"Quando ho iniziato a scrivere il film ho cercato di non pensare troppo al cinema degli altri. Sono comunque cose che ti porti dentro, e le visioni generali in un certo senso influiscono". Eccome se influiscono, aggiungiamo noi, perché Troppo azzurro di Filippo Barbagallo è uno dei migliori esordi del cinema italiano recente. Come scritto nella nostra recensione (la potete leggere qui), il film sembra rivedere la poetica di Massimo Troisi, di Carlo Verdone e di Nanni Moretti, mettendo al centro le (dis)avventure di un venticinquenne, interpretato sempre da Barbagallo, in bilico tra la comodità e l'inaspettato.
Classe 1985, Filippo Barbagallo si è diplomato alla Scuola Romana di Fotografia, lavorando come assistente alla regia di Paola Randi per Tito e gli Alieni e poi con Valerio Mastandrea per Ride. A proposito delle references, il regista racconta che "tra tutti i riferimenti, c'è Troisi, e il suo sguardo sulla timidezza. È un tratto importante la timidezza, che ti può mettere i bastoni tra le ruote. Troisi è un genio assoluto, inarrivabile".
Troppo azzurro, tra ironia e leggerezza
Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023, Troppo azzurro è sospeso tra ironia e leggerezza, senza mai essere troppo generazionale. Anzi. "Avevo 23 anni quando ho iniziato a pensare a questa storia", prosegue il regista. "Ci sono pensieri e preoccupazioni di una certa età. Un'età che dura parecchio, forse troppo. Il film è abbastanza autobiografico, ma la materia che abbiamo sotto mano mi ha permesso di scrivere qualcosa di più autentico". Il processo di scrittura, poi, si è rafforzato anche in base al personaggio di Dario, buffo e autentico "Non riesco a scrivere bene cose che ho chiare in testa. Conoscevo le sfumature del personaggio, ma il nocciolo della questione, tutt'ora, non credo di averlo capito".
Il motore di Troppo azzurro sono le protagoniste femminili, interpretate da Alice Benvenuti e Martina Gatti. "Alice e Martina sono il motore del personaggio, e sono due ragazze che hanno guadagnato molto nel trovare due attrici che l'hanno rese sfumate. E molto diverse tra loro". Nel cast anche un ottimo Brando Pacitto, che interpreta l'amico Sandro "Quella con Sandro era una relazione fondamentale per il film, e Brando è stata una fortuna. L'ho preso subito, e ora siamo amici", spiega Barbagallo.
Troppo azzurro, la recensione: l'esordio di Filippo Barbagallo è strepitoso
Roma, gli amici, la libertà di essere pigri
Come detto, Troppo azzurro è l'esordio alla regia di Filippo Barbagallo, tuttavia è stato co-autore del soggetto di serie SadBoi, dopo essersi diplomato al Centro Sperimentale. A proposito, Roma è protagonista silenziosa, e in qualche modo inaspettata nei suoi angoli e nei suoi colori meno inflazionati. "Ho cercato di stare attento alle location, volevo capire che spicchio trovare. Volevo trasmettere un'atmosfera dolce e rilassata", ci racconta l'autore, dicendoci poi come è stato avere Valerio Mastandrea nel cast. "Con Valerio ho lavorato come assistente alla regia per Ride. È una persona che mi mette a mio agio. Forse ha accettato perché ha sentito la mia paura per questo debutto!".
Paura, ma anche nevrosi, ansie e ossessioni di un venticinquenne che non vuole crescere, che si gode la pigrizia e la libertà di poter procrastinare. Perdendo consapevolmente quei treni che potrebbero far cambiare vita. Come sta avvenendo per Filippo Barbagallo, appena salito sul treno del (grande) cinema italiano. "Non ci ho ancora pensato seriamente", ci dice: "Vediamo come va, cosa ne pensano gli altri del film. Però devo dire che fare il regista mi piace. Non ci penso alla carriera. E non penso adesso che possa o non possa partire. Tanto nella vita te la devi cavare. In un modo o nell'altro".