L'abbiamo talmente tanto aspettato questo Negan, che ora facciamo francamente un po' fatica a capire alcune critiche che arrivano da oltreoceano a questo quarto episodio, e più in generale a questa settima stagione di The Walking Dead. Della premiere abbiamo già discusso abbondantemente (e chi scrive si è preso tante critiche e tanti insulti pur essendo stato comunque molto meno severo e cattivo di quasi tutta la stampa USA), e sicuramente i due episodi successivi (pur interessanti), lontani da Rick e dalla storyline principale, non hanno trovato il favore di chi normalmente ritiene The Walking Dead troppo lento e non sufficientemente denso di accadimenti importanti.
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Ma mai come in questo momento della storia di Rick e degli altri superstiti di Alexandria era assolutamente necessario, oltre che auspicabile, un episodio come questo Al tuo servizio (Service): perché è vero che della netta superiorità di Negan rispetto al gruppo di Rick si era già detto e capito nelle settimane precedenti, ma era importante (di)mostrare l'effetto che questo ha avuto proprio su tutto il gruppo. E in particolare su Rick. Era importante capire che, per la prima volta da quando conosciamo Rick Grimes, non c'è più la volontà di combattere ma solo di proteggere, di evitare che ci siano altri morti e che quel peso sulla sua coscienza si faccia sempre più greve. Ed era anche importante non correre, ma fare in modo che Negan diventasse, come sta succedendo, ben più che un semplice villain, ma un vero e proprio protagonista a tutti gli effetti.
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Dalle 22:15 diretta streaming dalla redazione per commentare insieme l'episodio
"Porcellino, porcellino, fammi entrare"
L'arrivo di Negan ad Alexandria - con una scena di fatto identica a quella del fumetto, come d'altronde gran parte, ma non tutto, l'episodio - è un momento fondamentale per la serie, perché sposta definitivamente gli equilibri e cancella una volta per tutte quell'idea che nonostante tutto, anche in questo mondo terribile e senza regole, possa esistere una sorta di santuario, un luogo dove sentirsi al sicuro e a casa. Quando il lupo cattivo bussa al cancello e Rick e gli altri sono costretti a farlo entrare insieme al suo esercito, Rick conferma a Negan, ai suoi amici e compagni e a tutti noi spettatori di non essere più il leader di una volta. Cosa che in effetti ribadirà poco dopo davanti all'intera città, ma che era evidente fin dall'inizio dell'episodio.
Come testimonia anche la videocamera utilizzata da Deanna nella stagione precedente, quel Rick coraggioso e pronto a tutto non esiste più. Forse è morto insieme a Glenn ed Abraham, forse è pronto a ritornare in un futuro prossimo, ma per il momento non ve ne è traccia. E non è un caso che siano i suoi amici più leali, a turno, a cercare di fare le sue veci e portare almeno un po' di speranza e riscatto nel gruppo: ci prova Carl con la sua solita testa calda; ci riesce Padre Gabriel con una menzogna che non solo salva la vita a Maggie ma lascia anche uno spiraglio per potenziali alleanze future; vorrebbe farlo Michonne combattendo ma preferisce piuttosto continuare a fidarsi del suo compagno. Lo faranno probabilmente, a modo loro, Rosita ed Eugene ripartendo proprio da quello che è stato portato via: armi e munizioni.
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Il leader che non c'è più
Se, per chi ha già letto i fumetti, in questo momento potrebbe sembrare essere fin troppo facile indovinare il prosieguo della storia, è vero che gli autori dello show sono sufficientemente bravi ad inserire piccoli e grandi cambiamenti in grado di destabilizzare tutti: fino a questo momento la differenza più evidente è la presenza di Daryl insieme ai Salvatori, ma è in realtà il bel discorso finale di Rick a Michonne - con tanto di menzione a Shane e, per la prima volta, alla verità su Judith - a sorprendere, perché (contrariamente a quanto avviene nel fumetto) sembra davvero non lasciare più alcuna speranza in Rick, nessun dubbio su quale sia la strada da tenere pur di sopravvivere.
