Io sono qui per smascherare la verità su questa fogna che chiamiamo città...
La scena d'apertura di The Batman non costituisce solo una prima, inequivocabile dichiarazione d'intenti, ma anche uno degli incipit più angoscianti nel panorama del cinecomic contemporaneo. La ripresa in soggettiva è resa evidente dall'uso di un binocolo a raggi infrarossi, ma ancor di più dal carattere voyeuristico dell'inquadratura: la sagoma del sindaco di Gotham City, Don Mitchell Jr, osservato dall'esterno di una finestra. Si tratta di una scelta manifestamente ambigua: Batman è un vigilante, l'eroe che per antonomasia sorveglia la città e gli elementi nevralgici che potrebbero diventare un bersaglio del crimine. Ma quello sguardo iniziale, quel nostro primo approccio al microcosmo di Gotham City, non appartiene al cavaliere oscuro: è lo sguardo di un'altra creatura notturna, un predatore che si muove con il favore dell'ombra, sulle note dell'Ave Maria di Schubert.
L'occhio che uccide: l'Enigmista come serial killer
Se nella mitologia di Batman l'uomo-pipistrello è portato spesso a rispecchiarsi nell'antagonista di turno, in The Batman l'analogia è ancora più marcata. Nella scena successiva, il misterioso voyeur si materializza all'improvviso nel buio della stanza, alle spalle dell'ignaro sindaco. L'apparizione dell'Enigmista, una sagoma indistinta che sembra un tutt'uno con le tenebre, è un espediente da puro thriller: rientra nei canoni ultradecennali della suspense, nei codici del murder mystery con l'assassino dal volto coperto o con l'omicidio raccontato in soggettiva. E dunque quest'incipit, dicevamo, è una dichiarazione d'intenti perché ci introduce The Batman come fosse un cruentissimo giallo, con un serial killer mascherato che si avventa di soppiatto sulla propria vittima per massacrarla senza pietà; è una manciata di minuti che già prefigurano il tono delle tre ore di film a venire e la caratura di un villain in antitesi rispetto alla tradizione.
L'Enigmista, in inglese Riddler, viene introdotto nell'universo di Batman nel 1948, con il "nome parlante" di Edward Nigma (il gioco di parole scompare nel film di Matt Reeves, dove il suo alter ego è chiamato invece Edward Nashton). Si tratta di un genio del crimine enfatico e teatrale, che adopera l'acume e l'ironia anziché contare sulla forza bruta e, pertanto, si inserisce nel solco segnato dal Joker, nato con quasi un decennio d'anticipo. Tale visione dell'Enigmista è quella che manterrà il sopravvento nelle varie rivisitazioni del personaggio, pure al di fuori del medium dei fumetti: nel Batman televisivo degli anni Sessanta (e nel film del 1966, ancora con il volto di Frank Gorshin) e nella serie animata degli anni Novanta, in cui sfoggia il proverbiale completo verde da dandy, arricchito da punti interrogativi; e più di recente nella serie Gotham, in cui l'attore Cory Michael Smith adotta lo stesso tipo di look.
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Da icona camp a presenza minacciosa
Ma l'incarnazione più famosa sullo schermo, perlomeno fino a oggi, era rimasta quella fornita nel 1996 da un istrionico Jim Carrey in Batman Forever di Joel Schumacher: una versione sfacciatamente camp, delirante e sopra le righe, la cui natura buffonesca sanciva una netta presa di distanze dalla dimensione gotica dei film di Tim Burton. Nulla di tutto questo, in compenso, è rintracciabile in The Batman: l'Enigmista di Paul Dano è minaccioso innanzitutto da un punto di vista 'fisico'; distribuisce i propri indovinelli senza pennellate di umorismo, ma con drammatica serietà; e nelle sue sembianze non c'è alcuna delle variopinte sfumature kitsch che avevano accompagnato da sempre Edward Nigma. Il nuovo Enigmista, al contrario, è un villain solitario e tormentato, perfino più di quel vigilante dal mantello nero al quale indirizza le lettere sibilline lasciate sui corpi delle sue vittime.
L'ispirazione, come dichiarato dal regista e sceneggiatore Matt Reeves, deriva dalla cronaca nera, vale a dire dal famigerato Killer dello Zodiaco; e di conseguenza, l'Enigmista di The Batman si fa carico anche della relativa eredità iconografica, legata in particolare a un classico della suspense quale Seven di David Fincher. Dopo quella fulminea e spaventosa comparsa in apertura del film, l'Enigmista si manifesta come una presenza virtuale (il video in cui dà notizia dei propri crimini) o fantasmatica, evocata a parole nel corso delle indagini o avvistata tra la folla dal Bruce Wayne di Robert Pattinson durante i funerali del sindaco, subito prima di un nuovo attacco; come il serial killer di un giallo, appunto. Del resto, in questo universo plumbeo e apocalittico non c'è spazio per un arcinemico pronto a rubare la scena: l'unico antagonista possibile è un'entità dai tratti indefiniti, ancor più inquietante proprio in virtù del suo essere 'intangibile'.
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La banalità del male ai tempi del web
Quando, nella parte finale, l'Enigmista si lascia individuare e arrestare (come avveniva al John Doe di Seven), il volto sotto il cappuccio è quello di Paul Dano, un interprete formidabile proprio quando è alle prese con ruoli borderline: il predicatore fanatico religioso de Il petroliere di Paul Thomas Anderson e il ragazzo disadattato sospettato del sequestro di due bambine in Prisoners di Denis Villeneuve. Il suo Edward Nashton, orfano cresciuto ai margini della società, si presenta a Batman e alla polizia come un individuo dall'apparenza dimessa e ordinaria: quanto di più lontano dal carisma magnetico e luciferino del Joker di Heat Ledger (ma pure di Jared Leto) o dall'ossessione di protagonismo di quello di Joaquin Phoenix. Nella performance raggelante di Paul Dano, Nashton è al contempo il mastermind dalla vena sadica e l'uomo qualunque divorato da un 'banale' desiderio di rivalsa sociale.
E "banalità", in fondo, è una delle parole-chiave nel delineare il principale villain del film, animato dalla frenesia di abbattere la corruzione morale di Gotham City, a costo di fare a pezzi le istituzioni stesse della città. Allo spettro del terrorismo e alla paura di un caos incontrollato, da sempre parte integrante del paradigma delle avventure di Batman, si unisce qui un elemento che non potrebbe essere più emblematico dei nostri tempi: la frustrazione che trova libero sfogo sul web, il proselitismo che fa leva sulle teorie del complotto, il bisogno di identificazione e di emulazione delle menti più fragili, pronto per essere tramutato in cieca violenza. In altre parole, l'Enigmista risulta un altro emblema della "banalità del male" adattata alla realtà contemporanea: una realtà in cerca di nuove maschere orrorifiche da indossare e da trasformare in icone a beneficio di quegli uomini che, come si diceva in un altro film su Batman, "vogliono solo veder bruciare il mondo".