sofferma sulla sua più celebre interpretazione in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e su La classe operaia va in paradiso, entrambi di Elio Petri.
Il mondo senza Gian Maria
Alla figlia Giovanna Gravina Volonté ed all'ultima compagna di vita Angelica Ippolito, Zippel affida la parte finale del film, immersa negli elementi in cui si rifugiava, il mare e il vento, dove Giovanna riesce a ritrovarlo sempre, come padre e come artista. Un uomo, un attore, che per Mastandrea "la quarta parete la frantumava", chiude la sua carriera e la sua filmografia, ricorda Ippolito, nei panni di Il tiranno Banderas, diretto da José Luis García Sánchez, gridando in camera "imbécil- imbecille". Angelica Ippolito riflette su quanto forse non fosse casuale che l'ultimo sguardo al pubblico di Volontè fosse metaforicamente quello ad un mondo pieno di imbecilli. "Non gli interessava più il mondo che stava arrivando" ragiona l'attrice. Francesco Zippel coglie questo ultimo spunto per condurci alla domanda: "Cosa direbbe il co-creatore, il cittadino, il concreto Volontè di questo tempo che stiamo vivendo?" Arduo rispondere, per colpa della nostalgia che questo film porta con sé.
Conclusioni
A fine recensione di Volonté - L'uomo dai mille volti di Francesco Zippel, dal concorso di Venezia Classici a tre giorni evento al cinema, invitiamo chi non ha conosciuto questo attore, creatore, attivista a scoprirlo attraverso questo documentario. Il film non è infatti solo un ritratto di un artista ma riflessione profonda e a volte amara su come sia cambiato l’approccio all’arte e l’essere artista che, almeno in questa parte di mondo, non è più atto politico e rivoluzionario.
Perché ci piace
- Scopre lati inediti di Volonté
- Mostra e si fa ispirare dalle sue capacità
- Ripercorre una parte fondamentale di storia del cinema italiano.
Cosa non va
- Ha un impianto classico senza guizzi
- Diventa poetico e contemporaneo solo nel finale