Passate ormai le 21 di uno strano sabato sera, ecco che la finestra Zoom si apre nella room di Ben Affleck e Jon Bernthal. Noi a Roma, loro a Los Angeles. Affiatati, spiritosi, pronti alla battuta ("abbiamo ancora tre minuti, troppo pochi per spiegare cosa sia per me la felicità!", scherza Affleck). Nemmeno a dirlo, attori strepitosi, perfetti per suggerire (e suggellare) una credibilissima fratellanza. Li intervistiamo - in esclusiva video - per The Accountant 2 di Gavin O'Connor, ottimo sequel del film datato 2016, nel quale Affleck interpreta Chris Wolff, un metodico contabile autistico prestato all'azione.

Bernthal, uno in grado di essere contemporaneamente tostissimo quanto dolcissimo, interpreta invece il fratello Brax, sempre pronto a sparare l'ultima pallottola in canna. A differenza del primo capitolo, il sequel spinge maggiormente sul sentimentalismo, sullo humour e, ovvio, sull'action. Il tutto, dosato sul metro di stilistico dei due protagonisti. "Solitudine, famiglia, i vuoti che cerchiamo di colmare, c'è tutto questo nel film", racconta Jon Bernthal, il primo a prendere la parola. "Sono temi presenti in tutti e due film".
The Accountant 2: intervista a Ben Affleck e Jon Bernthal
Al centro di The Accountant 2, però, c'è l'amore. Per Ben Affleck, in camicia bianca con le maniche arrotolate, "L'amore è l'aspetto fondamentale della nostra umanità. Ciò che ci rende umani, forse. Possiamo amare, ma possiamo anche provare un dolore straziante. Desideriamo l'amore, ma possiamo anche sentirci più soli. È una dicotomia, le due facce della medaglia. Gioia e dolore. Elementi che riguardano la condizione umana e la lotta. E questo mi ha colpito del film: l'atmosfera genuina, il senso d'amore tra questi due fratelli. Provano a conciliare le cose complicate per farci i conti. Il pubblico può ritrovare una storia capace di parlare della condizione umana".
Se in The Accountant 2 c'è una splendida sequenza in cui Chris e Max si confrontano sulla felicità, Jon Bernthal - che ha finalmente ripreso il ruolo di Frank Castle aka The Punisher in Daredevil - confida che "La felicità arriva dal sentirsi amati, avere un legame. Penso a Max, compie azione per mascherare il vuoto che ha dentro. Conta la famiglia, l'amicizia, la lealtà. Sapere che qualcuno ti copra le spalle. Sono contento di aver fatto questo film, di solito sono a pezzi", sorride l'attore. "Mi piace stare con Ben, vorrei che tutti i film fossero così".
Oltre il bene e il male

Né buoni né cattivi, solo giusto e sbagliato. Un leitmotiv che si allinea per tutta la durata del film, ancora scritto da Bill Dubuque. "Una questione filosofica, e una questione morale interessante", ci dice Ben Affleck, "Per me, c'è un senso fondamentale di ciò che è buono e giusto in sintonia con ciò che sei davvero. Trovo un collegamento interessante con il set che abbiamo affrontato io e Jon. C'è chi crede che per fare le cose fatte bene bisogna soffrire, qualcosa che può essere rivelato attraverso la sofferenza. Ma non è sempre così. Con Jon, papà straordinario, abbiamo parlato di paternità, di come è essere genitori. E poi del nostro lavoro, che per me è una sorta di famiglia. Se riflettiamo queste priorità, e connettiamo questi fattori, si prova un senso di conforto. Ti senti allineato".