Non è un mistero che nel mondo dell'intrattenimento occidentale gli zombie siano uno strumento narrativo efficace e quantomai attuale, sempre alla moda, seppur con alti e bassi, sin da quel 1968 in cui Romero li ha lanciati con La notte dei morti viventi e oggi ancor più in evidenza grazie al successo mondiale di una serie come The Walking Dead, che di anno in anno accresce la sua visibilità e bacino d'utenza e continua il suo ricco cammino televisivo senza una conclusione all'orizzonte.
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Quello che forse conosciamo un po' meno è la notorietà di questo mostro, del lento non morto romeriano, in oriente... almeno per quanto riguarda il grande schermo: perché l'abbiamo visto rappresentato in altri media, in alcuni manga e anime, sappiamo del successo di una serie di videogiochi come Resident Evil, ma stentiamo a ricordare esempi di questo filone provenienti dall'estremo oriente che abbiamo conquistato gli spettatori nostrani. Per questo ci siamo avvicinati a Train to Busan, una delle Midnight Screening di Cannes 2016, con grande curiosità.
Corri, zombie, corri!
Quello rappresentato da Yeon Sang-ho è un non morto diverso dall'immaginario classico fatto di movimenti lenti e trascinati accompagnati da lamenti famelici e braccia protese per ghermire prede spesso troppo veloci per loro. Gli zombie di Train to Busan si avvicinano maggiormente alla recente variante rapida che da 28 giorni dopo al remake de L'alba dei morti viventi si è affiancata a quella lenta e tradizionale. In particolare il regista coreano attinge ad un blockbuster degli ultimi anni come World War Z per mettere in scena il movimento di gruppo dei suoi zombi, che si spostano come uno sciame, a tratti anche artificialmente accelerati, travolgendosi l'un l'altro soprattutto nelle poche sequenze all'aperto che beneficiano di un respiro più ampio.
Quel treno per Busan
Perché per lo più l'azione del film si svolge all'interno di un treno, quello per Busan, che uno dei protagonisti, Seok-wu, prende insieme alla giovanissima figlia Su-An per accompagnarla dalla ex moglie. Una situazione che tende al claustrofobico e che ci ricorda quello di Resident Evil Zero, che aveva visto la luce su GameCube e che aveva, però, un approccio totalmente diverso. Qui la pericolosità degli spazi angusti, accompagnati alla rapidità da predatori degli zombie, non è mai completamente sfruttata, a causa della stupidità ed alcuni limiti percettivi dei mostri; piuttosto è sulla separazione in vagoni ed aree che si concentra il regista, richiamando in qualche modo, seppur con valenza molto meno marcata e approfondita, quella dello Snowpiercer di Bong Joon-ho.
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Veloce come un treno
Quella condotta da Yeon Sang-ho è una corsa, frenetica e inarrestabile, pari a quella del treno, lungo i binari di una storia che va dritta per la sua strada, muovendosi tra i vagoni del treno, facendosi strada tra zombie e spingendo sul pedale del ritmo e dell'azione a tutti i costi. Un dinamismo che non gli consente di approfondire i personaggi, pedine che si muovono secondo cliché e ingranaggi di un meccanismo che avrebbe funzionato meglio se spinto ancor più all'eccesso, se invece di cedere ad alcuni sentimentalismi finali avesse accelerato ulteriormente ritmo ed eccessi nelle trovate visive e negli scontri tra uomini e non morti, se avesse fatto dell'esagerazione e dell'autoironia una ulteriore arma. Senza limitarsi ad un intrattenimento che, in definitiva, si rivela innocuo e facilmente dimenticabile una volta esaurito il suo veloce percorso.
Movieplayer.it
3.0/5