L'estate sta finendo, Venezia se ne va. Il solito rituale di ogni anno, la fine della Mostra del Cinema che dà il via alla nuova stagione, al percorso che ci porta verso il periodo natalizio e oltre, verso la Award Senson. Ed è inevitabile chiedersi se qualcuno dei film che abbiamo visto ne sarà protagonista, anche se è presto farlo e saranno le prossime settimane a rivelarcelo.
Intanto elaboriamo ciò che abbiamo visto, tiriamo le somme di una Venezia che ci ha regalato sì pochi film di livello basso, ma anche poche eccellenze vere. La sensazione a caldo, mentre siamo ancora al Lido in attesa dei premi, è che ci si sia assestati su un livello medio da cui è stato difficile scollarsi, in negativo come in positivo. Ma vediamo i titoli che hanno preferito i nostri redattori che hanno seguito l'evento.
Le preferenze di Valentina Ariete
Il Leone d'Oro può essere uno e uno soltanto: The Brutalist di Brady Corbet. Al terzo film il regista entra nell'olimpo dei grandi, con un film dal respiro ampio e ambizioso, che racconta la vita dell'architetto immaginario László Tóth, interpretato da Adrien Brody, alla miglior prova dai tempi di Il pianista. Tra La caduta degli dei di Luchino Visconti e Il petroliere di Paul Thomas Anderson: un film che racconta il Novecento ma è in aperto dialogo con il presente.
-
1) The Brutalist di Brady Corbet: colpo di fulmine.
-
2) M - Il figlio del secolo di Joe Wright: le cose più belle viste quest'anno alla Mostra del cinema sono serie tv: Luca Marinelli è straordinario.
-
3) Los años nuevos di Rodrigo Sorogoyen: uno dei più grandi talenti contemporanei realizza un'altra serie e continua a stupire per la sua capacità unica di prendere per mano lo spettatore e portarlo nel suo mondo.
-
4) Disclaimer di Alfonso Cuarón: vale la pena vederla anche solo per la coppia d'attori magnifica formata da Cate Blanchett e Kevin Kline.
-
5) Queer di Luca Guadagnino: un film enigmatico, sudato, che richiede una vasta cultura per codificarne tutti i simboli, ma che rimane a lungo con lo spettatore dopo la visione.
Il film italiano
Queer di Luca Guadagnino: con l'adattamento del romanzo di Burroughs il regista ha regalato a Daniel Craig un ruolo per lui insolito, che l'attore ha trasformato in una delle sue prove migliori.
La sorpresa del festival
Broken Rage di Takeshi Kitano: il regista non è certo una sorpresa, ma il film, arrivato a fine festival, è stato uno shot di energia e divertimento che ha ridato a tutti la forza di concludere questa edizione.
Il mostro della Mostra
L'orto americano di Pupi Avati: dispiace perché l'idea è interessante e Filippo Scotti è uno dei talenti più promettenti del cinema italiano, ma si vede che il budget non è stato sufficiente e soprattutto il film sembra sconnesso.
La scena cult
L'interrogatorio "al contrario" di Broken Rage di Takeshi Kitano. Geniale.
La battuta del festival
"Io son come le bestie: sento il tempo che viene": lo dice più volte il Benito Mussolini di Luca Marinelli in M - Il figlio del secolo. Una frase che racchiude l'essenza del personaggio.
La scena scult
Il "barattolo di pesche sciroppate" in L'orto americano di Pupi Avati: non guarderete più un barattolo di vetro nello stesso modo.
Le preferenze di Antonio Cuomo
È stata una Mostra strana, una Mostra con pochi colpi di fulmine, uno dei quali arrivati alle battute finali, ovvero il Broken Rage di Kitano. L'altro è seriale ed è targato Sky, che completa la sua trilogia festivaliera dopo Berlino e Cannes portando M - Il figlio del secolo a Venezia. Sia chiaro, le opere interessanti non sono mancate, così come qualche sorpresa, ma porto via da Venezia una valigia meno carica di emozioni rispetto al passato e qualcosa vorrà dire.
+ 1) Broken Rage. Takeshi Kitano è un genio e ce lo conferma ancora una volta!
-
2) M - Il figlio del secolo. La serie Sky Original è tra le cose migliori viste al Lido e tra i titoli da tenere d'occhio per la prossima stagione.
-
3) La stanza accanto. Il film più emozionante di questa edizione della Mostra, con due superbe protagoniste.
