Le immagini di Jude Law in costume da bagno, che sfila tra delle ragazze che giocano a pallavolo, lanciato come primo trailer di The New Pope, hanno fatto il giro delle tivù e del web, e sono state anche oggetto di parodie. La sequenza onirica è solo un piccolo assaggio del carattere visionario di The New Pope, la nuova serie tv firmata da Paolo Sorrentino, dal 10 gennaio in esclusiva su Sky Atlantic e NOW TV. "Non sono interessato a fare qualcosa che sia provocatorio, non voglio essere irriverente, non voglio essere trasgressivo" ci ha spiegato Paolo Sorrentino nell'intervista che ha concesso in occasione della presentazione della serie che segue The Young Pope, del 2016.
Per qualcuno, poco avvezzo al cinema di Sorrentino, probabilmente la serie sarà irriverente e trasgressiva. In realtà, è il racconto di un Vaticano che nessuno di noi può dire di conoscere, filtrato dalla grande immaginazione del regista premio Oscar. The New Pope è, ancora una volta, un racconto pieno di umanità, che ci parla del diritto di un Papa ad essere fragile, ma in fondo di ognuno di noi. Ma anche del nostro rapporto con la fede e con Dio.
In The New Pope - la serie originale Sky prodotta da The Apartment - Wildside, parte di Fremantle - Sorrentino è attento all'attualità e alle sensualità: parla di una Chiesa che apre le sue porte ai migranti e affronta due tabù che sembravano impossibili da trattare, come il sesso e un possibile attentato al Vaticano come simbolo del Cristianesimo. Sono scelte coraggiose, che fanno della nuova serie di Sorrentino, che possiamo considerare anche la seconda stagione di The Young Pope, qualcosa di unico nel panorama televisivo italiano e internazionale. Ne abbiamo parlato in una lunga intervista con l'autore de La grande bellezza.
Il Vaticano, il sesso e le donne
The New Pope ci fa entrare in Vaticano e vedere cose che non abbiamo visto mai. Allo stesso tempo, tutto è decontestualizzato con l'uso delle musiche. Come ha lavorato su questo aspetto?
In realtà ha visto un Vaticano inventato, perché io in Vaticano ci sono stato anche meno di lei. Me lo sono inventato basandomi sui libri e su tutto quello che c'è. L'uso delle musiche attiene a un'altra cosa, che è come si raccontano le cose. Non voleva essere straniante. Fa parte di un approccio stilistico, che di volta in volta ha un significato. O a volte non c'è proprio significato...
Nella serie è importante l'elemento del sesso che, tolti i fatti di cronaca, non siamo soliti associare al Vaticano...
Il sesso è dappertutto, è notorio. Sarebbe ipocrita pensare che non ci sia in Vaticano. Fa parte della vita degli individui. Partendo dal presupposto che un racconto di finzione vuole provare a riprodurre le cose della vita, il sesso ne deve far parte.
La figura delle donne è sempre più importante in questa nuova serie...
C'è un tema molto importante, oltre all'erotismo, che si evince da alcuni episodi. C'è tutta una serie di richieste, o rivendicazioni, da parte delle suore verso gli altri prelati, perché ci sia una maggiore parità. È uno scenario ancora non molto realistico nella Chiesa, ma verosimile. Sono sicuro che sarà la prossima grande questione all'interno della Chiesa, una volta risolte quelle legate alla pedofilia. È un processo irreversibile, così come lo è stato nel nostro vivere comune. La Chiesa arriva sempre un po' dopo, e arriverà anche là.
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L'attualità e l'attentato al Vaticano
In The New Pope c'è molta attualità, molta più che in The Young Pope. Da cosa nasce questa esigenza?
In The Young Pope avevamo un Papa che predicava la chiusura, ed era sufficiente raccontare il Vaticano dall'interno, senza che avesse alcuna relazione con l'esterno. The New Pope invece inizia con un Papa che dice: "apriamo le porte". E allora le questioni che sono fuori dovevano entrare dentro. E siamo dovuti ricorrere all'attualità.
L'attentato al Vaticano è un tabù: tutti lo hanno pensato, ma nessuno ne parla e lo ha mai mostrato. Lei lo ha fatto, e non l'ha enfatizzato troppo. Ad esempio, non vediamo alcuna esplosione...
Intanto non le so fare le esplosioni... e non mi piacciono neanche molto. Ci sono scene che so che non sono in grado di girare. Non mi sono posto dei problemi: è una cosa di cui si parla, è un tabù. In un racconto, che sia un film, un libro o una canzone, non ci dovrebbero essere cose che non si possono narrare. Secondo me si dovrebbe raccontare tutto. Come lo si fa, è un tema più complicato. Raccontare questo è anche un modo per esorcizzarlo, per sperare che non succeda mai.
Il diritto alla fragilità
In The New Pope c'è un Papa che predica la fragilità...
È un tema che mi commuove. Mi commuove un uomo che rivendica, per sé e per gli altri, il diritto alla fragilità, il diritto al non farcela rispetto alle aspettative degli altri. Questo penso che sia una cosa da cattolici, nel senso bello del termine, è una delle cose che mi piace di più di questa serie. In una puntata c'è un discorso di John Malkovich sul diritto a essere fragili, che riscuote un consenso enorme, perché stabilisce che la sua fragilità è esattamente la fragilità di tutti quanti noi. La fragilità ha differenti gradazioni, differenti motivazioni, a seconda se si sia maschi o femmine, giovani o vecchi.
