Recensione Un'ultima risata: su Netflix una commedia che riflette sull’arte della risata

La recensione di Un'ultima risata, film originale di Netflix con protagonisti Chevy Chase e Richard Dreyfuss.

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Un'ultima risata: il cast e la troupe sul set

Un'ultima risata è un film originale di Netflix, scritto e diretto da Greg Pritikin. Racconta la storia di Al Hart (Chevy Chase) e Buddy Green (Richard Dreyfuss), rispettivamente un manager in pensione e il suo primo cliente, un comico che si è ritirato dalle scene cinque decenni or sono per diventare medico. Quando i due si ritrovano nelle stessa casa di riposo, Buddy convince Al a tornare in pista per un'ultima tournée, e inizia un viaggio durante il quale i vecchi amici saranno costretti a riflettere sul loro rapporto e sui rispettivi percorsi professionali...

Risate attempate

Nel 2016, alla Festa del Cinema di Roma, fu presentato il documentario The Last Laugh, un'analisi del potere della risata al giorno d'oggi a partire da una domanda che, negli ultimi anni, si è rivelata più fondamentale del previsto: i comici possono ridere di qualunque argomento? Dai licenziamenti di Roseanne Barr e James Gunn alla recente controversia su Kevin Hart, che ha rinunciato alla conduzione degli Oscar a causa di vecchi tweet contenenti battute omofobe, il rapporto tra comicità e offesa è diventato un argomento sempre più spinoso, al punto che un performer come Jerry Seinfeld, noto per un tipo di humour che non tocca temi scottanti, ha rinunciato alle esibizioni sui campus universitari perché il pubblico giovane di oggi è troppo sensibile persino dinanzi a osservazioni sulle calze spaiate in lavatrice. Nulla a che vedere con The Last Laugh versione 2019, un film di finzione disponibile su Netflix - titolo italiano Un'ultima risata - che parla sì di comici, ma con un'impostazione da dramedy crepuscolare, incentrato sulla terza età.

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Un'ultima risata: Richard Dreyfuss in una scena

Un'idea che di per sé avrebbe il potenziale giusto nel clima odierno, analizzando come una star del palcoscenico del tempo che fu (come dice il film stesso, Buddy era attivo quando esisteva ancora il programma televisivo di Ed Sullivan e il Tonight Show era presentato da Johnny Carson) possa adattarsi alla modernità, tra contenuti virali, l'esistenza di battute che per un motivo o l'altro non fanno più ridere e la presenza di piattaforme come Netflix come nuovo elemento importante di una carriera da comico, anche a livello internazionale: proprio in questi giorni il servizio di streaming ha lanciato la serie Comedians of the World, 47 episodi dove professionisti di tredici nazioni diverse si esibiscono per mezz'ora ciascuno. Ma di tutto questo nel film non vi è traccia, ed è lì che si manifesta, purtroppo, il parallelismo principale tra il lungometraggio e i suoi protagonisti: è un'opera fuori tempo massimo, che avrebbe potuto fare una figura abbastanza discreta al cinema dieci o vent'anni fa ma che nell'algoritmo di Netflix rimane un prodotto anonimo, senza particolari appigli contenutistici o mediatici per attirare l'attenzione del pubblico (d'altronde ci si può chiedere chi sia il target: siamo sicuri che l'utente medio del servizio abbia il bagaglio culturale "d'epoca" necessario per apprezzare le avventure on the road di Al e Buddy?).

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Dreyfuss e Chase, due interpreti per lo più sprecati

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Un'ultima risata: una scena con Chevy Chase

A Pritikin l'idea della comicità come forma d'arte sembra interessare poco, ed è soprattutto un escamotage per mettere in scena le disavventure di due vecchi amici in età avanzata. Ma lo fa senza alcun guizzo di creatività, passando da un luogo all'altro senza fermarsi a riflettere, che sia sul piano emotivo o potenzialmente satirico. Gli attori ci si mettono d'impegno, ma il materiale è talmente fiacco da arrivare quasi a nullificare i diversi livelli di lettura anche quando ci sono (l'esempio più lampante è all'inizio del film, quando Richard Dreyfuss scimmiotta Viale del tramonto dicendo, senza nessuna convinzione, "Io sono ancora grande, le battute sono diventate piccole!"). Tra questi livelli c'è proprio la scelta dei due protagonisti, tutt'altro che casuale poiché per entrambi si tratta del primo ruolo centrale in un film - per quanto non destinato alla sala - da molto tempo. Particolarmente simbolica poteva essere la presenza di Chevy Chase, per il quale un progetto simile avrebbe potuto acquisire la valenza di una (ennesima) redenzione carrieristica, una parte autoriflessiva tramite la quale tornare sui propri passi lungo un sentiero che lo stesso Chase ha più volte bruciato dal 1976 in poi. Invece, più che il suo personaggio, è proprio lui ad apparire stanco e svogliato, raggiungendo l'apice di quell'apatia professionale progressiva che lo ha caratterizzato negli ultimi anni. Forse un'ultima risata c'è, ma molto probabilmente è ai danni dello spettatore.

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2.0/5