They come, they come/ To build a wall between us/ We know they won't win
Per quattro, interi minuti, sono i versi dei Crowded House ad accompagnare le prime immagini della sesta stagione di The Americans. L'episodio Dead Hand si apre infatti al suono dell'intramontabile ballata Don't Dream It's Over, mentre assistiamo all'attuale esistenza di Philip ed Elizabeth Jennings dopo un salto temporale di ben tre anni: eccoci dunque nell'autunno del 1987, poche settimane prima dello storico incontro a Washington fra Ronald Reagan e Mikhail Gorbachev, diventato nel frattempo Segretario del Partito Comunista Sovietico.
Così, mentre nella Guerra Fredda sta per aprirsi una nuova fase, quella che avrebbe portato alla distensione fra Stati Uniti e Unione Sovietica, una nuova fase la sta attraversando anche la famiglia Jennings; e come suggerisce la canzone, si è creato un muro tra Philip (Matthew Rhys) ed Elizabeth (Keri Russell)? Ciò che sappiamo è che Philip ha ormai abbandonato l'attività di spia, si gode una routine serena e appagante fra il lavoro all'agenzia di viaggi, l'ambiente domestico e i propri hobby (i balli di gruppo alla serata country); Elizabeth, invece, appare sempre più logorata dalla sua "doppia vita", ma ciò nonostante la sua assoluta dedizione alla causa è rimasta immutata.
Leggi anche: The Americans, stagione 5: il ritorno delle spie
We do what we're told
In una puntata inaugurale, Dead Hand, che riapre in maniera superba lo spy thriller creato da Joe Weisberg, ritroviamo nella colonna sonora altri artisti che hanno segnato il decennio Ottanta: i Talking Heads di Listening Wind, Gold Dust Woman dei Fleetwood Mac (una band presente in The Americans fin dall'episodio pilota) e Peter Gabriel, il cantautore la cui musica è stata adoperata più spesso all'interno della serie. Il brano, questa volta, è We Do What We're Told (Milgram's 37), ispirato appunto al famigerato "esperimento di Milgram" del 1961, e il suo utilizzo risulta davvero peculiare: la canzone parte mentre Elizabeth, in Messico, sta ricevendo indicazioni da un generale sovietico, e dopo pochi secondi la melodia e la voce di Gabriel finiscono sovrastare tutto il resto. La macchina da presa inquadra il volto di Elizabeth, stanco, spento, logorato (un elogio a Keri Russell, sempre più brava), ma la donna non lascia trapelare il minimo dubbio sulla necessità di eseguire quegli ordini.
La delicatezza della missione, che potrebbe portare addirittura alla deposizione di Gorbachev, richiede che Elizabeth sia pronta a togliersi la vita in caso di cattura. E la silenziosa sequenza in cui la osserviamo legarsi al collo un ciondolo contenente una capsula di cianuro è a dir poco raggelante: in pratica, da qui in poi, Elizabeth avrà una "pistola di Cechov" appesa al collo, e già possiamo intuire che, entro la fine della serie, quella pistola dovrà fare fuoco. Nel frattempo a farsi spazio accanto a Elizabeth, sotto lo sguardo compiaciuto di Claudia (Margo Martindale), è sua figlia Paige (Holly Taylor), quanto mai decisa ad ereditare il ruolo della madre, ma non ancora preparata a far fronte agli imprevisti e ai pericoli del mestiere di spia.
Leggi anche: The Americans, le spie della porta accanto: perché recuperare una serie imperdibile
Dance me to the end of love
Le differenti situazioni di Philip ed Elizabeth sono una testimonianza dell'abisso che si sta creando fra i due coniugi. Philip, gioiosamente immerso nell'American way of life, vorrebbe far aprire gli occhi alla moglie, suggerirle l'idea che, dopo tanti anni, anche il popolo russo stia cambiando e si stia aprendo al vento del cambiamento dall'Occidente. Elizabeth, al contrario, è scettica nei confronti della Perestrojka, non crede alla possibilità di una pace con gli Stati Uniti e, pur di evitare ogni ombra di rischio, non esita a sporcarsi le mani di sangue: nella sequenza finale di Dead Hand pugnala in strada la giovane guardia che aveva trattenuto la falsa carta d'identità di Paige; al termine del terzo episodio, Urban Transport Planning, uccide un uomo a mani nude sulle note di Leonard Cohen e della sua Dance Me to the End of Love.
Non si tratta delle uniche scene ad alta tensione di queste prime puntate di The Americans: al termine del secondo episodio, Tchaikovsky, Elizabeth ha una colluttazione con un generale americano colluso con i sovietici, il quale finirà con un proiettile in bocca lasciando Elizabeth con il volto ricoperto di sangue al cospetto della figlia, scioccata da quell'immagine. Ma The Americans, è bene ricordarlo, si conferma una serie magistrale pure quando si tratta di mettere in scena momenti più intimi e sommessi, ma non per questo meno significativi: Elizabeth che porta di nascosto a Philip una porzione di zharkoye, una tipica pietanza russa, come una sorta di Madeleine proustiana, e la reazione malinconica del marito; o la soffusa commozione di Glenn Haskard (Scott Cohen), membro del Dipartimento di Stato, nel ricordare le giornate trascorse con la moglie Erica, ormai in fin di vita.
Perché The Americans, e l'avvio della sesta stagione ne è una dimostrazione esemplare, non è soltanto una serie sullo spionaggio, la politica e le missioni segrete, ma anche un racconto sull'umanità, sui rapporti familiari e personali, sul conflitto costante e ineludibile fra desideri e sacrifici, fra ideali e compromessi. Un conflitto che Philip ha risolto facendo diventare la propria 'maschera' da americano il suo vero volto, ma che Elizabeth continua ad affrontare giorno dopo giorno, coinvolgendo la persona a lei più cara. E l'epilogo, ce ne rendiamo conto da subito, non potrà risparmiare alla famiglia Jennings un terribile carico di sofferenza...