-
4) Babygirl. Forse non perfetto, ma ricco di spunti e motivi di interesse che lo rendono tra i titoli che ci hanno lasciato di più su cui riflettere.
-
5) Beetlejuice Beetlejuice. Il grande ritorno di un Tim Burton divertito e divertente, che sa omaggiare il passato e costruire qualcosa di nuovo.
Il film italiano
Vermiglio. Per l'eterea delicatezza e attenzione ai dettagli che ci immergono nel contesto rurale che racconta.
La sorpresa del festival
Stranger Eyes. Una grande regia, un grande lavoro su messa in scena e sonoro, per una storia che parla dell'oggi, di osservare ed essere osservati e di quanto ci cambi.
Il mostro della Mostra
Maldoror. Al netto di delusioni più o meno cocenti, il film di Fabrice du Welz è quello che meno ha convinto da tanti punti di vista.
La scena cult
Un paio di momenti di Beetlejuice Beetlejuice? No, tutto Broken Rage: un film che è tutto cult, dall'inizio alla fine per i suoi 62 minuti di durata.
La battuta del festival
"La politica è l'arena dei vizi, non delle virtù." (M - Il figlio del secolo). Quanto è attuale!
Miglior animale
Il cagnolino di I'm Still Here, il membro a quattro zampe della famiglia che ci racconta il film di Walter Salles.
La scena scult
Un barattolo, un organo sessuale femminile, una scena che è anche difficile da descrivere per quanto riesce a essere scult. È un momento de L'orto americano di Pupi Avati. Al netto del film, più o meno riuscito che sia.
Le preferenze di Valentina D'Amico
In un concorso che ha riservato tanti buoni film, da Maria al toccante I'm Still Here di Walter Salles, dall'elegantemente visionario Queer di Luca Guadagnino al potente The Brutalist, ma nessun vero innamoramento, il mio cuore va al Fuori Concorso che ci ha regalato il ritorno di un Tim Burton ironico e in gran forma col sequel di Beetlejuice e l'inossidabile composta da Brad Pitt e George Clooney in un buddy move scoppiettante e cucito su di loro. Per non parlare della sorpresa Takeshi Kitano, più divertente e autoironico che mai.
-
1) Beetlejuice Beetlejuice. Tim Burton è tornato a farci vedere un po' dell'estro cinico, anarchico e scoppiettante delle origini e tanto basta
-
2) Wolfs. George Clooney e Brad Pitt al loro meglio, divertono e si divertono in una commedia action cucita su di loro
-
3) September 5. Un saggio sulla televisione in puro stile indie, con un John Magaro immenso, Attualissimo nel toccare la questione del conflitto israelo-palestinese ricostruendo un fatto di cronaca.
-
4) I'm Still Here. Toccante e vitale il dramma sui desaparecidos di Walter Salles.
-
5) Joker: Folie à Deux. Meno debordante dell'originale, il sequel cambia coraggiosamente percorso sacrificando violenza e scene a effetto per scandagliare la psiche devastata di Arthur Fleck. Nonostante la mancanza di chimica con Lady Gaga, Joaquin Phoenix fornisce l'ennesima performance di livello.
Il film italiano
Campo di battaglia. Ha molto da dire sul presente l'opera di Gianni Amelio sulla Prima Guerra Mondiale. Film di guerra senza guerra, si distingue per il bel duello attoriale tra Alessandro Borghi e Gabriel Montesi e continua a lavorare dentro e a far riflettere post visione.
La sorpresa del festival
Broken Rage, Takeshi Kitano, più in forma che mai, gioca con pubblico in un divertissement autoironico e autocitazionista. Risate assicurate.
Il mostro della Mostra
Maldoror. Poliziesco belga sgangherato che dedica più spazio ai matrimoni della comunità italiana che ai pedofili al centro dell'indagine.
La scena cult
Monica Bellucci rimette insieme i pezzi del suo corpo in Beetlejuice Beetlejuice
La battuta del festival
"C'è un solo uomo in città in grado di portare a termine il lavoro" (Wolfs)
Miglior animale
Il tenero cagnolino di I'm Still Here
La scena scult
Nicole Kidman a quattro zampe che lecca il latte da una ciotola non sarà scult, ma ci si avvicina parecchio.
