Cosa dire di Vittorio Gassman che non sia già stato detto? Esponente di spicco del cinema italiano dal dopoguerra alla fine degli anni '90, è riuscito a spaziare con estrema maestria da ruoli comici a quelli più impegnati. Una delle caratteristiche che ha consentito all'attore romano di scalare la vetta del cinema nazionale è sicuramente l'ironia. Un'ironia non esplicitamente manifesta ma soggiacente la sua imponente presenza scenica di derivazione teatrale. Com'è stato possibile, allora, questo passaggio dalla pomposità del palcoscenico - con la rappresentazione drammatica dei classici greci su tutto - alla comicità?
Il merito è di Mario Monicelli, uno dei registi di punta della commedia all'italiana, e della sua scommessa vinta a mani basse. È il 1958 l'anno di svolta di Vittorio Gassman e dello stesso Monicelli: se quest'ultimo si impone finalmente come uno dei più importanti registi del nuovo cinema italiano, Gassman si trasforma completamente, rompendo gli schemi e mostrandosi per la prima volta sul grande schermo in tutta la sua verve comica.
Il caso Gassman ne I soliti ignoti
Cosa successe nel 1958? Esce al cinema I soliti ignoti, film simbolo della nuova comicità, che segna l'inizio ufficiale della commedia all'italiana. Il film non si inserisce in nessuno dei filoni della comicità dell'epoca, che aveva come protagonisti gli ormai troppo inflazionati caratteristi italiani. Monicelli non vuole volti troppo noti e non si accontenta di "macchiette", ma inventa lui stesso una nuova generazione di comici, imponendo dove necessario il suo sesto senso. È proprio il caso di Vittorio Gassman. Conosciuto nell'ambiente teatrale come attore "impegnato", tutto d'un pezzo, classico nelle scelte dei ruoli, Gassman è poco simpatico al cinema a causa della sua impostazione compassata e imponente presenza scenica che lo vedeva spesso come antagonista drammatico. Monicelli lo stravolge, letteralmente, cambiandogli i connotati: con la fronte bassa, le orecchie a sventola, il naso finto e soprattutto una balbuzie poco virile, Gassman ne I soliti ignoti è un trionfo. Il personaggio Peppe er Pantera risulta uno dei più riusciti della sua carriera (e della commedia in generale), indimenticabile anche ai giorni nostri.
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Vedere in Gassman la sua nascosta ma prorompente vena comica e l'ironia necessaria al suo personaggio e imporla a produttori e distributori cinematografici - per niente convinti della scelta - è una delle caratteristiche che ha distinto Monicelli da tutti gli altri registi. È anche quella che gli spalancherà le porte per una comicità più "impegnata". La stessa situazione, più avanti, si ripresenterà con Monica Vitti, musa di Michelangelo Antonioni scelta per interpretare una dimessa siciliana in La ragazza con la pistola (1968).
Vittorio Gassman: mattatore per vocazione
Per la prima volta, quindi, Vittorio Gassman veste i panni di un attore brillante, comico e a tratti ridicolo. Gli italiani, da poco rientrati alla normalità dopo gli anni della guerra, trovano in lui l'attore perfetto non tanto per dimenticare quanto per lasciarsi alle spalle la tragedia ed entrare a gamba tesa in quella spensieratezza che precede e poi è protagonista degli anni del boom economico. Il Gassman "mattatore" è un trionfo e il suo approccio alla comicità risulta talmente convincente che da lì in avanti si districherà con classe e maestria tra ruoli brillanti e ruoli più seri.
Lo ricordiamo nel film che gli è valso l'epiteto più famoso Il mattatore, ma anche ne I mostri e Il sorpasso (Dino Risi, 1960). Quest'ultimo film è la consacrazione definitiva, che gli dà modo di esprimere tutta la sua versatilità e profondità con un personaggio che incarna alla perfezione la frenesia e la voglia di rivalsa di un popolo intero. A bordo della sua Lancia Aurelia Spider, lungo la tortuosa via Aurelia, e al grido di "Vai cavallina!" è protagonista di una delle scene più iconiche di tutto il cinema italiano.
Non possiamo non ricordarlo come l'improbabile, goffo e inconcludente cavaliere Brancaleone da Norcia in L'Armata Brancaleone, sempre di Monicelli, e come avvocato ambizioso e arrivista nello splendido C'eravamo tanto amati di Ettore Scola.
Per concludere, una chicca che lo ha reso celebre alle nuove generazioni: come non citare la sua partecipazione a Tunnel, negli anni '90? Nel programma televisivo dà forse l'estrema manifestazione del suo innato senso dell'umorismo e della sua spiccata autoironia che lo porta a prendersi gioco proprio della sua impostazione teatrale. In modo assolutamente serio e formale recita documenti come la bolletta del gas, le analisi, il menù del ristorante o gli annunci economici, nello stesso modo "impostato" con il quale, a teatro, declamava la Divina Commedia di Dante.