Fin dal titolo, il terzo capitolo della saga, volutamente e spassionatamente sopra le righe, mette subito le cose in chiaro. Venom: The Last Dance. L'ultimo ballo, come Michael Jordan con i Chicago Bulls. Titolo importante la fine del viaggio di Tom Hardy nei panni del simbionte, e viceversa, più famoso del cinema (e dei fumetti). Insomma, il colpo defintivo? La chiusura del cerchio? Chissà. E se anche fosse, andrebbe bene così.
Intanto, senza soffermarci troppo sulla trama, quello di Kelly Marcel (che ha scritto la sceneggiatura insieme allo stesso Hardy) evita sterzate, colpi di scena e chissà quale volo pindarico. Piuttosto, Venom, arrivato al terzo capitolo, mantiene il suo spirito scanzonato, riga dritto, calcando la mano sulla figura dell'anti-eroe alieno, non troppo scorretto, ma nemmeno troppo buono. Diciamo, una via di mezzo. Una via a metà, come un cinecomic d'altri tempi, ad uso e consumo di un intrattenimento leggero, e quindi sincero nel suo essere un palese e irresistibile guilty pleasure.
Venom: The Last Dance, oltre la trama c'è di più
Dicevamo della trama. Venom: The Last Dance ha un plot più facile a farsi che a dirsi. Vi basta però sapere che un cattivone, tale Knull, una specie di Dio malvagio rinchiuso in un angolo del buio universo (per farla breve), mette gli occhi sul simbionte: solo la dipartita del protagonista, infatti, potrà liberarlo dalle catene. Non ci soffermiamo troppo sull'intricata motivazione (non è importante), tuttavia è bene sapere che il malvagio Knull - di fatto introdotto dalla Sony per il suo Spider-Man Universe - spedisce sulla terra mostruosi alieni incaricati di far fuori la coppia (di fatto) Venom/Eddie Brock che, dopo aver liberato un branco di cani da combattimento (risaputo l'amore di Tom Hardy per i nostri amici a quattro zampe), punta a New York facendo però tappa a Las Vegas.
Se l'Area 51 viene smantellata
Tutto qui? In parte, sì. In fondo, Venom: The Last Dance è una fuga lunga un film (oltre ad essere forse il migliore della trilogia). Un film che fa il giro largo per arrivare a un ending, se vogliamo, pure un filo commovente (accompagnato da un brano ad effetto e meravigliosamente fuori luogo, ossia Memories dei Maroon 5). In mezzo, però, una sequela di personaggi che intervallano il one-man-show di Tom Hardy: Chiwetel Ejifor aka Generale Taylor è la sintassi del pensiero militare, tarato e ottuso, che si scontra con la visione scientifica della dottoressa Payne (Juno Temple), che invece di eliminare i simbionti vorrebbe studiarli, e probabilmente accudirli. Mica male il sommesso ma sempre apprezzato retaggio anti-militarista.
Spunta pure Rhys Ifans, hippie alla guida di un furgone Volkswagen che, con la sua famiglia, si aggira per il deserto del Nevada canticchiando David Bowie nella speranza di adocchiare qualche alieno. Eppure, anche la tradizione misteriosa e leggendaria degli UFO, secondo Kelly Marcel, è destinato ad estinguersi: gli Stati Uniti stanno smantellando il mito dell'Area 51, costruendo una base più avanzata, e più controversa.
Venom, immigrato alieno in un mondo pericolante
Se la comicità splastick e le battutacce da scuola media provano a strappare qualche risata, cerchiamo di stabilire una connessione con il personaggio targato Marvel, pensandolo come se fosse un immigrato alieno che in qualche modo deve sopravvivere in un mondo poco ospitale, e incattivito verso coloro che vengono intesi come una minaccia. È questo Venom, straniero intergalattico che prova a confondersi tra la gente, travestendosi e imparando, dal proprio amico umano, che solo i cattivi si possono mangiare.
A proposito di Marvel: se la cinecomic fatigue pare lontana dall'essere superata, titoli come Venom: The Last Dance, diametralmente opposto ai titoli più altezzosi dell'MCU, fungono da digressione spensierata e disinvolta. Sono i piedi per terra, l'immutabile certezza dettata dal cinema d'intrattenimento, e nulla più. Nessun patrimonio, nessuna ambizione. Toni da commedia che strizzano l'occhio al buddy-movie con una spruzzata di rom-com. E a noi, per questo, la saga di Venom, piace. Piace proprio per il suo essere (stata?) un unicum nel bel mezzo di quei blockbuster che hanno finito per prendersi troppo sul serio, perdendo l'essenza primaria del cinema popolare: stupire.
Conclusioni
Terzo e ultimo capitolo per Tom Hardy nei panni di Venom? Chissà. Intanto, la chiusura del cerchio potrebbe anche essere il migliore della saga. Comicità slapstick e dinamiche da buddy-movie per un cinecomic che non si prende sul serio e che anzi punta all'intrattenimento. Dichiarazione d'intenti che apprezziamo, nonostante sia un prodotto che vada preso e inteso per quello che è.
Perché ci piace
- Tom Hardy sempre irresistibile.
- Alcune battute riuscite.
- Il profilo dell'anti-eroe.
- Il finale.
Cosa non va
- La trama, ovviamente fa acqua da tutte le parti.
- I personaggi di contorno, meri pretesti.