Come scritto anche su queste pagine, The Whale di Darren Aronosfky è un'esperienza fisica oltre che cinematografica. Chiuso in un claustrofobico formato 4:3 e interamente ambientato in un piccolo appartamento, il film vuole rappresentare concettualmente le difficoltà del protagonista Charlie (Brendan Fraser), un professore universitario di oltre 250 chili. L'obiettivo è trascinare lo spettatore fin dentro il corpo dell'uomo e sperimentare con lui tutta una gamma di sentimenti e sensazioni di grande potenza emotiva ed espressiva, dal disgusto degli altri e per se stesso a un profondo senso di fine, tra perdita e depressione.
È un dramma nel senso più puro e insieme comune del termine, dove la riflessione esistenzialista e la sfera intima di Charlie hanno controllo e sopravvento sulla storia, tragica, dolorosa e toccante. Il filo conduttore del film resta però un saggio dedicato a Moby Dick di Herman Melville, elemento più importante del racconto sia sul piano interpretativo che drammaturgico attorno a cui è infatti costruito l'ultimo e struggente confronto tra l'uomo e la figlia Ellie (Sadie Sink). Ci si arriva per gradi e non senza sorprese, ed è lo stesso metodo d'approfondimento che useremo in queste righe.
Il peso di una vita
L'obiettivo del dramma è quello del pathos. Ancora meglio, poi, se attraverso lo stesso si è in grado di arrivare a una catarsi del protagonista, letteralmente una purificazione. Per Charlie significa confrontarsi con la responsabilità delle sue decisioni, accettare le sue debolezze e tentare di ricucire una trama genitoriale abbandonata da anni. Il corpo del personaggio interpretato da un magnifico Brendan Fraser è specchio del suo dolore e dei suoi rimorsi, ingigantitisi nel tempo e ingurgitati per non essere visibili, a distruggere l'uomo da dentro e ricordargli costantemente il peso della sua esistenza. Una pena auto-inflitta per rifuggire sofferenza e disagio e insieme causarsene sempre di più, consapevole del male ma incapace di sottrarvisi, guidato solo da tormenti e sensi di colpa. Innamorato di un suo studente senior, Charlie ha infatti abbandonato la moglie ed Ellie per convivere con Alan fino alla morte per suicidio di quest'ultimo.
Un evento cataclismatico nella vita del protagonista, che piomba infatti in una depressione senza uscita dove trova conforto e flagellazione solo nel cibo, scegliendo di uccidersi lentamente. Con lui soltanto l'amica Liz (Hong Chau) - infermiera e sorella di Alan -, finché un giorno il cuore comincia definitivamente a cedere e Charlie decide di recuperare il recuperabile con Ellie. Nel mentre, la religione che aveva precedentemente vessato Alan torna nella sua vita - e con una certa prepotenza - nei panni di Thomas (Ty Simpkins), giovane e pacato membro della Chiesa della Nuova Vita che dà il preciso contraltare al carattere scontroso e arrogante di Ellie.
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Lupi per agnelli e viceversa
Charlie sottolinea sin da principio l'importanza dell'onestà. Le analisi migliori così come le migliori storie nascono dalla sincerità, dalla fedeltà in se stessi e in ciò che si è o si è diventati. Paradossale come proprio il protagonista dica questo nascondendo il volto agli alunni, vergognandosi del suo aspetto e proprio di ciò che è diventato, che in un piano di lettura più profondo rappresenta anche l'incapacità di accettarsi e accettare dolore e sbagli. Il corpo di Charlie è una gabbia in cui ha scelto lui stesso di chiudersi, tanto per disperazione quanto per paura, gettando via la chiave e mentendo addirittura a Liz sulla sua situazione economica per non farsi curare né visitare. È con l'onestà, dicevamo, che i racconti possono trovare una svolta vera e positiva, ma per farlo è necessario togliersi la maschera e mostrarsi per ciò che si è realmente. Dietro alle sue parole così confortanti e alla sua apparente accettazione del diverso e disagiato, Thomas è ad esempio un bugiardo, fanatico e omofobo. Ovviamente rappresenta da solo il deprecabile ristagno del pensiero religioso che si cela dietro a una facciata perbenista e caritatevole, finché questo velo non cade e tutto si rivela.
