È per egoismo? È per altruismo? Ci penseremo quando saremo in un ospizio! Adesso, invece, abbiamo la possibilità di impegnarci in una fottuta giusta causa.
Nell'arco dell'ultimo anno il cinema americano, ma ancor di più la televisione, hanno iniziato ad affrontare un tema approdato con drammatica urgenza al centro del dibattito dell'opinione pubblica: gli abusi sessuali, in particolare negli ambienti di lavoro, e le denunce venute a galla sull'onda di quel fenomeno sintetizzato dall'hashtag #MeToo. Dunque, nel presentarvi la nostra recensione di The Morning Show, può risultare utile collocare la serie di punta del servizio Apple TV+ accanto a un altro recentissimo prodotto per il piccolo schermo, The Loudest Voice, e all'ancor più recente film Bombshell, incentrati entrambi sul reale scandalo di Fox News.
La vicenda di Fox News, che negli Stati Uniti ha provocato un terremoto mediatico non lontano dal caso di Harvey Weinstein, presenta del resto diverse analogie con quella sviluppata nell'arco di dieci episodi dalla prima stagione di The Morning Show. All'origine della serie vi è la penna di Jay Carson, ex politico diventato consulente e co-produttore di House of Cards e fra gli autori del sottovalutato The Front Runner di Jason Reitman. E nonostante il responso della critica, in patria, sia risultato piuttosto tiepido, The Morning Show ha attirato abbastanza interesse da ritrovarsi in lizza per il Golden Globe come miglior serie del 2019, insieme a una doppia candidatura per le due protagoniste, Jennifer Aniston e Reese Witherspoon.
È la stampa, bellezza: il giornalismo d'inchiesta raccontato in 10 grandi film
Dentro la notizia con Jennifer Aniston e Reese Witherspoon
Il titolo corrisponde a quello di un fittizio programma eponimo di informazione: un popolarissimo talk show mattutino travolto dal licenziamento del conduttore Mitch Kessler (Steve Carell) subito dopo che la stampa fa luce sulle molestie commesse dall'uomo nei confronti di alcune impiegate della redazione. Un vaso di Pandora che, una volta scoperchiato, manda in crisi anche la sua storica co-conduttrice, Alex Levy (Jennifer Aniston), messa all'improvviso di fronte alla prospettiva di veder franare il lavoro di tutta la vita. Nell'episodio pilota assistiamo così alla reazione allo scandalo da parte di Alex, dei produttori di The Morning Show e dei dirigenti della rete televisiva, la UBA, preoccupati di arginare la pessima pubblicità del caso Kessler.
Dunque, mentre nel dietro le quinte cresce il panico e si affilano i coltelli in vista di una potenziale resa dei conti, Alex decide di sottrarsi a un'imminente impasse con un perfetto coup de théâtre: annunciare, senza alcun preavviso né autorizzazione, il nome della giornalista che prenderà il posto di Mitch al suo fianco sulla poltrona del The Morning Show. E il nome è quello di Bradley Jackson (Reese Witherspoon), reporter d'assalto tanto idealista quanto irruente, agli antipodi rispetto allo stile più controllato e prudente di Alex. Potrebbe sembrare il preludio a una serie su una canonica "strana coppia", ma The Morning Show non si limita a questo: il suo obiettivo appare molto più ambizioso, a partire da un'esplorazione ad ampio raggio delle dinamiche relative alle varie forme di abusi sessuali.
Jennifer Aniston: i 50 anni della Rachel di Friends tra film e serie TV
Gli abusi: scomoda verità o caccia alle streghe?
In questo senso, alla complessità e all'efficacia del racconto contribuisce la scelta di adottare una pluralità di punti di vista sulla questione: c'è Bradley, la "scheggia impazzita" determinata a trattare l'argomento, o piuttosto ogni argomento, nella maniera più diretta e sincera (la sua spontanea dichiarazione su un aborto è una delle scene migliori della serie); c'è Alex, dilaniata dai sentimenti contrastanti per Mitch, ma anche da sensi di colpa che fa sempre più fatica a reprimere; ci sono il produttore esecutivo Chip Black (Mark Duplass), che tenta faticosamente di tenere in piedi il programma, e Cory Allison (Billy Crudup), spregiudicato executive della UBA, che vede in Bradley il veicolo per un radicale rinnovamento di The Morning Show e per guadagnare nuovi spettatori.
