Un paio di settimane fa, la senatrice democratica Elizabeth Warren, impegnata nel dibattito sulla conferma di Jeff Sessions, è stata cacciata dall'assemblea per aver cercato di leggere, durante il suo intervento, una lettera scritta trent'anni fa dalla vedova di Martin Luther King, Coretta Scott, a proposito dei comportamenti razzisti di colui che oggi è il nuovo procuratore generale dell'amministrazione Trump. Spiegando le ragioni del provvedimento, il collega senatore Mitch O'Connell ha dichiarato: "È stata ammonita. Le è stata data una spiegazione. Ciononostante, ha perseverato."
Queste parole di odiosa condiscendenza sono diventate immediatamente fonte di ispirazione e battagliero slogan per le donne americane in prima linea, dopo la trionfale Women's March, nella resistenza alle politiche disumane del neo Presidente, e per le femministe di tutto il mondo, costrette e fiere di "perseverare" per ottenere giustizia sociale ed economica, salario paritario, la sovranità sui propri diritti riproduttivi, equa rappresentanza, e nel sostenere e difendere gli inermi e gli oppressi e gli ultimi del pianeta.
Donne così, donne che perseverano sono le protagoniste di The Good Fight, e la scena di apertura del pilot di questo attesissisimo spinoff di The Good Wife lo testimonia senza possibilità di malintesi. Non è ancora finita, anzi, la battaglia è appena iniziata, e con questo show abbiamo un alleato prezioso nel nostro angolo.
Leggi anche: The Good Wife, il commento all'imperfetto finale di una serie quasi perfetta
Diane l'irriducibile
È possibile che il microprologo in apertura con Diane davanti alla TV sia stato inserito fuori sceneggiatura, visto che il giuramento del nuovo Presidente è avvenuto appena un mese fa (sembra già una vita), ma in ogni caso lega perfettamente con quanto scopriamo subito dopo del personaggio che l'acclamato show della CBS che ha chiuso i battenti l'anno scorso lascia in eredità a The Good Fight: Diane Lockhart archivia gli ultimi tradimenti, quello di suo marito e quello della ex protegée e amica Alicia Florrick per voltare pagina, e si prepara a lasciare il paese entrato nell'era Trump e a godersi una munifica pensione nella campagna provenzale.
Che quella sarebbe stata la vita per lei onestamente non lo crediamo. Ce la vedete voi la smagliante ed elegantissima Diane struccata, in bermuda, Crocs ai piedi, a coltivare pomodori? In ogni caso la mala sorte ci mette lo zampino e Diane viene travolta da uno scandalo finanziario che si porta via i suoi progetti, i suoi risparmi e pure la sua reputazione. Una situazione che la costringe a tornare sul mercato, dopo una rapida rielaborazione dello smacco subito, e ad accettare l'offerta di un collega capace di riconquistarla alla buona causa: lottare contro la diseguaglianza sociale e la violenza istituzionale. Una nuova chance per Diane di mettere al servizio della città di Chicago, della contea di Cook e del mondo intero la sua competenza, la sua astuzia e la sua empatia, e di farlo dall'alto di un tacco dodici. E una chance per Christine Baranski di fare risuonare la sua calda e avvolgente risata con la particolarità di essere forse l'unica lead televisiva con più di sessant'anni anni sulla carta d'identità, e riscuotere gli utili della sua esperienza e del suo talento. Cari Emmy, stiamo arrivando.
Leggi anche: Avvocati a Chicago: i personaggi di The Good Wife
"Siamo dalla parte giusta?"
Diane Lockhart è sempre stata un'idealista, ma anche una donna ambiziosa e pragmatica. Insomma quello che i nostri amici autoritaristi e populisti chiamerebbero, sforzandosi di essere educati, ipocrita e radical chic. Impegnata nella difesa della contea di Cook dalle accuse di un giovane ridotto su una sedia a rotelle dalla brutalità della polizia, Diane spiega alla sua ingenua figlioccia Maia Rindler (Rose Leslie), che lavorare nel sistema giudiziario americano può significare anche trovarsi a difendere i colpevoli perché anche quello è il dovere di un legale in un paese democratico, e può significare anche dover scoprire con sgomento di esserci illusi, magari per anni, di essere "dalla parte giusta".
Come The Good Wife ha sempre fatto, anche The Good Fight rifugge da subito le dicotomie e i manicheismi e si propone di eplorare uno scenario di grande ricchezza e complessità morale; e questo anche considerando la cultura e la missione del nuovo studio legale in cui Diane e Maia raggiungono Lucca Quinn, popolata e diretta da avvocati di colore. Anzi, un'alleanza con queste caratteristiche porterà con ogni probabilità Diane a fare i conti coi propri privilegi di donna bianca e (fino a poco tempo prima) agiata.
Leggi anche: Le signore in prima linea, le migliori eroine delle serie TV USA
Non è un'altra Alicia
In questo nuovo percorso Diane/ Christine Baranski non sarà sola. Per ricreare la coralità di The Good Wife, Michelle e Robert King, ancora una volta showrunner e principali sceneggiatori, le affiancano l'affascinante e volitiva Lucca di Cush Jumbo, che era stata una delle cose migliori della settima stagione del serial con Julianna Margulies, e un incantevole nuovo acquisto: Rose Leslie, la popolarissima e compianta Ygritte de Il trono di spade. Smesse le pellicce e l'insolenza della fanciulla che conquistò il cuore di Jon Snow, la Rosa di Scozia è chiamata a coprire il ruolo della rookie che in un certo senso era stato di Alicia Florrick nelle prime battute di The Good Wife, solo che mentre Alicia tornava al lavoro dopo essersi dedicata alla famiglia per quindici anni, Maia ha appena passato l'esame di stato per l'avvocatura, è arrivata da "raccomandata" in uno dei più grandi studi legali dell'Illinois per poi vedersi crollare il mondo addosso a causa della controversia in cui sono coinvolti i suoi genitori e la sua madrina. Come Alicia, dunque, Maia deve lasciarsi alle spalle le rovine di scandalo, ed è la stessa Lucca, in una delle scene più esaltanti di questo pilota, a rimarcare il parallelo e a infondere coraggio nella giovane collega. Le analogie però finiscono qui: pur facendoci pensare alla precedente eroina per la vulnerabilità che mostra in questo pilot, Maia è diversa da Alicia, è una ragazza contemporanea in cerca del proprio posto nel mondo che darà variegati e numerosi spunti narrativi ad autori che attraverso di lei terranno con autorità il polso dell'America di oggi.
E veniamo all'unico elemento del nuovo show che ci dia ragione di lamentarci: gli episodi di questa prima stagione sono soltanto dieci a fronte dei ventidue che ci ha garantito per sette anni The Good Wife. Una partenza cauta che per uno spinoff è cosa assolutamente ragionevole, ma a visione conclusa di questo pilot stilisticamente affine al suo vivace e raffinato predecessore e tematicamente fresco e intrigante, il sospetto che alla fine della corsa ne vorremo di più e subito è praticamente una certezza.