The Witcher 3, la recensione degli episodi finali: l'addio al Geralt di Henry Cavill convince solo a metà

La recensione della seconda parte della terza stagione di The Witcher, tre episodi conclusivi dell'ultimo arco narrativo della serie con protagonista Henry Cavill, che saluta definitivamente il progetto con tanta energia action unita a un narrazione disfunzionale.

The Witcher 3, la recensione degli episodi finali: l'addio al Geralt di Henry Cavill convince solo a metà

A un mese di distanza da The Witcher 3 - Parte 1 (qui la nostra recensione), arriva su Netflix la seconda e ultima tranche di episodi dedicati all'ultima stagione della serie con protagonista Henry Cavill nei panni di Geralt di Rivia. Appena tre puntate per dare un addio definitivo al protagonista, che ricordiamo verrà sostituito da Liam Hemsworth nello stesso ruolo, in uno dei recasting più dibattuti e controversi che si ricordino nella recente storia dello streaming.

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The Witcher 3: un'immagine dal trailer della nuova stagione

Sappiamo come l'interesse principale dei fan (e dei curiosi) verta principalmente sulla possibilità di vedere già adesso, nell'ottavo episodio di The Witcher 3, la sostituzione di Cavill, ma non saremo noi a rivelarvelo, soprattutto perché questo trittico finale non ci è sembrato in alcun modo votato al commiato e, anzi, aperto a una prosecuzione più che promettente per quanto fisiologicamente diversa. La fine di un vecchio capitolo e l'inizio di uno nuovo, il tutto condensato in tre episodi che sono uno più diverso dall'altro, con scopi differenti e focus specifici per azione, narrazione e struttura, rendendo questa seconda parte insieme energica e trascinante ma anche disfunzionale e inaspettata, in particolar modo nel suo finale stagionale vero e proprio.

Il prezzo del caos

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The Witcher 3: Freya Allan e Anya Chalotra in una scena

Dato il cliffhanger con cui si chiudeva la prima parte, la trama riprende da quell'esatto momento. Siamo ancora ad Aretuza ed è in corso il concilio dei maghi del Continente, ma accade qualcosa d'imprevisto che accende la miccia di una nuova trasformazione dell'universo di The Witcher, innescando una reazione a catena che porterà a un grande dissesto del già fragile status quo del Continente. Dicevamo della netta distinzione tra un episodio e l'altro, dove il sesto tira le fila del racconto precedentemente introdotto, arrivando a una sorta di showdown nella cittadella degli stregoni che è quanto di più "elettrizzante" visto nel corso di questa stagione. In senso narrativo funziona a singhiozzo, specie perché i punti di vista da seguire sono molti e le risposte da dare altrettante. Questo rende a tratti confusionario l'episodio, che dimentica spesso le regole del buon montaggio per velocizzare i tempi d'impresa e arrivare al sodo dell'intreccio e dell'azione, conseguenze annesse. È qui che The Witcher 3 - Parte 2 gioca uno dei momenti più attesi dai fan dei romanzi di Andrzej Sapkowski e della saga videoludica, uno scontro tra il protagonista e colui che si rivela essere la minaccia nascosta dietro Rience e gli esperimenti nel castello redaniano.

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The Witcher 3: Freya Allan in una scena

Il combattimento è coreografato e diretto con maestria, esaltante e di grande impatto, così come buona sostanza dello showdown ad Aretuza, dove le armi bianche degli invasori incrociano il caos degli stregoni, dando vita a un faccia a faccia tra fazioni finora più epico della serie, nonostante non riesce mai veramente a dirsi completo, vuoi per l'editing del montaggio o per quello spesso superficiale del suono. Si passa poi al settimo episodio, principalmente incentrato su Ciri (Freya Allan) e una particolare crisi esistenziale, identitaria e di coscienza dopo un fondamentale evento alla fine della puntata precedente. Questa crisi si concretizza in un approfondimento forzoso della psiche frammentata della Leoncina di Cintra, scortando lo spettatore verso l'Arco della Banda dei Ratti ma entrando soprattutto nel vivo dell'Arco della Finta Ciri, guardando in particolar modo al fronte di Nilfgaard e della Fiamma Bianca. Al contempo, l'episodio entra in una delle fasi più delicate della vita di Geralt, mai così sconfitto e affranto nel suo lungo percorso da Witcher.

