Liam McDonagh è appena uscito dal carcere dopo aver scontato nove anni per una rapina a mano armata. Orfano di padre, suicidatosi - o almeno così lui crede - quando era soltanto un ragazzino, ha un fratello minore, Sean, invischiato in giri criminali. Giri criminali gestiti dal losco e potente imprenditore Clifford Cullen, che ha le mani in pasta negli affari di tutta Londra, arrivando ad avere alle sue dipendenze anche il capo della polizia e altri uomini chiave della società: si è arricchito con i giochi olimpici del 2012, alle spese delle fasce più misere della capitale inglese.
Come vi raccontiamo nella recensione di The Corrupted - Impero criminale, Liam cerca di ricucire il rapporto con l'ex moglie Grace, anche madre di suo figlio Archie, ma le finanze scarseggiano e data la sua fedina penale fatica a trovare un impiego rispettabile. Liam accetta così l'offerta di salire sul ring e mettere in mostra il suo talento pugilistico proprio per conto di Cullen, ignaro che ben presto finirà coinvolto in un intrigo ai più alti livelli che mette in grave pericolo la sua famiglia.
London calling
Un thriller sporco e crudele, Impero criminale, dove si respira il sapore di una Londra urbana e quel sottobosco malavitoso emerge con la necessaria cattiveria, destabilizzando le vite di personaggi che appaiono come pedine - tutti, nessuno escluso - in un gioco più grande di loro che va avanti dall'alba dei tempi, con i pesci più grandi che mangiano quelli più piccoli per poi essere sostituiti, al momento del bisogno, da pesci ancor più grossi. La logica del potere messa a nudo in una storia dove il protagonista sembra voler prendere a pugni la vita, e non è un caso che sfoghi la propria rabbia su quel ring che per lui è diventato non soltanto valvola di sfogo ma anche potenziale ancora di salvezza, dopo quella tragedia che nel prologo mette già in luce, almeno per lo spettatore, tutto lo spietato cinismo del magnifico villain interpretato da Timothy Spall, famoso caratterista che siamo soliti vedere in ruoli più accomodanti.
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Un tridente smussato
Oltre al boxeur di Sam Claflin, altri due personaggi lottano per far trionfare la giustizia: abbiamo infatti un giornalista ficcanaso - forse il peggiore a livello di caratterizzazione per via di alcune ingenuità da questi intraprese - e un coriaceo detective della polizia, pronto a scavare nei bassifondi e a scoprire il marcio che si annida tra le stesse forze dell'ordine. Un trio che permette una discreta varietà di situazioni a livello narrativo, fino a quell'epilogo che si pone quale ennesimo emblema del male che vince sempre, lasciando soltanto barlumi di speranza a chi si ritrova, anche suo malgrado, incastrato tra gli ingranaggi. Certo in questa odissea di violenza e disperazione non tutto convince, a cominciare da alcune succitate sottotrame che in fase di sceneggiatura rischiano di ingarbugliarsi troppo, tra doppiogiochismi e una ricerca della violenza a tratti eccessivamente parossistica.
Fino all'ultimo round
Gli interessi politici ed economici fanno da ideale preambolo a quel finale più amaro che dolce, confermando l'anima plumbea e dark di un'operazione che pare adagiarsi sul suo mood esasperato, rischiando di depotenziare la carica emotiva verso personaggi che in fin dei conti appaiono sempre e comunque schiavi di un fato avverso, mai potenziali scardinatori di una trama già scritta dove il loro ruolo è già segnato in partenza. Il regista Ron Scalpello - una carriera che spazia dal tensivo survival subacqueo Pressure (2015) al documentario calcistico Bobby (2016) - ha un certo feeling con la macchina da presa, ma a mancare è una sceneggiatura altrettanto solida, capace sì di costruire premesse interessanti ma incapace di sfruttarle appieno, facendo vibrare soltanto qua e là l'anima più disillusa e cruda del racconto.
Conclusioni
Un pugile uscito di prigione resta coinvolto nei loschi giri di un potente uomo d'affari, che mette in grave pericolo la sua famiglia. Nel frattempo le indagini di un reporter ficcanaso e di un coriaceo poliziotto aprono nuove piste, svelando uno schema di corruzione che riguarda le più alte sfere londinesi. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di The Corrupted - Impero criminale, ci troviamo davanti a un thriller secco e brutale, dove quasi nessuno può dirsi esente da colpe e il tradimento è dietro l'angolo, in una partita a scacchi dove fidarsi di qualcuno può essere molto pericoloso. Timothy Spall è un magnifico villain di un film sporco e teso, non sempre risoluto a livello narrativo.
Perché ci piace
- Un ottimo Timothy Spall in un ruolo insolito.
- L'intreccio si mantiene teso fino all'epilogo...
Cosa non va
- ...ma alcune scelte narrative non convincono appieno.
- Il resto del cast non eccelle a carisma.