La sua automobile è stata ritrovata sul ciglio della strada da una pattuglia della polizia, ma di lei e suo figlio Michael nessuna traccia. Jamie Taylor si risveglia sotto l'effetto della morfina in una lurida cella, segregata da qualcuno che lei non conosce per un motivo altrettanto ignoto, almeno per il momento.
Come vi raccontiamo nella recensione di The Betrayed, infatti, la protagonista riceve ben presto la visita dei suoi carcerieri. Un uomo in passamontagna le comunica di non essere stata rapita per caso, ma per un obiettivo ben specifico: colui che credeva un marito amorevole era infatti al servizio di un potente boss della droga e ha ora messo le mani su un'ingente quantità di denaro. Quaranta milioni di dollari appartenenti al gangster, conosciuto con il soprannome di Falco, ora intenzionato a rimetterci le mani sopra nel più breve tempo possibile. Jamie ha soltanto poche ore per decifrare un codice, significativo per la risoluzione degli eventi, e la costante minaccia dei suoi sequestratori - che non esitano a usare il bambino come scopo di ricatto - diventa un'ulteriore aggravante nella sua ricerca di salvezza.
Prigione di vetro
Un'unica ambientazione, anzi per il 90% del minutaggio una sola stanza, fa da sfondo a questo teso thriller di serie B, che compensa alcune ingenuità stilistiche e di messa in scena con una discreta dose di suspense, pronta a esplodere in diverse scene madri nel corso dell'ora e mezzo di visione. The Betrayed cerca di nascondere le carte per svelare progressivamente nel corso della narrazione le varie rivelazioni, alcune più credibili e altre meno, e in questa sua disperata corsa contro il tempo che precede i titoli di coda riesce a sferrare qualche sussulto gradevole, pur ancorandosi a una concezione saldamente di genere che potrebbe allontanare il grande pubblico, abituato a soluzioni più smaliziate e spettacolari.
Acque profonde, la recensione: il thriller erotico su Prime Video scorre in superficie
Il teatro della vicenda
Certo quelle quattro pareti non possiedono né l'alone claustrofobico della bara di Buried - Sepolto (2010), ne le suggestioni mystery e fantascientifiche delle prigioni geometriche di Cube - Il cubo (1997), ma permettono di inscenare una serrata resa dei conti tra la sfortunata protagonista (pronta a farsi valere dopo l'iniziale spaesamento) e i cosiddetti cattivi: la scelta di sfumare alcuni di loro con un background più o meno profondo, e distinguere tra chi veramente crudele e chi mosso da altro, si rivela efficace per rendere la storia leggermente più appassionante anche nelle sue pur palesi inverosimiglianze. Gli interventi delle forze dell'ordine, che compaiono qua e là in varie fasi salvo risultare sempre inutili ai fini degli eventi, o le scene nelle quali Jamie deve farsi una doccia ad ogni costo sono soltanto alcune delle forzature atte ad inscenare momenti di tensione più o meno gratuite, ma si fanno perdonare in un contesto che ha il "merito" di non prendersi mai troppo sul serio, in favore di un intrattenimento sporco e senza fronzoli.
Nido di ragni
Il rocambolesco epilogo, dove tutti i nodi vengono infine al pettine e la sceneggiatura cerca di sviare ancora una volta le direttive, salvo retrocedere su quanto già ampiamente sottolineato in precedenza, non fa che confermare quest'impressione, così come i flashback più o meno casuali determinanti per aiutare la Nostra nella risoluzione di quell'enigma, dalla quale dipende non soltanto il suo destino ma anche quello del suo bambino. Melissa George, che fece il suo esordio sul grande schermo con la memorabile distopia noir/sci-fi di Dark City (1998), è un habitué del filone e riesce a dare una concreta solidità alla figura di Jamie, in un cast che altrimenti non brilla granché a livello espressivo. Ma d'altronde è lei il cuore e fulcro della visione, e questo una volta tanto può bastare, al patto di non cullare eccessive aspettative.
Conclusioni
Una sola ambientazione, una stanza diroccata e maleodorante, dove la protagonista si trova rinchiusa, inizialmente senza sapere il perché salvo poi scoprire di essere stata tradita da colui che più amava. Nel tentativo di salvare il figlioletto lì con lei sequestrato, dovrà trovare un codice fondamentale prima che sia troppo tardi. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di The Betrayed, ci troviamo davanti ad un "thriller da camera" senza infamia e senza lode, che compensa i limiti di una sceneggiatura di sovente forzata e improbabile con una buona dose di tensione a tema, grazie anche alla convincente interpretazione di Melissa George nei panni della sempre più combattiva protagonista.
Perché ci piace
- La tensione si mantiene su livelli costanti.
- Melissa George regge bene il peso del personaggio.
Cosa non va
- La sceneggiatura non è priva di forzature.
- L'intreccio è a rischio monotonia.