Cominciamo questa recensione di Veleno con un necessario passo indietro per chi si approccia per la prima volta all'argomento trattato dalla docuserie scritta e diretta da Hugo Berkeley, disponibile su Prime Video. Nel 2017 Pablo Trincia e la sua collaboratrice Alessia Rafanelli fecero uscire Veleno, un'inchiesta in forma di Podcast, a cui seguirà poi nel 2019 la pubblicazione di un libro omonimo, incentrata su un terribile fatto di cronaca, quello dei "Diavoli della Bassa modenese", che, seppur relativamente recente, è stato nel corso del tempo quasi dimenticato. I Diavoli della Bassa modenese è il nome dato dalle testate giornalistiche ad una presunta setta di pedofili e satanisti che, tra il 1997 e il 1998, avrebbero organizzato riti satanici nei paesi di Mirandola e Massa Finalese (sotto la guida di un parroco sempre della zona). La denuncia di questi fatti sconvolgenti, che partì dal piccolo Dario ma fu poi avvallata da numerosi altri suoi coetanei (16 in totale), portò ad una vasta indagine della polizia e all'allontanamento definitivo dei bambini dalle loro famiglie. Col tempo, però, i numerosi processi dimostrarono che non ci furono riti satanici e che, tantomeno, vennero compiuti omicidi di neonati, come dichiarato dai bambini in più e più occasioni. Ma come si spiegano quindi le accuse delle vittime? È probabile, come ipotizzato durante la vicenda giudiziaria ma anche da Trincia nella sua inchiesta, che le tecniche di interrogatorio sui bambini messe in atto dagli assistenti sociali li portarono a credere in una serie di falsi ricordi.
Come spiega Trincia, tanto nel podcast come nel documentario, è come se si facessero cadere delle gocce di inchiostro in un bicchiere d'acqua pulita, pian pano l'acqua diventerebbe così scura da non poterla più distinguere dall'inchiostro. Allo stesso modo, la mente di quei bambini - soprattutto vista la loro giovane età - è stata "inquinata" a tal punto da non riuscire più a distinguere quanto realmente è accaduto dalla "verità" insinuata dagli assistenti sociali. Nessuno di loro, nemmeno dopo che i processi smentirono completamente che i terribili fatti insinuati potessero essere veramente accaduti, venne restituito ai propri genitori.
Dare un volto alle voci
Prima di inoltrarci più in profondità nel lavoro fatto dalla docuserie di Berkeley è necessaria un'ulteriore considerazione: la visione di Veleno colpirà in modo diverso chi ci arriva dopo l'ascolto del podcast rispetto a chi sente parlare di questi fatti per la prima volta. In entrambi i casi lo spettatore ne uscirà particolarmente turbato e sconvolto, su questo ne siamo sicuri, ma forse chi si è buttato in questa storia seguendo la narrazione di Pablo Tricia vi sia approccerà in un modo differente. Noi, dobbiamo ammetterlo, apparteniamo a questa categoria, e ciò che subito ci ha impressionato di più è stato il poter dare finalmente un volto a quelle voci e a quei nomi che avevamo sentito scorrere nelle ore d'ascolto del podcast. Le vittime ma anche quelli che eravamo arrivati a considerare i loro carnefici - in particolare gli assistenti sociali che si sono sempre rifiutati di parlare con Trincia e con la sua collaboratrice - hanno finalmente un volto, sono esseri umani la cui vita è completamente cambiata dopo la pubblicazione di un'inchiesta che ha portato nuova luce su una vicenda tanto assurda quanto terrificante.
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La docuserie, a differenza di quanto avevamo immaginato, non ripercorre passo passo quanto detto da Veleno, ma cerca di dar voce e spazio anche al punto di vista opposto, quello delle assistenti sociali, in particolare la tanto "odiata" Valeria Donati, e di quei bambini, ora adulti, che ancora credono - seppur tutto sembri portare ad una realtà ben diversa da quella che hanno sempre raccontato - che le violenze ai loro danni siano realmente accadute. Veleno è però anche un documentario su Veleno, segue infatti - in particolare negli ultimi episodi - la genesi del progetto e le indagini di Trincia e della Rafanelli, e le enormi conseguenze che la pubblicazione del podcast ebbe sui protagonisti della vicenda, tanto i genitori allontanati dai propri figli, tanto i bambini e le loro famiglie affidatarie come gli assistenti sociali, avvocati, familiari e tutti coloro la cui vita, dalla fine degli anni Novanta, è radicalmente cambiata. Pablo Trincia diviene uno dei narratori più importanti degli ultimi due episodi, e man mano che racconta il lavoro svolto insieme ad Alessia Rafanelli ci rendiamo conto di quanto questa vicenda abbia influenzato anche la sua esistenza, di come le storie dei bambini di Mirandola e Massa Finalese siano divenute parte integrante della sua quotidianità. Risulta anche evidente la frustrazione provata nel tentativo di dar voce alle vittime (solo tre dei bambini parleranno con lui per il podcast), che per la maggior parte risposero con un rifiuto ed una porta in faccia alle sue richieste di intervista.
