Un viaggio al cloroformio
Esistono film belli e brutti. Limpidi o incomprensibili. Ed esistono anche I film irritanti: è il caso de L'intrus (L'intruso) di Claire Denis, che porta sul grande schermo un racconto autobiografico del filosofo Jean-Luc Nancy. La storia è quella del viaggio di Louis Trebos (un intenso Michel Subor), malato di cuore e in attesa di un trapianto cardiaco. Dopo essersi in qualche modo assicurato il trapianto, Louis vaga dalle montagne francesi in Svizzera, gira l'Europa e poi finisce in Asia, nei mari del sud, apparentemente alla ricerca di se stesso ma soprattutto per sistemare alcune cose importanti e convivere con il nuovo cuore (che è l'intruso del titolo).
L'irritazione deriva dall'assoluta autocompiacenza della regista, che si sofferma con gusto discutibile per interi minuti su particolari del tutto irrilevanti, inframezzandoli con inserti di camera a spalla e riprese panoramiche verso l'infinito. Il tragico è che il film dura oltre due ore, quando la reale storia poteva essere sviluppata in metà tempo e con poche pagine di sceneggiatura, anche perchè i dialoghi sono pochi.
Alcune scene, soprattutto quelle paesaggistiche e quelle girate con gli animali, sono certamente belle, anche perchè la Denis dimostra di avere notevole abilità per certe riprese; purtroppo rovina il tutto assestando sulla testa dello spettatore una bottiglia piena di cloroformio e indugiando troppo a lungo in ramificazioni del racconto che appaiono insignificanti. In altre occasioni ritmi lenti e riflessivi sono funzionali alla vicenda, qui invece appaiono solo come una pura forma di esibizionismo.
Il finale, incredibilmente, regala perfino un sussulto, ma non fa sobbalzare sulla sedia. Anche perchè a quel punto il problema è di essere ancora svegli.