The Witcher 3: il cast dice addio a Henry Cavill sul red carpet della première

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The Witcher 3: Anya Chalotra in una scena

Al netto d'immagini evocative e sempre in bilico tra sogno e realtà, il cuore di questa seconda metà di stagione tende ad avere un respiro narrativo più compassato, adatto all'introspezione di Ciri - con una Freya Allan davvero molto brava - ma poco adeguato a sorreggere qualità e contenuti delle restanti storyline, che infatti appaiono più segmentate e in fase di passaggio. C'è mordente ma l'episodio appare leggermente ridondante, comunque migliore dell'ottavo, che è anche il più lungo della Parte 2 e quello che recupera in toto la struttura da dramma fantasy in costume che già predominava nella Parte 1. Il finale predilige intrighi di corte e contraccolpi politici, sociali e relazionali riavutisi nel Continente dopo i fatti di Aretuza. Grande attenzione a un plot twist in Redania e a una delicata alleanza che trova disastrosa chiusura a Nilfgaard, mentre non manca un focus più ridotto su Ciri, volutamente contrapposto a una macchinazione regala all'altro capo del mondo. In tutto questo, Geralt è "paziente" in svariati sensi del termini, costretto a riprendersi e per questo bloccato nelle azioni che vorrebbe compiere, soprattutto con riguardo alle amate Yennefer (Anya Chalotra) e Cirilla, dove la prima è impegnata nel merito ad Aretuza per aiutare Tissaia (MyAnna Buring) nella difficile fase post-Concilio.

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The Witcher 3: una foto di scena

Quando lotta ed esprime al massimo le sue doti con l'arma bianca, il Geralt di Cavill non conosce rivali sul piccolo schermo, difficilmente eguagliabile nella fisicità dei movimenti e nella bellezza delle coreografia e dei punti ripresa. Fosse stata sempre così, la serie, rispettando anche il canone gore e più violento dei romanzi, a quest'ora ne staremmo parlando con tutt'altro spirito. Purtroppo le scelte narrative - con problemi adesso evidenti - hanno portato a un addio che non è in verità un addio, perché non si percepisce il peso drammatico della stessa. Non c'è davvero rispetto per questa decisione, né da parte del protagonista né da parte della produzione, trasmettendo invece un senso di serenità nei confronti dell'audience e del lavoro svolto che ha dell'incredibile. Semplicemente, dalla quarta stagione il volto di Geralt sarà diverso, le sue movenze anche, la sua recitazione pure. Va accettato e basta, digerito con tranquillità. Possiamo solo lanciare una moneta al nostro Witcher, ormai di spalle e pronto a incamminarsi verso un percorso che segnerà il cambiamento più radicale della serie finora, nella speranza si possa recuperare anche solo un briciolo del fascino oscuro e decadente della saga letteraria, così come la grandiosità dei videogiochi.

Conclusioni

The Witcher 3 si conclude con una seconda parte che conferma più o meno tutte le qualità e i dubbi della prima. Tre episodi finali che, al netto di una fisiologica continuità del racconto, divergono per peso e struttura, uno più action e con un senso di epica non rigoroso ma adeguato, uno introspettivo un altro più denso di contenuti ma poco equilibrato. Un addio al Geralt di Cavill che ci aspettavamo potesse regalare più sorprese ed emozioni.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Lo showdown ad Aretuza è l'apice dell'intera stagione.
  • La regia dell'azione è drasticamente superiore al resto, specie se c'è Geralt di mezzo.
  • Freya Allan mai così brava e credibile nel ruolo di Ciri.

Cosa non va

  • Si conferma una perdita quasi totale delle vibrazioni gore e orrorifiche in favore di un fantasy in costume.
  • Diffusi inciampi tra montaggio e sonoro.
  • Speravamo in un saluto differente ad Henry Cavill.