Fin dai tempi di Ben-Hur, Spartacus e Il Gladiatore al cinema e di Roma e Spartacus in tv, il fascino degli spettatori per il peplum non si è mai spento. Non poteva quindi che creare attesa e chiacchiericcio intorno a sé la produzione internazionale di Peacock Those About To Die, la prima serie diretta dal Re dei disaster movie Roland Emmerich (Moonfall, Independence Day, Godzilla) con un cast tanto estero quanto italiano capitanato da Iwan Rheon e dalla nostra Gabriella Pession e impreziosito dalla presenza di Anthony Hopkins. Dopo essere stato girato a Cinecittà, il serial è disponibile su Prime Video in contemporanea con gli Stati Uniti, e la responsabilità che si porta dietro era molto alta: saranno riusciti a portare a casa un prodotto degno dell'illustre nome dell'Antica Roma?
Those About To Die: Gladiatori di Roma
Coloro che stanno per morire. Questo il titolo scelto per il dramma storico in 10 episodi, creato dal candidato all'Oscar Robert Rodat (Il patriota, Salvate il soldato Ryan) ispirandosi all'omonimo libro di Daniel P. Mannix, e non poteva che essere altrimenti: sono proprio i gladiatori, il loro sottobosco brutale e corrotto, la sabbia, il sangue, l'arena a farla da padroni durante la visione. La messa in scena patinata eppure ruvida di Roland Emmerich restituisce la crudeltà, la spettacolarità e il dolore di quei combattimenti, che dovevano necessariamente finire con la morte di una delle due parti e la liberazione di uno schiavo. Lotte attuate per il mero intrattenimento non solo dei patrizi e delle famiglie aristocratiche romane, oltre che dell'imperatore, ma anche della plebe, tenuta a bada nella propria irrequietezza dal cibo gratuito distribuito e dalle gare di bighe e tra guerrieri.
Il serial - che arrivati al finale appare chiaro come sia stato pensato come un progetto imponente diluito su più stagioni - vuole esplorare proprio questo aspetto: un mondo dove venivano messe in atto scommesse, corruzioni e piccole lotte di potere, specchio di quanto accadeva ai piani alti dell'Impero. Un periodo di grande tumulto quello successivo al 69 d.C., soprannominato non a caso "l'anno dei quattro imperatori", quando Servio Galba, Marco Salvio Otone, Aulo Vitellio e Flavio Vespasiano si contesero con le armi la successione a Nerone. Periodo in cui il Circo Massimo non bastava più per la spettacolarità e la grandezza richiesta dal popolo, portando alla costruzione del Colosseo. Lotte intestine e intrighi di palazzo (e di arena) in tutte le classi della catena alimentare imperiale e cittadina, che si propagano uno dopo l'altro lungo la scala sociale. Le gare nelle arene erano controllate da quattro corporazioni Patrizie: le fazioni Blu, Rossa, Bianca e Verde.
Un cast variegato e sorprendente
Proprio Vespasiano è interpretato nientemeno che da Sir Anthony Hopkins, a cui seguono nel nutrito gruppo di interpreti tanto italiani quanto internazionali: Iwan Rheon (Game of Thrones) come Tenax, Tom Hughes (The English, Victoria) nei panni di Tito Flaviano, Sara Martins (Non dirlo a nessuno, Delitti in Paradiso) nel ruolo di Cala e Jóhannes Haukur Jóhannesson (sempre Game of Thrones) in quello di Viggo. Jojo Macari (Sex Education) è Domiziano, Gabriella Pession è Antonia, Dimitri Leonidas (Rosewater, Renegades: Commando d'assalto) è Scorpus, mentre Emilio Sakraya (60 minuti, Rheingold, 4 Blocks) interpreta Xeno, Moe Hashim (Ted Lasso) Kwame e Rupert Penry Jones (Whitechapel- Crimini dal passato) diventa Marcus. Un ensemble variegato, dove spiccano sicuramente Iwan Rheon che riporta la follia di Ramsay Bolton del Trono di Spade e Gabriella Pession elegante e guardinga come Antonia, una delle poche donne di potere romane; sul carisma e il portamento di Hopkins non c'è nulla da aggiungere.
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Speranza e riscatto per gli schiavi
Quella di Those About to Die è una vicenda di speranza e di riscatto, di chi è al punto più basso della piramide e vuole risalirla il più possibile, come gli schiavi che sperano di diventare liberti. Ancora, è una vicenda che pone in risalto i sotterfugi messi in atto per il tornaconto personale. Non è in atto solo una lotta per la successione, ricordando House of the Dragon, ma anche una ricerca di indipendenza da parte dei sudditi dell'Impero più grande ed espanso della Storia. C'è una Roma come Gotham City, c'è la spettacolarità delle immagini come nello stile di Emmerich, c'è il fascino e la cura dei costumi, delle scenografie e dell'ambientazione storica, che solo gli Studios della Capitale potevano fornire.
Il paragone con Roma di HBO - tra l'altro a suo tempo co-prodotta con Rai e BBC, almeno durante la prima stagione - è sicuramente impari ma è altrettanto impossibile da non fare: qui si denota da subito un'eccessiva modernità nei dialoghi e nelle espressioni, nel voler raccontare l'oggi narrando le gesta più antiche come spesso capita nei period drama. Se Roma riusciva a mescolare i due elementi temporali, qui cadiamo nella retorica e nel classicismo, in un'interpretazione a volte impostata e a volte troppo distruttiva dei modelli di riferimento nel genere. Non c'è per fortuna il quasi totale irrealismo della serie di Starz, ma allo stesso tempo manca quel fascino senza tempo che la storia romana dovrebbe suscitare. Chissà che parlando del pubblico annoiato delle arene nell'Antica Roma, non volesse strizzare l'occhio a quello di oggi seduto comodamente sul divano, che si annoia subito e si accende solamente per qualcosa di truculento.
Conclusioni
Come spiegato nella recensione, Those About To Die ben racconta il periodo dei quattro imperatori, fatto di sanguinolenti tumulti e decisivi cambiamenti interni ed esterni. Un serial che mostra i muscoli attraverso il fascino della ricostruzione storica ma rimane ancorato ad una retorica stantia nelle interpretazioni e nei dialoghi, che a volte per contro divengono troppo moderni e colloquiali. Alcune performance degli interpreti spiccano su altre ed il risultato è un prodotto valido che però non riesce ad andare oltre creando non solo una propria identità ma anche un proprio carisma personale ed originale.
Perché ci piace
- Il fascino di Anthony Hopkins e il carisma di Iwan Rheon e Gabriella Pession.
- Le scenografie di Cinecittà e i costumi: sembra proprio di stare nell’Antica Roma.
- I sotterfugi e gli intrighi di palazzo…
Cosa non va
- …che però si rivelano figli di una trama classica e forse troppo intricata.
- Troppi personaggi e storyline a cui stare dietro.
- 10 episodi da un’ora: forse sarebbe bastato meno.
- C’è eccessiva modernità e allo stesso tempo retorica nei dialoghi e nella messa in scena.