C'è la figura del Genio, creatura presente nella cultura musulmana, al centro di The Djinn, horror mai uscito nelle sale italiane ma ora disponibile in homevideo grazie al prodotto Midnight Factory di Plaion Pictures. Una figura complessa, una sorta di genio della lampada, capace di essere benevola o malevola, legata a una realizzazione dei desideri che però non è mai gratuita, anzi ricca di pericolose insidie.
Ed è quello che accade proprio nel film di David Charbonier e Justin Powell, una fiaba nera girata tutta in un appartamento, che vede protagonista assoluto un bambino turbato e senza l'uso della parola, legittimamente desideroso di recuperare la voce e comprensibilmente ingenuo nel lasciarsi trascinare da questa ambizione. Un horror che, come vedremo in questa recensione, ha delle evidenti lacune nella sceneggiatura, ma anche suggestive trovate di regia.
Un desiderio legittimo, ma molto pericoloso
Il protagonista di The Djinn è Dylan, bambino muto ancora traumatizzato dalla perdita della madre suicida, che si trasferisce con il padre in una nuova casa. Il papà fa il Dj in una radio e per lavoro lascia solo Dylan per una notte. Il ragazzo trova in un ripostiglio un vecchio libro, Book of Shadows, che probabilmente apparteneva alla persona morta nella stessa casa, e legge di un rito grazie al quale potrebbe evocare una creatura in grado di soddisfare un suo desiderio. Inevitabile, visto che gli manca la parola, esprimere il desiderio di tornare a parlare. Una scelta umanamente comprensibile, che però non tiene nel giusto conto le avvertenze scritte nel libro, ovvero che se non si riesce a sfuggire per un'ora alla creatura evocata, si potrebbe perdere l'anima. Per Dylan inizierà una rocambolesca e movimentata lotta per la sopravvivenza con un demone più feroce e terrificante del previsto.
Una sceneggiatura debole che fatica a ingranare
Il vero problema di The Djinn è che deve far fronte a una sceneggiatura piuttosto povera che fatica a coprire in modo adeguato il pur esiguo minutaggio. Il risultato è la sensazione che il film soffra di qualche lungaggine e si stiracchi stancamente nonostante la durata di appena 82 minuti. L'attenzione fatica a restare costante, insomma la vicenda non riesce a coinvolgere come potrebbe, nonostante i momenti di indubbia tensione. E anche il cast non eccelso forse incide su questa sensazione, perché fatica a creare empatia: è così per Rob Brownstein nel ruolo del padre, ma soprattutto per Ezra Dewey che interpreta Dylan, che risulta fin troppo trattenuto e inespressivo considerato quello che gli sta succedendo attorno. Anche se va riconosciuto che portare tutto il peso del film sulle spalle, fra l'altro senza contare sulla parola ma solo sulle espressioni e sull'atteggiamento del corpo, non sia affatto facile per un dodicenne, età dell'attore all'epoca delle riprese.
Una buona regia e una fotografia che alimenta la tensione
Ma The Djinn ha anche qualche carta buona da giocare. Sono interessanti ad esempio i movimenti di macchina (soprattutto la lunga soggettiva del genio), grazie ai quali i due registi David Charbonier e Justin Powell dimostrano di saper creare una buona tensione. Anche nei momenti della manifestazione della creatura e del serrato inseguimento della casa, il film grazie a un buon montaggio riesce a mantenere un discreto livello di ansia con scene indubbiamente suggestive. Il film non è banale nemmeno sotto l'aspetto della fotografia, decisamente stuzzicante nella scelta di utilizzare colori molto accesi, con tinte forti e a tratti violente, giocando con abilità con luci e ombre per rendere ogni pertugio e nascondiglio della casa ancora più spaventoso.
E altri elementi chiave del rito, come l'orologio e la candela, diventano in questo modo ancora più inquietanti. C'è anche un buon utilizzo della colonna sonora, fondamentale vista la mancanza quasi totale di dialoghi. Ma se sotto questi aspetti The Djinn funziona, è proprio la storia troppo scarna che zoppica. Peccato, perché sviluppato in maniera adeguata, il film avrebbe potuto dare di più, soprattutto nei risvolti psicologici del trauma del bambino e del superamento del lutto.
Il blu-ray: video buono ma soprattutto un audio ad alta tensione
Come detto, abbiamo potuto vedere The Djinn grazie all'uscita Midnight Factory della Plaion. Il blu-ray, presentato nella solita elegante confezione slipcase della collana e corredato puntualmente da un booklet, presenta un ottimo reparto tecnico ma è povero di extra visto che è presente solamente il trailer. Buono il video, che deve destreggiarsi nell'ambientazione chiusa e a volta scura dell'appartamento, nonché con le tinte forti di una fotografia molto particolare. Il quadro, anche se tendenzialmente morbido, se la cava abbastanza bene, con un dettaglio che resta sempre di buon livello e una compattezza che non viene meno neanche nelle situazioni più critiche, anche se qualche flessione c'è. Più convincente l'audio, un DTS HD 5.1 sia per l'italiano che l'originale, che suona potente e preciso sfruttando tutti i diffusori e riuscendo a esaltare tutta la tensione del film e la claustrofobia della situazione. Molto suggestivi gli effetti sonori improvvisi, sempre ben dislocati nello spazio, ma è importante anche l'impatto del sub, con bassi profondi e muscolari.
Conclusioni
Come abbiamo visto nella recensione di The Djinn, l’horror con protagonista un ragazzino alle prese con la figura del Genio, zoppica per una sceneggiatura debole e poco efficace, ma riesce comunque a mantenere un buon grado di tensione grazie ad alcune scelte di regia e di fotografia piuttosto interessanti.
Perché ci piace
- I movimenti di macchina sono curati e generano una buona tensione.
- La fotografia a tinte forti e a tratti violente è suggestiva.
Cosa non va
- Lo script è povero e fatica a reggere la pur esigua durata del film.
- Il cast non è pienamente convincente.