L'anno vecchio si chiude all'insegna della fiction di Rai Uno e lascia in eredità al nuovo l'ultimo prodotto seriale del 2013, Un matrimonio, con Micaela Ramazzotti e Flavio Parenti, protagonisti in sei puntate dell'ultima fatica di Pupi Avati. In onda sulla rete ammiraglia in prima serata a partire da domenica 29 dicembre, racconta le vicende familiari tratte dall'album dei ricordi del regista.
Prodotta da Antonio Avati per Duea Film in collaborazione con Rai Fiction, come racconta il vice direttore Luca Milano assieme al direttore di Rai Uno Giancarlo Leone, la fiction mette in scena un cast vastissimo, che mette in scena le varie fasi dell'esistenza dei personaggi, dall'adolescenza alla vecchiaia, in un arco temporale lungo oltre mezzo secolo. Christian De Sica si cimenta in un ruolo drammatico nel ruolo di Pippo Dagnini, il padre di Flavio Parenti (Carlo), sposato a Mariella Valentini (Medea). I genitori di Francesca (Micaela Ramazzotti) sono interpretati invece da Andrea Roncato (Sisto) e Valeria Fabrizi (Rosalia).
Luca Milano: Il progetto risale a due anni fa e si colloca perfettamente nel Natale di Rai Uno, mentre Rai Due propone Una mamma imperfetta e Rai Tre lo speciale Un posto al sole. La storia parla di un amore capace di superare le tempeste della vita, raccontato dal primo incontro fino alle nozze d'oro dalla figlia dei due protagonisti.
Giancarlo Leone: Concludere il 2013 e iniziare il 2014 con Pupi Avati è l'augurio più bello che possiamo ricevere, perché è la prima volta che il maestro si cimenta in TV con un progetto così lungo, una storia dalla cifra stilista molto bella.
Quanto tempo ha richiesto il progetto?
Antonio Avati: L'impegno produttivo è durato più di un anno, è stato come girare sei film: non è la solita fiction di consumo, che si dimentica dopo una sola puntata.
Che tipo di famiglia racconta la fiction?
Pupi Avati: Non pensate che sia tutto carezze, abbracci e sorrisini. Io sono sposato da 49 anni e mi sento legittimato a parlare di matrimonio, che va riconsiderato come istituto di grande centralità nella società. Va giudicato, però, alla fine, come succede al ristorante: non puoi alzarti e andar via all'antipasto.
Una storia simile avrebbe funzionato al cinema?
Pupi Avati: Per durata e tematiche non ci avrebbero mai permesso di girarla. Senza drammatizzare né cercare grandi eventi, si racconta la verità di una storia accaduta a me, a mia moglie, ai miei genitori in una città di provincia dove gli avvenimenti epocali incidono in modo più relativo sulla quotidianità. Faccio un esempio: per mia mamma nella routine giornaliera ha avuto più importanza l'arrivo della lavatrice che l'allunaggio.
Pupi Avati: Micaela è diventata nostra madre. Si è presa sulle spalle gran parte del film perché eravamo esigenti nel compararla a lei. In 45 anni di cinema non ho mai visto nulla di simile.
Micaela Ramazzotti: Sono stati Pupi ed Antonio a darmi l'opportunità di innamorarmi di lei.
In cosa si somigliavano?
Pupi Avati: Sicuramente nell'energia, nel sorriso e nella fiducia nella provvidenza. A fine lavorazione tutti gli attori erano diventati i loro personaggi e ne sapevano più di me su mia zia Laura.
Una bella responsabilità...
Micaela Ramazzotti: Nessun regista mi ha mai detto una cosa del genere. Io sono davvero entrata nel matrimonio di Pupi Avati per sei mesi.
Chi è Francesca?
Micaela Ramazzotti: Una ragazza sempliciotta, all'inizio imbranata, figlia di un operaio e di una casalinga, che ha un grande sogno. Al fiume incontra un ragazzo e pensa: "Questo è mio e me lo prendo". E così diventa la padrona di una famiglia per più di 50 anni, con momenti memorabili e brutti, ai quali resiste con garbo. È una fiction sana che ce la vuole fare, un romanzo in sei puntate.
Quale sfida ha rappresentato?
Micaela Ramazzotti: Papa Francesco ha detto che per far durare un matrimonio occorrono tre parole: grazie, scusa e permesso. In questo lavoro ci sono, le ho sempre sentite. Ovviamente però far crescere un personaggio dai 18 agli 80 anni non è semplice, spesso avevo paura, abbracciavo Pupi, mi mettevo a piangere, eppure lui mi ha permesso di entrare e uscire da quelle epoche in maniera fluida, da capocantiere con la forza di un 23enne qual è.
Flavio Parenti: Mi ha permesso di avere più pazienza con la mia compagna e mi ha fatto capire che la vita di coppia è un lavoro. Prima, invece, avevo un approccio più usa e getta nei confronti delle mie emozioni. Oggi faccio un atto di fede, credo che quell'amore che c'era all'inizio prima o poi torna.
Pupi Avati: Bravo: questo è il senso della storia!
Valeria Fabrizi: Pupi ti plasma con delicatezza, ti suggerisce all'orecchio cosa vuole da te e vederlo con gli occhi lucidi a fine scena mi ha galvanizzato.
Andrea Roncato: Ogni Natale dico che vorrei in regalo un'ora di quando ero bambino ma grazie a questo film ho rivisto i miei nonni e i miei genitori e per la prima volta da anni ho ritrovato la mia famiglia, l'unico valore che non finirà mai.
Mariella Valentini: Io non ho marito né fidanzato ma questa fiction mi ha riportato alla mia famiglia d'origine. Medea mi ha toccato il cuore e Pupi mi ha regalato uno stato di beatitudine, sapevo avrebbe tirato fuori il meglio di me.
Questa fiction è un messaggio di speranza per la TV?
Pupi Avati: Io sono onnivoro e cerco di raggiungere il Paese in tutti i modi. La fiction viene guardata con diffidenza, invece dovremmo conquistare una fascia qualitativa di audience perché riesce a raccontare storie valide con un dispiego di forze notevoli. Se sul Lungotevere vedi tre camion allora stanno girando un film, se ne vedi quindici è una fiction! Le serate non si vincono con i numeri, ma con la qualità e molti colleghi che non stanno lavorando al cinema dovrebbero guardare alla fiction con più rispetto perché si arrivi a fare cose belle.
Pupi Avati: Mia moglie è un hard disk che raccoglie tutti i miei file, compresi quelli che ho dimenticato, il meglio e il peggio in tutte le età, quando ero disperato o allegrissimo. Vuole conservare un rapporto con la normalità che invece questo mestiere tende a travisare per farti vivere o un'autoillusione o una forma depressiva dell'essere. Di lei il giorno delle nozze sapevo poco, solo che era molto molto molto carina. Col tempo lo è diventata meno, ma acquistato più significato. Quando mi ha conosciuto io ero uno che suonava il jazz e vendeva i bastoncini di pesce, dicevo che sarei andato a lavorare e invece facevo Gli amici del bar Margherita, che non era un lavoro. Molti ragazzi che conosco oggi sono figli di coppie con problemi che si separano. Per loro ho grande rispetto se succede perché hanno sposato la persona sbagliata, ma a volte bisognerebbe riconsiderare la situazione e provare a tornare a casa per far partire un secondo matrimonio, ancora migliore del primo.