Ultima notte a Soho, la recensione: fascino e sangue nel film “too much” di Edgar Wright

La recensione di Ultima notte a Soho, presentato fuori concorso in anteprima al Festival di Venezia, un film atipico di Edgar Wright con protagoniste Thomasin McKenzie e Anya Taylor-Joy.

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Ultima notte a Soho: un primo piano di una terrorizzata Thomasin McKenzie

Staremo molto attenti nello scrivere la nostra recensione di Ultima notte a Soho, il nuovo film di Edgar Wright presentato in anteprima fuori concorso al Festival di Venezia 2021 e in arrivo nelle sale italiane dal 4 novembre 2021. Come richiesto dal regista, manterremo il massimo riserbo sulle svolte narrative del film, sia per rispetto verso un'opera che ci fa ritrovare quel gusto per l'intrattenimento pop da sempre marchio di fabbrica dell'autore inglese, particolarmente adatto per essere scoperto sul grande schermo, sia perché Ultima notte a Soho sfugge agli incasellamenti, si presenta attraverso un genere per poi cambiare e trasformarsi, alla pari dei personaggi principali, lungo il corso della vicenda. Non si era mai visto un Edgar Wright così attento alla cura dell'immagine e all'impianto estetico, e nemmeno si era visto così adulto e serio, nonostante sia comunque presente l'umorismo basato sui dialoghi a cui ci ha da sempre abituato. Con una forte dose di violenza, mistero e sangue, Ultima notte a Soho è un viaggio tra presente e passato che non lascia indifferenti. Nel bene e nel male.

Benvenuti a Londra

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Ultima notte a Soho: una scena con Thomasin McKenzie

Ellie è una giovane ragazza di campagna che sogna di diventare una stilista. Senza genitori a causa di un padre che l'ha abbandonata e una madre con problemi mentali che si è suicidata quando lei aveva sette anni e di cui ha continue visioni, la giovane vive con la nonna fino a quando le viene inviata una lettera con una notizia tanto attesa. Ellie deve trasferirsi a Londra per proseguire il suo sogno nel cassetto e studiare in una prestigiosa accademia. Si ritroverà in una città caotica e troppo grande per lei, che la riporterà in qualche maniera negli anni Sessanta, un decennio che la affascina da sempre. La vita di Ellie e quella di una giovane come lei di nome Sandie, aspirante cantante dei più celebri club londinesi, si intersecheranno. Ellie scoprirà l'amore e nuove relazioni, fino a quando il glamour di quegli anni non inizierà a nascondere qualcosa di più oscuro, pronto a tornare alla luce.

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Specchio riflesso

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Ultima notte a Soho: un primo piano di una terrorizzata Thomasin McKenzie

Lo si vede sin dal poster ufficiale: Ultima notte a Soho si divide in due metà, due attrici, due personaggi femminili, che in qualche modo si completano a vicenda, dialogano tra loro per formarne un'identità unica. Da un lato abbiamo Thomasin McKenzie nel ruolo di Ellie, capace di esprimere perfettamente l'ingenuità del personaggio, con un viso pulito e a tratti davvero infantile, da giovane ragazza ancora troppo distante dall'essere pienamente donna. Al contrario, Anya Taylor-Joy, grazie anche a un look capace di valorizzare la sua maturità, si rappresenta come il completo opposto. La sua Sandie è una diva di stampo classico, ammaliante e affascinante, perfettamente inserita nel contesto degli anni Sessanta. Curioso come le due attrici, che in qualche modo si compensano, riescano a risultare estremamente diverse e, allo stesso tempo, estremamente simili. Si viene a creare un corto circuito davvero piacevole che, unito alla regia virtuosa di Wright, viene valorizzato attraverso le immagini e il montaggio, da sempre elemento fondamentale per la buona riuscita del racconto da parte del regista inglese. Prendendo la lezione di Baby Driver - Il genio della fuga, dove musica e immagini funzionavano di pari passo, Wright sviluppa le proprie caratteristiche inserendosi nella tradizione del thriller, non rinunciando a quella dimensione pop particolarmente affascinante per il grande pubblico.