Attorno a loro e insieme a loro, un'altra dozzina di comprimari che ne condividono la quotidianità frenetica, ma pure i dilemmi morali legati al loro rapporto con Mitch e alla loro visione del binomio sesso/lavoro. E c'è Mitch stesso, ovviamente, convinto di essere l'oggetto di una "caccia alle streghe" e alla rabbiosa ricerca di un modo per far ascoltare la propria voce. Sarebbe stato facile ridurlo a un personaggio del tutto negativo e sgradevole, ma The Morning Show opta per un approccio molto più stimolante: evitare (quasi sempre) le distinzioni manichee allo scopo di disegnare un quadro, quanto più possibile realistico, del contesto culturale in cui hanno luogo le molestie e della mentalità che finisce per renderle in qualche modo 'lecite'.
Le 20 serie TV più belle del 2019, da Chernobyl a Watchmen
Uomini e donne del 'quinto potere'
Non a caso lo stile adottato da Jay Carson, dalla showrunner Kenny Ehrin e dal team di autori ricalca quello di Aaron Sorkin, la penna raffinatissima dietro The Social Network, Steve Jobs e, per restare in ambito televisivo, The West Wing e The Newsroom (pure in quel caso si parlava di TV e giornalismo): empatia e cinismo, ironia e dramma, ipocriti moralismi di facciata ed imperativi etici non più eludibili, con le innumerevoli sfumature che si dispiegano fra i vari estremi. Il tutto servito da un cast che costituisce l'autentico punto di forza della serie: dalla benevola veemenza di Mark Duplass all'accattivante machiavellismo della sua 'nemesi', un sopraffino Billy Crudup, passando per le ottime Gugu Mbatha-Raw e Karen Pittman.
Steve Carell utilizza il proprio carisma per sottrarre Mitch Kessler agli stereotipi di un convenzionale villain, mentre la verve di Reese Witherspoon sottolinea il ruolo di Bradley Jackson come coraggiosa outsider impegnata a cambiare un mondo che non le appartiene. Ma il personaggio più affascinante e 'completo', proprio in virtù delle sue contraddizioni, è Alex Levy, che permette a Jennifer Aniston di prodursi in una delle sue migliori interpretazioni: l'appassionante ritratto di una donna in carriera, grintosa quanto tormentata, che nell'episodio finale, come l'Howard Beale di Quinto potere, esploderà in un memorabile momento di furia in diretta televisiva.
Quinto potere: il capolavoro nerissimo di Sidney Lumet sulla TV di ieri, oggi e domani
Conclusioni
La vivacità e l’acume dei dialoghi, l’eccellente caratterizzazione dei personaggi e l’intensità con cui vengono analizzati e messi in discussione temi relativi alla coscienza morale, sia individuale che collettiva: come abbiamo evidenziato nella nostra recensione di The Morning Show, la serie più prestigiosa di Apple TV+ fa leva su questi elementi per costruire una narrazione che, pur senza raggiungere la finezza dei capolavori di Aaron Sorkin, riesce a coinvolgere il pubblico con abilità e intelligenza. Servendosi anche, talvolta, degli strumenti della retorica, ma con sufficiente accortezza da non scivolare nelle trappole dell’opera a tesi.
Perché ci piace
- L’intrigante ricostruzione del dietro le quinte del mondo della televisione, tra professionalità e nevrosi quotidiane.
- Il modo approfondito con cui il tema delle molestie sessuali viene affrontato e, soprattutto, ‘problematizzato’.
- Una galleria di personaggi efficacissimi, affidati a una valida squadra di interpreti (con una menzione particolare per Jennifer Aniston).
- Un finale che, nella sua enfasi, segna un notevole picco emotivo e tiene viva l’attesa per la seconda stagione.
Cosa non va
- Qualche subplot e qualche comprimario che, nel quadro generale, risultano meno incisivi rispetto al resto della serie.