In vista dell'imminente uscita nelle sale italiane de Il mio miglior nemico, dopo una massiccia campagna pubblicitaria che li vede protagonisti, parliamo con il regista-interprete Carlo Verdone e col suo "antagonista" Silvio Muccino.
La conferenza stampa ha avuto inizio con un breve monologo del regista, che ha sottolineato l'enorme impegno messo al servizio di un obiettivo ben preciso: realizzare un film da poter annoverare tra le sue opere migliori.
Manifesta poi apertamente la sua indignazione verso chi ha scritto "Verdone realizza sapientemente un film furbo", accusandolo di puntare troppo al box office:
Carlo Verdone : Se c'era una cosa che noi non volevamo fare era andare alla ricerca della furbizia. Non volevamo fare la copia di un Manuale d'amore, che se messa insieme fa fare un po' di soldi, certo ovviamente se avrà successo saremo ben contenti, ma volevamo fare soprattutto un film bello, che evocasse ma non prendesse troppo da un classico come In viaggio con papà per esempio, e tutto questo lo testimonia l'enorme lavoro che sta dietro al film: 7 stesure di sceneggiatura, per circa un anno e mezzo di lavoro, mio e di Silvio che ha contribuito attivamente e lo ringrazio, perché sono convinto che insieme abbiamo fatto un ottimo lavoro che non deluderà.
Silvio Muccino : Assolutamente sì. Anch'io volevo ringraziare Carlo perché in quest' avventura mi ha regalato tanto coraggio, fiducia in me stesso, con una grande attenzione nel dirigermi. Mi ha aiutato in un certo senso a compiere un grande salto rispetto ai personaggi che ho interpretato in precedenza, un salto che sentivo necessario, perché Il mio miglior nemico non è soltanto una commedia, ma un film che comunque mantiene dei registri anche drammatici, e non è sempre facile cercare di esprimere al meglio, due generi così diversi.
Ecco quindi che oltre ai consigli e alla direzione di Carlo, gli sono grato anche per la possibilità che mi ha dato di contribuire alla sceneggiatura: per accentuare infatti le differenze nello scontro generazionale, ha voluto che scrivessi la mia parte in un linguaggio giovane e contemporaneo.
E' così che ha avuto origine Orfeo, un manifesto alla precarietà, un ragazzo il cui padre ha abbandonato la famiglia prima che lui nascesse, e la cui madre instabile è quasi una figlia, sulla quale comunque non può fare affidamento. Questa instabilità Orfeo la manifesta attraverso una forte irruenza ed una svogliatezza generale nei confronti della vita, la rabbia repressa ha così via libera dopo che Achille (Verdone), dirigente alberghiero, licenzia la madre, con questo pretesto Orfeo punta il mirino ed inquadra Achille come il suo nemico.
Non pensate che i trailers svelino un po' troppo? Carlo Verdone : Per quanto riguarda il trailer se ne è occupata la produzione, io sono dell'idea che il regista non si deve occupare del trailer, se il regista fa il trailer sbaglia tutto, comunque deve essere un montaggio anarchico ma allo stesso tempo equilibrato, deve dare degli assaggi di cose, e questo film è pieno di cose. Secondo me non svela, perché poi il film approfondisce molto ogni aspetto del trailer, non sono quei 60 o 90 secondi che rovinano la visione.
Ci parli delle musiche, come mai Patti Smith? Carlo Verdone : E' la prima volta che affido un mio film ad un compositore, dall'inizio alla fine, non l'ho mai fatto, solitamente ci sono alcuni brani di repertorio che mi piace inserire nei miei film, tipo David Sylvian, Jimi Hendrix o alcuni pezzi rock che trovo molto cinematografici, comunque devo dire che Paolo Buonvino ha fatto un buon lavoro, nel compattare questo mosaico, così pieno di atmosfere differenti, ha dato un comun denominatore a tutto il film, se avessi inserito anche qui musiche di repertorio, avrei rischiato di fare un collage, l'unica eccezione è appunto Patti Smith, giustificata dal fatto che non è solo cantante ma poetessa, mia figlia nel film scrive poesie, quindi ho pensato che legasse bene
Nei titoli di coda la lista dei marchi degli sponsor è quasi più lunga di quella degli attori, e anche nel film alcuni marchi ritornano spesso, forse troppo, come vi siete trovati a collaborare con gli sponsor, come hanno influenzato la produzione? Carlo Verdone : Credo che a questa domanda possa rispondere meglio il produttore.
Aurelio De Laurentiis : Il product placement una volta non era ammesso, ma il Ministro Urbani per dare sostegno all'industria italiana del cinema, lo ha proposto in parlamento, ed è stato approvato. In altri paesi come gli Stati Uniti esiste da sempre, ma nessuno accusa i loro film o fa domande sulla legittimità del fenomeno, il fatto è che da noi c'è parecchia ignoranza, il nostro provincialismo ci fa parlare senza ritegno ed erroneamente di pubblicità occulta, quando invece dovremmo essere grati di tutto questo, perché significa che finalmente anche noi ci stiamo portando al passo coi tempi, e con maggiori risorse produttive, la qualità potrà finalmente adeguarsi agli standard internazionali.
Non c'è niente di male a ritrarre una storia mostrando oggetti che effettivamente esistono nella nostra quotidianità, anzi non può che essere un ulteriore aiuto al realismo dell'opera, a patto che sia il regista poi a gestirne l'importanza.
Sembrava in questo film che volessi riproporre un po' quel messaggio già esposto in L'amore è eterno finchè dura, cioè i genitori combinano i casini e poi sono i figli a risolverli, è così? Carlo Verdone : Sì, penso che anche un po' involontariamente la cosa traspaia in questo film, ed è dovuta al fatto che nutro un profondo rispetto ed una grande fiducia verso le nuove generazioni, perché saranno loro che proseguiranno il nostro lavoro in futuro, in più i genitori oggi spesso sono in crisi e non sempre danno il buon esempio, c'è confusione, questa confusione l'avverto perché io stesso ho attraversato un periodo di allontanamento dalla mia famiglia per colpa del lavoro, anche se fortunatamente l'ho capito in tempo ed ho potuto recuperare.