Il che potrà non piacere a tutti, perché un Rick più coraggioso, anche più avventato, il leader che ha sempre un piano è quello a cui siamo abituati è in fondo quello che ci aspettiamo da qualsiasi serie. Ma è anche vero che il non mettere da parte Judith o le responsabilità di cui il protagonista si è fatto carico - verso la sua famiglia e verso l'intera comunità che da lui si aspetta di essere guidato - è una scelta assolutamente coerente con quanto mostratoci finora. Dovesse decidere di continuare così per questa strada lo showrunner Scott M. Gimple, magari abbandonando (temporaneamente) Rick e affidando la "rivolta" ad altri, si tratterebbe di una scelta solo da ammirare.
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Un Negan troppo affascinante o un episodio inutilmente lungo?
Come già detto fatichiamo, quindi, a capire il perché delle eccessive (e a nostro parere ingiustificate) critiche a questo quarto episodio che, al contrario di quello che potrebbe sembrare, non è interlocutorio o di passaggio, ma parte integrante di quello che sarà (almeno per un po') il "nuovo" The Walking Dead. Perché con l'arrivo di Negan è evidente (ma doveva esserlo già prima) che qualcosa di significativo è cambiato: perché ora i nostri non dovranno soltanto imparare a sopravvivere, ma a sopportare. Non combattere alla pari, ma subire. E, nel caso fosse davvero necessario, la totale mancanza di armi nel prossimo futuro serve a ribadire questo concetto fondamentale: ora dipendono da Negan e dai suoi "servizi".
Era però davvero necessario un episodio più lungo del solito? Probabilmente no, ma il fatto che non ci siano veri sussulti e che per tutta la sua durata venga sempre e solo evidenziata la superiorità di Negan e l'impossibilità di ribellarsi è parte integrante di quello che deve essere in questo momento la serie... fino agli eventuali e inevitabili cambiamenti. Ma serve un episodio del genere per sottolineare ancora una volta l'assoluta novità introdotta con questa stagione: la totale mancanza di controllo e di speranza. Andiamo pure indietro con i ricordi alle sei stagioni precedenti e non troveremo mai nemmeno un episodio in cui non ci fosse un piano, uno scopo o un traguardo da raggiungere. Oggi in questo The Walking Dead non c'è nulla del genere. Tutto sembra essere sfuggito di mano a Rick, anche quello che è stato faticosamente e sanguinosamente conquistato negli episodi precedenti. Tanti sacrifici che non hanno portato a nulla.
E tutto questo si deve grazie all'inserimento di un unico grande personaggio: eccessivo, a volte al limite della macchietta, ma anche un personaggio che grazie alla sola presenza cambia una scena, cambia un episodio e cambia, come abbiamo detto, una serie intera. Se Jeffrey Dean Morgan sembrava aver davvero convinto tutti, oggi sembra avere un po' meno sostenitori così come il suo personaggio da cui alcuni sembravano aspettarsi molto di più. C'è davvero di più dietro questo Negan? Ovviamente sì, ma va anche detto che quello che abbiamo visto finora è Negan al 100%, esattamente quanto lo è stato nei fumetti nei primi albi seguiti alla sua apparizione. Forse il suo interprete è sì fin troppo bello e affascinante, e il suo sorriso è un po' troppo caldo e rassicurante, ma questo non toglie che quella gioiosa cattiveria, quel senso di reale onnipotenza e quel linguaggio così colorito e unico (per quanto in parte censurato nella versione televisiva) lo renda un personaggio come se ne vedono raramente in giro. La prossima settimana vedremo se ci sarà qualcuno in grado di tenergli testa, e soprattutto torneremo a Hilltop e scopriremo lo stato di salute di Maggie.
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Movieplayer.it
3.5/5