Recensione Frost/Nixon - Il duello (2008)

Il "duello" con Frost è decisamente spettacolarizzato nonché inserito nell'ottica e nella struttura del thriller: il risultato è che la serrata pièce teatrale di Peter Morgan si trasforma in una pellicola solida e coinvolgente, che, più che indagare sullo scandalo del Watergate, ci induce a riflettere sul rapporto tra i media e il potere e sull'importanza della componente di showmanship nel giornalismo televisivo.

Tutte le scuse del Presidente

Uno scandalo politico che ancora pesa sulle coscienze degli americani che c'erano, e anche delle più giovani generazioni; un personaggio publico che ha segnato una lunga epoca dell'amministrazione USA, e un evento mediatico di incredibile rilevanza sociale e culturale, raccontato attraverso lo sguardo di un talentuoso drammaturgo inglese; alla regia, un timoniere a basso tasso di rischio, quel Ron Howard già vincitore di un (discutibile) Oscar per la regia per A Beautiful Mind. Tutto questo ha fatto di Frost/Nixon - Il duello uno dei film più attesi della scorsa annata cinematografica stelle e strisce, e un sicuro pretendente alle attenzioni dell'Academy of Motion Picture Arts and Science; se non sorprende che il film di Howard sia arrivato al traguardo delle cinque nomination all'Oscar, tutte pesanti, sorprende il fatto che ci sia arrivato come uno dei migliori elementi dell'aurea cinquina. Non sorprende che abbia incontrato le aspettative create, ma che le abbia trascese.

Il migliore film di Ron Howard apre introducendo parallelamente, con gran ritmo e sapienza, due mondi e due personaggi molto diversi: il trentasettesimo presidente degli Stati Uniti, dimessosi dal suo incarico dopo il disastro del Watergate senza chiedere scusa, graziato dall'amministrazione di Gerald Ford, pianifica con i suoi collaboratori quale sia il modo migliore di fare la sua grande rentrée. Dall'altra parte del mondo, un giovane, affascinante presentatore televisivo è in cerca di uno show esplosivo per conquistare il pubblico americano e rilanciare la sua carriera in un momento di pericoloso stallo. L'idea di un'intervista televisiva a Richard Nixon nasce quasi per caso, ma quando diventa evidente che per tutti e due i futuri "contendenti" la posta in gioco è molto alta, inizia una lunga preparazione che culmina con una sequenza tesissima di confronti.
Allo staff di Nixon, il pallido, debole inglesino sembra lo sparring partner ideale per il trionfo del dinosauro repubblicano, che intende cogliere l'occasione per rientrare nelle grazie degli elettori; ma David Frost dimostrerà di avere caratura morale e stoffa giornalistica sufficienti a spiazzare lo scaltro ex presidente e i suoi abili e potenti collaboratori.

Ai puristi del biopic, quello che hanno vituperato, tanto per fare un esempio, The Aviator di Martin Scorsese, non piacerà nemmeno questo Frost/Nixon: il Nixon di Frank Langella non è un ritratto, ma una (fantastica) interpretazione, una versione molto più carismatica e accattivante dell'untuoso e infido trentasettesimo presidente degli Stati Uniti d'America. E anche il "duello" con Frost è decisamente spettacolarizzato nonché inserito nell'ottica e nella struttura del thriller: il risultato è che la serrata, intelligente pièce teatrale di Peter Morgan si trasforma in una pellicola solida e coinvolgente, che, più che indagare su una pagina di storia e sullo scandalo del Watergate, ci induce a riflettere sul rapporto tra i media e il potere e sull'importanza della componente di showmanship nel giornalismo televisivo.
Notevole, in questo, la funzione delle interpretazioni del titanico Langella - un ruolo che vale una carriera per un veterano ingiustamente sottovalutato, che ha saputo reinventare Nixon donandogli sì un fascino inedito, ma non rinunciando a solcare la sua umanità di sfumature minacciose - e di un Michael Sheen sottile, nervoso, e quasi antieroico nella prima parte della pellicola, ma che probabilmente nella parte finale di è guadagnato l'assoluta approvazione del "vero" David Frost.

Movieplayer.it

4.0/5