L'agnello è in verità un lupo che, pure se disgustato da Charlie, vuole aiutarlo per opportunismo, per ritrovare la fede e dimostrare alla famiglia la forze delle sue fondamenta spirituali nonostante - per i loro precetti - sia un peccatore. Al contrario, Ellie è priva di qualsiasi filtro anche a costo di risultare fuori luogo, invadente, addirittura cattiva. Offende Charlie e non dimostra pena né affetto, cercando di mantenere quanto più possibile le distanze emotive con lui: perché sembra odiarlo per averla abbandonata e incapace di perdonarlo per questo. Persino Mary (Samantha Morton) - la madre - la giudica malvagia e priva di empatia, ma non Charlie. No. Lui la ritiene "perfetta". Perché anche quella di Ellie è una facciata, e l'odio in qualche modo è una diversa faccia della stessa medaglia, che è quella dell'amore.
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Ahab e la Balena
Il saggio su Moby Dick è per Charlie espressione stessa di onestà. Ogni volta che lo rilegge o lo cita non c'è però niente di così sorprendente da sottolineare, se non la sua magniloquente semplicità. Per lui è però "il miglior saggio che abbia mai letto", e nel corso del film impariamo a capire che è così proprio a causa della sua semplicità, che è piuttosto sincerità, che per Charlie si identifica in umanità. Questo perché, in quelle poche righe, l'autore ha saputo condensare non solo le intenzioni letterarie, personali e sentimentali di Melville, ma si è aperto a un confronto attivo con lo stesso, riversando la propria esperienza nel saggio e arrivando a una conclusione più intima che analitica. Quella stessa chiusura che noi spettatori ascoltiamo solo una volta nello splendido finale, quando un Charlie ormai morente rivela che a scrivere il saggio era stata Ellie in terza media, e che quelle parole non parlavano solo di Ahab e della Balena Bianca, ma di lui e della figlia.
Con la sua personalità così forte e intelligente e il suo animo ferito, monco di una parte affettiva fondamentale, Ellie è il capitano Ahab, ossessionata dalla Balena Bianca che "l'aveva menomata" e decisa a liberarsene. Charlie è invece Moby Dick, un animale che non comprende i motivi di tanto odio da parte del capitano avendo agito per natura ("ho scelto l'amore", dice il protagonista) e quindi per difesa. L'ossessione non trova però conclusione, in The Whale, perché quella - appunto - era solo la maschera di Ellie dietro a cui nascondeva i suoi reali sentimenti per Charlie. In punto di morte, l'uomo chiede alla figlia di leggere il saggio e nel mentre fa uno sforzo titanico ergendosi in tutta la sua stazza davanti a lei. Un gigantesco animale.
Lo fa perché quello era stato in precedenza il desiderio della figlia, per fare ammenda e dimostrarle tutto il suo amore. Si avvicina e la fissa con gli occhi gonfi di lacrime, il respiro affannato, il cuore che sta per cedere. Legge Ellie: "I capitoli digressivi e noiosi sulle balene mi rendevano ancora più malinconica, perché ero consapevole che l'autore voleva distrarci dalla sua triste storia, anche solo per un po'". Una luce penetrante illumina la scena e Charlie fa l'ultimo passo verso Ellie, immaginando di immerge i piedi nel mare, tornando indietro a quella che era stata per lui una delle giornate più belle passate con la figlia. Lei si avvicina e conclude: "Questo libro mi ha fatto pensare alla mia vita e poi mi ha fatto essere felice per mio...". Si interrompe, alza lo sguardo a Charlie e sembra volerlo sussurrare ma non lo dice: "... padre".
Il saggio definisce l'amore di una figlia ferita per un padre assente, nonostante tutto. In quello scritto c'è la vera Ellie, quella incapace di fregarsene delle persone, che anche comportandosi male alla fine vuole solo agire bene. La perfezione esaltata da Charlie in un testo onesto al di là di ogni possibile emozione contrastante. In una crescendo musicale straziante, infine, il protagonista muore ma è come se si fosse liberato di quel peso fisico e psicologico che lo ancorava a terra, più leggero che mai e pronto a volare via. In definitiva, un sincero pathos conduce a una potente catarsi nel momento di massima rivelazione e confronto decisivo. È il dramma che perfeziona se stesso.
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