Una maledizione, tre bambini, e una strana cicogna. Nella nostra recensione di Tre di Troppo, diretto da Fabio De Luigi, dobbiamo necessariamente partire da una delle note più interessanti della sceneggiatura: è un film che non si schiera. Sarebbe stato facile, eppure la scrittura evita inutili fazioni rendendo la commedia adatta ai grandi come ai piccoli, e poi apprezzabile (almeno su carta) sia da chi ha figli che da chi non li ha. Alla base, infatti, c'è il solito equivoco del caso (un retaggio che accompagna almeno l'80% delle commedie italiane) che diventa una sorta di "Cosa sarebbe successo sé".
Seguendo l'esempio delle if comedy di stampo americano (ci viene in mente The Family Man), Tre di Troppo gioca proprio con l'inaspettato condito da un pizzico di fantasy, mutando ben presto in un family move dalle vibrazioni positive, che come spesso accadono si inceppano in uno script che troppo spesso insegue la gag piuttosto che una maggiore coesione e una maggiore fluidità tra scene e scelte narrative presenti nella sceneggiatura firmata da Michele Abatantuono, Lara Prando e dallo stesso De Luigi. Ecco, al netto del suo sacrosanto compito (intrattenere), Tre di Troppo funziona nella misura in cui non ci si sofferma sul fattore comico, bensì su quello più emozionale, intimo, garbato e surreale. Insomma, le corde tipiche di Fabio De Luigi, che si ritaglia poi il ruolo di protagonista maschile, scegliendo al suo fianco Virginia Raffaele, che si (ri)avvicina alla recitazione dai tempi della serie Rai Come Quando Fuori Piove (era il 2018).
La maledizione della... cicogna!
Come detto, Tre di Troppo parte da un pretesto per poi generare le dinamiche che accompagnano la visione: i protagonisti sono Marco (Fabio De Luigi) e Giulia (Virginia Raffaele), lui barbiere lei capo commessa di un grande magazzino. Vestono alla moda, amano il ballo, si tengono in forma e sono costantemente avvolti da un'aurea snob. Più semplicemente, dividono il mondo in due: da una parte i genitori esauriti alle prese con i propri figli, e dall'altra quelli che non li hanno, liberi di godersi la vita. Marco e Giulia, infatti, si guardano bene dall'avere una prole al seguito, e anzi guardano con compassione quegli amici alle prese con pappe, pappette e improbabili feste di compleanno.
Proprio durante un compleanno - tra l'altro organizzato da loro! - la coppia cade in un'assurda maledizione: la mattina dopo, all'improvviso e senza spiegazione, la loro vita è totalmente stravolta. Come? Si svegliano con tre bellissimi bambini di 10, 9 e 6 (interpretati dai piccoli e bravi Greta Santi, Valerio Marzi, Francesco Quezada) anni che li chiamano... mamma e papà. Incredulità, spavento e un unico obiettivo per Marco e Giulia: liberarsene e tornare alla vita di prima. Naturalmente, come regola vuole, non sarà facile, e gli imprevisti finiscono per susseguirsi.
Fabio De Luigi e Virginia Raffaele ospiti da Fabio Fazio per presentare Tre di troppo
Troppe gag ma una grande intesa tra De Luigi e Raffaele
Ecco, gli imprevisti. Così come per l'equivoco, l'imprevisto è una delle colonne portati della nostra commedia contemporanea che, come dimostra Tre di Troppo, è ormai virata verso il film-per-tutta-la-famiglia. Il motivo? Si tenta di acchiappare un pubblico il più possibile ampio, quello tipico da visione rilassata. Tutto giusto, tutto consentito (ci mancherebbe), ma gli archetipi dell'equivoco e dell'imprevisto andrebbero comunque dosati, inseriti contestualmente nell'azione e nella messa in scena, senza che poi la stessa azione sia commentata da una costante colonna sonora che spiega le intenzioni.
Perché poi la qualità c'è, ci sarebbe: Tre di troppo funziona quando le intuizioni sono organiche alle svolte e all'evoluzione dei personaggi (la chicca della cicogna in stile coniglio di Donnie Darko è notevole!), e viceversa scivola quando si insegue spasmodicamente la risata facile (la gag del cane puzzolente non fa ridere mai, è decisamente fuori luogo e potrebbe anche trasmettere un messaggio superficiale) che, proprio per la sua fragilità strutturale, si perde e a volte sovrasta i buonissimi propositi. Buoni propositi che trovano forza principale nell'alchimia tra Fabio De Luigi e Virginia Raffaele, bravi a gigioneggiare quanto bravissimi nel trasporto emozionale ed empatico in relazione alla dimensione famigliare. Una dimensione, come detto, che non prende le parti di nessuno, ma anzi affronta con tatto, semplicità ed onestà uno degli argomenti più scivolosi che ci siano.
Conclusioni
Chiudendo la recensione di Tre di Troppo, continuiamo a rimarcare la forte alchimia tra Fabio De Luigi e Virginia Raffale, l'equilibrio tonale (non era facile) e un buon finale. Ottime intenzioni ed ottimi elementi, però offuscati da una costante ricerca della gag e della risata facile (che non arriva).
Perché ci piace
- Fabio De Luigi e Virginia Raffaele.
- C'è un certo equilibrio tematico, non era facile.
- I tre bambini protagonisti.
- La cicogna in stile Donnie Darko.
Cosa non va
- Si inseguono troppo la gag e la risata facile.
- Alcune gag, tra l'altro, non fanno ridere. E quella del cane puzzolente è decisamente fuori luogo.