Il Papa di Jude Law era una sorta di semidio, questo è troppo umano. C'è bisogno di tutti e due?
Io non lo so di che cosa c'è bisogno. Sicuramente c'è bisogno di figure che possiamo stimare e considerare autorevoli che sappiano guidarci in questo diritto ad essere vulnerabili. Al non farcela, al sentirci a disagio.
Rispetto a The Young Pope, è stato attento a fare degli aggiustamenti, ad aggiungere qualcosa, ad esempio più cattiveria?
Sarebbe bello se facessimo così, se dicessimo "serve un po' di cattiveria"... Ma non si fa mai così. Tu stabilisci dei personaggi, una trama, e poi tutto è una conseguenza di quello che hai avuto in mente in maniera confusa all'inizio. Il risultato finale è totalmente incontrollato. So quello che non voglio mettere, però. So che non sono interessato a fare qualcosa che sia provocatorio, non voglio essere irriverente, non voglio essere trasgressivo, è un gioco che si è fatto per troppo tempo, è un gioco troppo semplice. Rispetto a una visione seriale ingessata io faccio lo spregiudicato. È un gioco antico e infantile.
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Jude Law e John Malkovich
Attraverso il personaggio Lenny Belardo si parla di stardom e di santità, come ha affrontato questi due elementi?
Io non le vedo come due cose distanti tra di loro. Senza voler essere irriverente. Se ci pensa, la terminologia è molto simile: si parla di "stelle" del cinema, "divo" è una derivazione di divino. Come l'ho fatto? Non lo so. Non c'è un'attitudine alla santità, vi si allude vagamente al personaggio di Pio XIII. Il personaggio di Jude Law nella prima stagione diventa un divo perché attua una strategia mediatica. Che è legato all'unico grande obiettivo che c'è lì dentro: l'incremento del numero dei fedeli. Indirettamente si è creato un fenomeno di divismo. Che poi si è creato anche per altri Papi.
L'Episodio 7, incentrato sul personaggio di Jude Law, è quasi un film a parte. Come ci ha lavorato?
Mi sono agganciato a quello che Lenny Belardo diventava alla fine della prima stagione, in cui si addolciva e diventava meno intransigente. Sono ripartito da un uomo che era cambiato rispetto alle sue posizioni più radicali, alle sue convinzioni. Diventa un uomo con più dubbi.
Come ha scelto John Malkovich e come ha influito sulla scrittura della serie?
Avevo delle idee su di lui. Quando ho incontrato John Malkovich avevo iniziato a scrivere il suo personaggio, ma non ero soddisfatto. Quando l'ho incontrato ho riscritto completamente non solo il suo ruolo, ma l'intera serie. Ho preso certe cose da lui. Siamo stati una notte a parlare, fino alle tre o le quattro. È affascinante la sua ambiguità, il suo modo di essere rassicurante e spiazzante in una maniera bella. È leggero ma sa dare importanza alle cose: "credo nel progetto ma nel caso non si faccia non sarà una tragedia". È ironico ma sa essere molto serio. Ha un'eleganza naturale. Man mano che lo vedevo capivo che la mia fantasia sul personaggio era più debole di quello che lui poteva essere. Mi sono detto: mi prendo quello che percepisco di lui e lo faccio diventare un personaggio.
I politici non si rendono conto che noi siamo più importanti di loro
È appena uscito il film I due papi e anche in The New Pope ce ne sono due...
È ovvio che è stata una cosa che ha colpito l'immaginario, il fatto che, un giorno, ne abbiamo visti due anziché uno. È stravagante, un po' come quando abbiamo visto la pecora Dolly ed erano due. Questo stimola la fantasia degli sceneggiatori.
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Un elemento molto cristiano che appare nella serie è la testimonianza...
Io credo che entrambi i Papi facciano testimonianza di fede. Nel corso del racconto prendono consapevolezza del fatto che, per il bene sia della Chiesa che dei fedeli, si può prendere tranquillamente in considerazione, senza sforzo ma con gioia, la possibilità di fare un passo indietro. In questo senso sono ammirevoli: sanno rinunciare al personalismo, alla vanità, alla voglia di esserci. Sanno fare quello che i politici non sanno più fare: rendersi conto che noi siamo più importanti di loro, il nostro bene dovrebbe essere più importanti del politico in sé. Lo vediamo tutti i giorni: si ostinano a rimanere anche quando il mondo dice loro che non ce n'è più bisogno.
Scrivere per la serialità e la terza stagione
Che tipo di sfide impone la scrittura seriale rispetto a quella di un film?
Io sono uno sceneggiatore che tende a scrivere più di quanto serva. Ma non abbastanza per riempire i tempi di una serie. Di conseguenza, quando scrivo per un film devo sforzarmi di tagliare, quando scrivo una serie devo sforzarmi di aggiungere. La mia misura ideale è o un film di tre ore, o una serie da tre ore. Solo che i film durano due ore, e le serie dieci...
È stato il suo ultimo Papa, o ci sarà un'altra serie?
Non lo so... Non voglio dare risposte definitive, come quelli che dicono "non farò mai più un film" e poi lo fanno. Meglio non fare proclami. Se dovessi parlare di domani direi di no, ma in futuro magari sì.