Il documentario fa anche un ulteriore passo avanti, integrando nella narrazione l'impatto avuto sulla vicenda da quanto avvenuto più recentemente a Bibbiano, cercando di esplorarne i punti di contatto (particolarmente interessante il discorso relativo alla onlus Hansel e Gretel e al suo fondatore Claudio Foti, che per altro viene a più riprese intervistato) e le evidenti - e sconvolgenti - similitudini.
Pochi episodi per raccontare questa storia
Come potrete dedurre da quanto detto finora la docuserie di Hugo Berkeley tocca un gran numero di spunti e di temi, cercando di raccontare la vicenda dalla prospettiva più ampia possibile. Detto questo, però, l'impressione è che nel farlo si perdano molte delle sfumature e dei dettagli che avevano reso il podcast di Trincia così accattivante ed esauriente: per fare un esempio, nei cinque episodi di cui il documentario si compone viene dato poco spazo al ruolo - in realtà fondamentale - delle ginecologhe nelle accuse mosse ai genitori naturali delle vittime. Uno dei momenti più sconvolgenti del podcast era infatti quello in cui si esponevano e si smentivano le perizie fatte sui bambini, che invece confermavano la presenza di violenze sessuali. Trincia evidenziava quanto il lavoro fatto fosse lacunoso, soffermandosi molto sul contributo di una ginecologa in particolare che, in sede di processo, aveva addirittura affermato che l'imene di una delle bambine (che lei inizialmente aveva dichiarato fosse "scomparso" a causa delle violenze) fosse poi ricresciuto spontaneamente con l'arrivo delle prime mestruazioni. Una colossale assurdità dal punto di vista medico e scientifico.
Sembra quindi che sia mancato il tempo e lo spazio per approfondire certi elementi del caso e della vicenda giudiziaria, preferendo invece concentrarsi nel dar voce ai protagonisti di questa storia e nel riportare la loro prospettiva su quanto accaduto. Senza dubbio un'operazione molto apprezzabile, che rende il tutto particolarmente coinvolgente proprio perché fa parlare chi questa triste storia l'ha vissuta in prima persona (le interviste ai genitori allontanati dai propri figli sono qualcosa di veramente straziante) ma che da l'impressione di essere incompleta sotto certi aspetti. A visione ultimata ci chiediamo se uno o due episodi in più, magari dedicati proprio all'approfondimento della vicenda giudiziaria, non ci avrebbero fatto apprezzare ancora di più questa docuserie che, lo sottolineiamo, è già di per sé un prodotto estremamente valido. Avrebbero reso il tutto, a nostro parere, molto più chiaro per chi non è ancora passato attraverso l'ascolto del podcast.
Vorremmo saperne di più
La sensazione, ora che scorrono i titoli di coda dell'ultimo episodio, è la stessa che avevamo provato terminando il podcast: vorremmo saperne di più di una storia che sembra nascondere ancora numerosissime zone oscure, vorremmo che i genitori ingiustamente separati dai propri bambini ma anche le vittime collaterali della vicenda (non possiamo che ricordare padre Giorgio Govoni, ingiustamente diffamato e scomparso senza aver potuto riabilitare il suo nome) potessero finalmente trovare giustizia. La situazione è decisamente più complessa e difficile di quanto potrebbe sembrare, molte delle vittime, come dicevamo, si rifiutano infatti di credere alla teoria dei "falsi ricordi", e considerano il lavoro fatto da Trincia quasi una violenza perpetrata nei loro confronti.
La nostra speranza comunque è che, come accadde a suo tempo con Veleno, continuare a portare attenzione su questo caso possa aiutare a fare finalmente chiarezza sulla vicenda. Questa è una storia che non deve più essere dimenticata, ed è grazie a prodotti come questa serie che, continuando a ricordare e ad ascoltare più testimonianze possibile , tutte le vittime di quanto accaduto possono ottenere almeno un briciolo della giustizia che meritano.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Veleno sottolineando quanto si tratti di un prodotto estremamente valido. Questa docuserie scritta e diretta da Hugo Berkeley prende il via dal podcast e dal libro omonimo di Pablo Trincia per raccontare la vicenda dei “Diavoli della Bassa modenese” da un punto di vista più ampio, integrando anche le voci degli assistenti sociali e delle vittime (alcuni dei bambini allontanati dai genitori). Si sente però la mancanza di un maggiore approfondimento, uno e due episodi in più infatti non avrebbero guastato.
Perché ci piace
- L'ampia prospettiva da cui si è scelto di raccontare questa storia.
- L'ampio numero di voci che partecipano al documentario.
Cosa non va
- Due episodi in più non avrebbero guastato: alcuni punti meritavano un maggiore approfondimento.