6 maggio 2011: nelle sale statunitensi arriva Thor, quarto tassello di quel progetto ambizioso e intricato che è il Marvel Cinematic Universe. Un progetto che all'epoca era ancora visto come una curiosità e non come il franchise massiccio che conosciamo oggi: nonostante la Disney avesse comprato la Marvel nel 2009, i film di quella che adesso è nota come la Fase Uno erano distribuiti dalla Paramount, la cui vera priorità era la saga cinematografica dei Transformers. Mancava ancora un anno all'uscita del primo film collettivo degli Avengers, che avrebbe imposto gli eroi del MCU come icone durature sullo schermo. Ma prima di arrivare a quel punto era necessario introdurre i singoli eroi, e da quel punto di vista il lungometraggio dedicato al dio del tuono era forse il più rischioso, per tutta una serie di motivi che vanno oltre l'esistenza del progetto stesso.
Un lungo viaggio per arrivare al cinema
Come molti degli eroi del Marvel Cinematic Universe, colui che avremmo finalmente visto in Thor faceva parte di un pacchetto di personaggi che altri studios o non volevano o non sapevano usare, con la Casa delle Idee che recuperò i diritti proprio nel momento in cui pensava di mettersi a produrre i film senza cedere il controllo creativo a entità come la Sony, la Universal o la 20th Century Fox. Nello specifico, il primo a interessarsi seriamente al dio del tuono, già apparso in modo estremamente low budget in uno dei film TV legati alla serie L'incredibile Hulk, fu Sam Raimi, che voleva girarlo nei primi anni Novanta, dopo aver completato Darkman, e con l'aiuto di Stan Lee in persona propose la sua idea alla Fox, che però non ne voleva sapere. Si parlò poi di un film per il piccolo schermo, con Tyler Mane (Sabretooth nel primo X-Men) nei panni di Thor, e poi nuovamente del cinema, questa volta tramite la Sony che alla fine rinunciò al progetto dopo due anni di lavorazione. A quel punto la Marvel si alleò con la Paramount e iniziò la pianificazione del MCU vero e proprio, inaugurato nel 2008 con Iron Man.
Un eroe poco "terra terra"
Dopo l'esordio di Tony Stark toccò al ritorno in scena di Hulk, mentre in Iron Man 2 ci fu il debutto di Black Widow. Dopodiché gli ultimi due eroi con apparizioni vere e proprie sarebbero stati Thor e Captain America (Hawkeye, il sesto membro degli Avengers cinematografici, fu relegato a un cameo nel film dedicato al figlio di Odino). E se nei fumetti un abbinamento simile ha senso, per portarlo sullo schermo occorreva ragionarci su con criterio: a differenza di Stark, Bruce Banner e Steve Rogers, tutti eroi le cui capacità e/o armi sovrumane hanno origini scientifiche o tecnologiche, il Thor della Marvel è esplicitamente basato su quello della mitologia nordica, e quindi più attinente al fantasy, genere non particolarmente popolare al cinema in quegli anni al di fuori della saga di Harry Potter e dell'ormai conclusa trilogia del Signore degli anelli. A questo aggiungiamo elementi che, a prescindere dal genere, non avrebbero funzionato in ambito live-action, come la celebre parlata degli asgardiani, volutamente vetusta (imprescindibile, nella traduzione italiana, l'uso di "invero") e resa graficamente nei fumetti con un font pseudorunico.
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La soluzione fu duplice: da un lato, fornire una spiegazione minimamente plausibile per l'esistenza degli asgardiani, essenzialmente descritti come una specie aliena molto avanzata (come dice Thor a Jane Foster: "I tuoi antenati la chiamavano magia, voi la chiamate scienza. Io vengo da un mondo dove sono la stessa cosa"), nozione portata avanti anche nei sequel dove si chiarisce che, al netto di una notevole longevità, Odino e il suo popolo non sono propriamente immortali (un concetto che in realtà esiste anche nei miti norreni, dove le divinità possono uccidersi tra di loro); dall'altro, affidare la regia a Kenneth Branagh, che oltre a essere un fan della prima ora aveva anche non poca esperienza con il rendere accessibili per un pubblico più vasto le opere di Shakespeare, autore le cui tematiche hanno svariati punti in comune con la mitologia (tra le altre cose, Anthony Hopkins accettò la parte di Odino perché gli ricordava Re Lear). A Branagh dobbiamo la scelta di optare per un miscuglio di toni: generalmente solenne nelle sezioni ambientate su Asgard, più leggero sulla Terra, dove Thor è un pesce fuor d'acqua.
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La doppia nascita di un divo
L'altro elemento notevole e rischioso riguardava il casting: laddove gli altri film Marvel vantavano protagonisti e antagonisti di una certa fama (nonostante fosse ancora in fase di redenzione carrieristica, Robert Downey Jr. era tutt'altro che sconosciuto al pubblico americano), per Thor e Loki furono scelti due interpreti sostanzialmente ignoti, l'australiano Chris Hemsworth (il cui unico ruolo di rilievo in un film statunitense ai tempi era stato quello del padre di James T. Kirk in Star Trek), e l'inglese Tom Hiddleston, che aveva già lavorato con Branagh a teatro e in televisione. Due scelte poco convenzionali se si considera che all'epoca i supereroi in generale e la Marvel in particolare non erano ancora il genere dominante al botteghino, ma col senno di poi tra le più azzeccate: Hemsworth è attualmente l'unico dei protagonisti delle prime tre Fasi ad aver firmato per un quarto film tutto suo, in uscita il prossimo anno, mentre Hiddleston, prossimamente su Disney+ in Loki, è regolarmente menzionato come uno dei pochi attori davvero memorabili nei panni di un villain del MCU.
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L'inizio di un franchise variegato
Forse anche per la componente rischiosa e incerta dell'operazione, quello di Thor è diventato il sottogruppo di film più diversificato del MCU: a differenza dei lungometraggi di Iron Man e Captain America, che hanno avuto evoluzioni sostanzialmente coerenti sul piano narrativo e formale da un episodio all'altro, quelli del dio del tuono sono stati reiventati di volta in volta. Così siamo passati dall'epica intrisa di humour di Branagh al tentativo maldestro di realizzare un fantasy più "sporco" con Thor: The Dark World, per poi arrivare all'avventura colorata e folle stile anni Ottanta di Thor: Ragnarok. E nel 2022 toccherà a Thor: Love and Thunder, che il regista Taika Waititi, già dietro la macchina da presa per il terzo episodio, ha descritto come un film romantico. E pensare che tutto ebbe inizio con un martello rinvenuto nel bel mezzo del New Mexico...