Un thriller post-moderno

Ultima notte a Soho è un thriller che richiama i grandi film di genere del passato, a partire dal più classico titolo hitchcockiano La donna che visse due volte, sino ad arrivare alle opere audaci e più memorabili di Dario Argento. Il direttore della fotografia Chung-hoon Chung, storico collaboratore del regista di Oldboy, riesce a ricreare le atmosfere più oniriche e colorate degli horror italiani più celebri come Suspiria e Inferno, separando nettamente la colorimetria tra la realtà londinese ambientata nella contemporaneità e le insegne, l'atmosfera e il look degli anni Sessanta passati. Attraverso vari riferimenti e qualche citazione, Ultima notte a Soho si presenta come un thriller a cavallo tra vecchio e nuovo, che sembra riassumere tutti i tòpoi narrativi del genere, risultando a tratti prevedibile (e questo è il prezzo da pagare per l'operazione messa in atto), ma risultando coinvolgente per la maggior parte della sua durata. Grazie all'utilizzo di una colonna sonora composta da brani celebri degli anni Sessanta, il film gioca sui contrasti e con lo spettatore, dando vita anche a veri e propri momenti di puro cinema estetico.

Ultima notte a Soho, Edgar Wright: "Ho raccontato il lato oscuro di Londra."

"Londra può essere un po' troppo"

Una battuta che viene ripetuta spesso nel corso del film, quasi a sottolineare lo smarrimento e lo spaesamento che una giovane ragazza di campagna è costretta a provare una volta giunta nella grande metropoli, è quella che dà il titolo a questo paragrafo. Ci sembra una frase su cui soffermarci perché, quasi come la stessa Londra, anche il film, soprattutto in una fase centrale, accumula sensazioni, storie e misteri che non sempre si equilibrano perfettamente. Poco prima del terzo atto il film risulta un po' ridondante, anche a livello stilistico, non dimostrandosi all'altezza della prima (bellissima) parte. Qui perde di vista il focus narrativo e di conseguenza, per un film basato molto sul valore del montaggio, ha un calo di ritmo che lo depotenzia. Aggiungendo idee non sempre perfettamente azzeccate (è il caso di alcuni momenti in cui la CGI si fa prepotente), Ultima notte a Soho indugia sul voler essere un semplice film d'intrattenimento di stampo thriller o qualcosa di più. Il finale, anche se un po' eccessivo, regala alcuni dei momenti migliori e liberatori del film. In questa mancanza di moderazione, in cui Wright sembra voler dimostrare di poter realizzare un film più adulto e violento dei suoi precedenti, si trova la stessa bellezza imperfetta della metropoli londinese: impossibile non notarne gli angoli più sporchi, ma necessaria per trasformare - e quindi evolvere - il nuovo arrivato.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Ultima notte a Soho possiamo ritenerci soddisfatti da questo thriller misterioso con due protagoniste perfette per la parte. Thomasin McKenzie e Anya Taylor-Joy sono una coppia affiatata, rese memorabili da una regia di Edgar Wright che si conferma ispirata, attenta al montaggio, al ritmo e all’estetica. Le criticità si trovano in una parte centrale un po’ ridondante, con una scrittura che tende ad aggiungere elementi narrativi che non sempre funzionano e rischiano di portare il film fuori dai propri limiti. Eppure, proprio in questa imperfezione si trova la forza di un’opera atipica per il regista inglese che, forse, aprirà una nuova fase della sua carriera.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Edgar Wright si dimostra un regista di talento, virtuoso, attento al ritmo del film e pieno di invenzioni visive in questo thriller post-moderno.
  • Le due attrici protagoniste, Thomasin McKenzie e Anya Taylor-Joy, rubano la scena dimostrandosi una coppia perfetta di grande valore.
  • La colonna sonora composta da celebri brani degli anni Sessanta è semplicemente irresistibile.

Cosa non va

  • La scrittura non è perfetta: la seconda metà del film presenta qualche ridondanza, anche a livello visivo, e non colpisce come la prima parte.
  • Soprattutto nel finale ci si lascia andare a qualche esagerazione di troppo.