Le preferenze di Damiano Panattoni
Una Mostra del Cinema meno forte rispetto agli scorsi anni, ma comunque interessante nella visione del suo insieme, tra autori, pop, grandi anteprime e scoperte. Curioso che a svettare tra le cose migliori, però, non ci sia un film bensì un'opera seriale. Ossia M. Il figlio del secolo di Joe Wright, serie Sky che vedremo nel 2025.
-
1) M. Il figlio del Secolo. Che strano, il miglior titolo di Venezia 81 non è un film, bensì una serie. E che serie. Quella di Joe Wright, che rivede la figura di Mussolini, interpretato da un grande Luca Marinelli.
-
2) Wolfs. Con il film di Jon Watts ci siamo divertiti, e molto. Boccata d'aria, anche all'intesa unica tra Brad Pitt e George Clooney.
-
3) September 5. Tim Fehlbaum sull'attentato alle Olimpiadi di Monaco 72. Sguardo unico, che rivede l'evento dal punto di vista telegiornalistico. Grande ritmo. Perché non in concorso?
-
4) Baby Invasion. E pure quest'anno Harmony Korine ce l'ha fatta. Meno forte di Aggro Dr1ft, comunque unico nel suo genere post-cinematografico.
-
5) La storia del Frank e della Nina. Paola Randi, regista dalla visione e dall'intelligenza. Storia di crescita, consapevolezza, di forte empatia. Cast giovane, appassionato: Gabriele Monti, Ludovica Nasti, Samuele Teneggi.
Il film italiano
Diciannove. Giovanni Tortorici firma un esordio dal forte carattere, spregiudicato e vivido. Storia di un fuori-sede ramingo alla ricerca di un posto nel mondo.
La sorpresa del festival
Francesco Gheghi in Familia. Attore raffinatissimo, già bravo, diventato bravissimo. Quello di Francesco Costabile sarà il suo meritato trampolino di lancio.
Il mostro della Mostra
Viste le alte aspettative, non c'è dubbio che il peggior film visto a Venezia 81 sia Joker: Folie à Deux. Un sequel che non parte mai davvero, privo di una sceneggiatura capace di giustificare l'operazione. Il lato musical sembra quasi un pretesto, mentre Lady Gaga è incredibilmente sotto-utilizzata. Il flop della Mostra, e forse il flop dell'anno.
La scena cult
In Beetlejuice Beetlejuice Tim Burton immagina un gruppo di influencer risucchiati dai propri smartphone. Allegoria potente, e un pizzico goduriosa!
La battuta del festival
"Prima la vita, poi il cinema", battuta pronunciata da Fabrizio Gifuni nei panni di Luigi Comencini ne Il tempo che ci vuole diretto da Francesca Comencini. Una frase dal forte valore, anche attuale.
La scena scult
Ne L'orto americano di Pupi Avati, il protagonista, interpretato da Filippo Scotti, mentre prova a capire cosa si nasconde dietro la sparizione di una ragazza, tira fuori da un vaso in salamoia una... cervice uterina. Sì, avete capito bene. Di diritto, scena scult di questa Venezia 81.
Le preferenze di Erika Sciamanna
Un'ottantunesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia decisamente sottotono per quanto riguarda la qualità del concorso. Tra i tantissimi film che abbiamo visto quest'anno in pochi hanno veramente lasciato un segno. Al contrario le sezioni parallele hanno regalato lungometraggi interessanti e talvolta coraggiosi, che siamo stati veramente contenti di aver visto in un contesto come questo e che speriamo possano arrivare anche nelle sale Italiane. Stiamo parlando dell'interessante Planet B di Aude Lea Rapin, che ha aperto la settimana della critica, Happyend di Neo Sora presentato in Orizzonti e Nonostante, di Valerio Mastandrea che ha aperto, invece, questa sezione.
-
1) La stanza accanto di Pedro Almodovar. Un film toccante che parla di eutanasia e vita interpretato da due splendide Tilda Swinton e Julienne Moore.
-
2) The Brutalist di Brady Corbet. Un film enorme, un'opera monumentale e dolorosa proprio come l'edificio che il protagonista tenterà di costruire.
-
3) Babygirl di Halina Reijn. Non chiamatelo thriller erotico. Una scrittura sottile per un film che sovverte i ruoli facendo il verso al thriller anni '90.
-
4) Happyend di Neo Sora. Una pellicola politica e interessante che parla di nazionalismo e xenofobia in una Tokyo del prossimo futuro.
-
5) Stranger Eyes di Siew Hua Yeo. Ben diretto e ottimamente scritto questo film sorprende per la tematica che racconta: come cambia il nostro comportamento dal momento che la nostra vita viene ripresa in ogni momento?
Il film italiano
Nonostante Il film di Valerio Mastandrea che ha aperto Orizzonti è un'opera sentita e curata che colpisce al cuore, il cui unico grave difetto è quello di farci aspettare quasi un anno per poterla rivedere in sala.
La sorpresa del festival
Stranger Eyes. Come già accennato il film di Siew Hua Yeo è stata una rivelazione in un concorso che ci ha regalato poche pellicole di grande valore.
Il mostro della Mostra
Maldoror di Fabrice du Welz. Un thriller
La scena cult
Una piccola scena cult è sicuramente quella nella quale, Brad Pitt e George Clooney, nei panni di due loschi fixer, tirano fuori gli occhiali per leggere da vicino il testo di un messaggio. La tempistica e l'intesa tra i due è perfetta e mostra come si possano abbattere certi stereotipi con una risata. Anche "l'uomo che non deve chiedere mai", must del cinema action può soffrire di presbiopia.
La battuta del festival
Quel "Eppure siamo ancora tra voi", che apre la serie M - Il figlio del secolo. Una battuta spaventose che fa temere per il futuro.
Miglior animale
Nella speranza vadano bene anche quelli immaginari cito i vermi della sabbia che compaiono in Beetlejuice Beetlejuice. Un tuffo nel passato con un Tim Burton di nuovo appassionato.
La scena scult
Il personaggio interpretato da Filippo Scotti che, ne L'orto americano di Pupi Avati, in un delirante sogno tira fuori da un barattolo con una forchetta una vagina pulsante.
Le preferenze di Elisa Torsiello
È stato un festival all'insegna della mediocrità. Un solo colpo di fulmine, qualche film che convince facendosi amare, mentre il resto naviga in un mare piatto, di calma totale. Fa strano soprattutto constatare come tra i titoli che più mi abbiano convinta, solo uno sia in concorso. Da Venezia ci si aspetta di più.
1) M. Il figlio del secolo. In un periodo storico come quello attuale, un memorandum così ipnotico sul nostro passato è quanto mai essenziale. Immenso Marinelli. Gigantesca la regia di Wright.
2) September 5. L'attentato alle Olimpiadi di Monaco '72 seguito dalla redazione della ABC. Nello spazio di uno studio si riesce a restituire un saggio sulla televisione e sull'etica informativa nel mostrare o meno certi eventi.
3) Pavements. Un documentario che è anche pseudo-biopic e film-concerto. Che gran caos è Pavements. Ma è quel caos che ti prende e ti coinvolge. Proprio come la musica della band protagonista.
4) Vermiglio. Tutto è calmo, lento, nel mondo di Vermiglio. Un'istantanea di vita dal passato, dove I mangiatori di patate di Van Gogh si mescola alle opere di Courbet. Tommaso Ragno imponente.
5) Marco. C'è uno studio che dimostra come a forza di sentirsi ripetere certe nozioni false, le assimiliamo come vere. Ecco, la vita di Enric Marco è proprio così. Tanto da inventata da risultare vera.
Il film italiano
Vermiglio di Maura Delpero.
La sorpresa del festival
September 5. In sala pochissimi spettatori. Inserito in una sezione come Orizzonti Extra e pubblicizzato pochissimo, September 5 si rivela come un saggio sulla questione etica-televisiva circa quanto si possono e devono spingere le redazioni nell'offrire una notizia.
Il mostro della Mostra
Trois Amies. Se questo è il concetto di amicizia, con donne che tradiscono le amiche andando a letto con i mariti delle altre e dando consigli fuori luogo, allora abbiamo un gran problema.
La scena cult Diva Futura
L'arrivo della polizia nella sede di Diva Futura e l'arresto di Riccardo Schicchi. Pietro Castellitto mette in scena una performance grottesca, che coinvolge e diverte, con un tocco di tristezza.
La battuta del festival
"La libertà è bellissima. Ti dà un sacco di libertà, anche quella di distruggerla", da M. Il figlio del secolo
Miglior animale
Il cane Leila di M. Il figlio del secolo e i cagnolini di Maria Callas in Maria di Pablo Larrain. La prima vera eroina nel caso Matteotti; i secondi portatori di commozione dinnanzi alla morte della divina Callas.
La scena scult
Nicole Kidman che beve latte da una ciotola in Babygirl: da far insorgere un'intolleranza al lattosio.