Un anno dopo aver sconfitto Shredder e salvato New York, Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Donatello continuano a proteggere la città di nascosto, temendo che il pubblico reagirebbe con ostilità se la loro esistenza venisse resa nota. Una possibilità che si fa più tangibile quando Shredder evade e, con l'aiuto dello scienziato Baxter Stockman, mette in atto un piano che dovrebbe permettere a Krang, una creatura proveniente da un'altra dimensione, di conquistare la Terra. E per assicurarsi che le tartarughe non mandino a monte i suoi piani, Shredder si è creato due sgherri mutanti: Bebop e Rocksteady.
L'importanza del fandom
Quando si porta al cinema un prodotto pre-esistente, che sia un romanzo, un fumetto, un videogioco o una serie televisiva, è importante realizzare un film in grado di soddisfare due fazioni: chi conosce ed ama il materiale di base, e lo spettatore neofita, dato che è quest'ultimo a determinare l'esito commerciale dell'operazione (basti pensare al successo, nel campo dei cinecomics, di pellicole come Iron Man o Deadpool, i cui protagonisti erano semisconosciuti al di fuori della sfera dei fan dei fumetti della Marvel). Il film deve quindi essere accessibile, ma allo stesso tempo riconoscibilmente basato sulla fonte da cui è tratto (e qui viene da pensare al recente Fantastic 4 - I Fantastici Quattro, che con il fumetto, a livello di atmosfere e caratterizzazione dei personaggi, aveva poco o nulla in comune). Un equilibrio che nel Tartarughe Ninja del 2014 era parzialmente assente, dato che il film di Jonathan Liebesman, prodotto da Michael Bay, ricordava più la saga di Transformers diretta proprio da quest'ultimo, tra battute fuori luogo, scene d'azione ipertrofiche e la presenza di Megan Fox.
Gli incassi sono stati sufficienti da giustificare un sequel, ma per il secondo episodio si è tenuto conto delle reazioni dei fan storici del franchise, puntando ad un prodotto più leggero, simile alla serie animata Tartarughe Ninja alla riscossa (e, data la partecipazione di Nickelodeon in sede produttiva, anche il recente reboot catodico). Pertanto, dopo i brevi omaggi nel primo film, questa volta è possibile udire per intero la storica sigla del cartoon, all'inizio dei titoli di coda, ma soprattutto sono stati aggiunti alcuni antagonisti molto amati, finora assenti dai lungometraggi live-action: Krang, Bebop, Rocksteady e Baxter Stockman. Senza dimenticare il ritorno di Casey Jones, che per l'occasione ha le fattezze di Stephen Amell, il protagonista di Arrow. Il risultato è gradevole, soprattutto per chi è cresciuto con le tartarughe animate, ma l'influenza a tratti nefasta di Bay, che ha il vero potere decisionale dietro le quinte, si fa ancora sentire.
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A volte ritornano
A risentire principalmente dell'influenza produttiva è ancora una volta Megan Fox, la cui sequenza introduttiva sembra essere stata scritta apposta solo per sfruttare il sex appeal dell'attrice, in un contesto legato allo sguardo maschile che è il marchio di fabbrica di Bay (la presenza dell'anonimo Dave Green in cabina di regia è puramente simbolica, dal punto di vista della realizzazione). Altrettanto "maschia", in senso negativo, è la caratterizzazione di Bebop e Rocksteady, costretti ad essere definiti, tra una simpatica scazzottata e l'altra, da battutacce scatologiche e/o a sfondo sessuale, in un tentativo poco riuscito di rendere la comicità più appetibile ad un pubblico di giovani adulti. Per quanto concerne Krang, il problema maggiore della sua presenza è il suo essere legato ad uno scontro finale che fa tanto, troppo, The Avengers (o, volendo restare in zona Bay, Transformers 3). Non che il personaggio in sé sia particolarmente efficace, merito di una scrittura quasi al di sotto dell'elementare e la voce a dir poco irritante che gli dà, in originale, Brad Garrett (ma può darsi che, in questo caso, il doppiaggio italiano lo renda più tollerabile). Più simpatico, ma usato con troppa parsimonia, il Baxter Stockman di Tyler Perry.
Rimane quindi Casey Jones, la new entry più attesa da una nutrita schiera di fan, non solo del personaggio ma anche del suo interprete. E il buon Amell, già abituato da alcuni anni ad atmosfere fumettistiche, seppure con toni più dark, è all'altezza delle aspettative, adattando le sue non sempre ottime doti recitative ad un genere dove l'importante è divertirsi. Certo, qualcuno rimpiangerà Elias Koteas, storico interprete di Jones nel primissimo lungometraggio dedicato alle tartarughe, ma Amell è un erede dignitoso, al punto da riuscire a fare la sua porca figura anche di fianco a Laura Linney, un'attrice assolutamente sprecata per questo tipo di film e che difatti rimane troppo raffinata sul piano della recitazione (un'alternativa preferibile sarebbe stata Sigourney Weaver, tanto per dirne una).
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Turtle power!
Nel complesso Tartarughe Ninja - Fuori dall'ombra è un seguito solo di poco superiore al prototipo, divertente e scanzonato ma ancora intrappolato tra i vizi del suo produttore e la volontà di portare al cinema lo spirito della serie animata. Chi ama quest'ultima passerà un paio d'ore tutto sommate godibili in compagnia di Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Donatello, forse per l'ultima volta per quanto riguarda questa versione del franchise: per ora, gli incassi sono decisamente deludenti, ed è difficile immaginare che possano migliorare tanto da giustificare un terzo episodio, per lo meno in tempi ragionevoli. Peccato, perché la direzione in cui si stava procedendo era quella giusta, tra risate, duelli e una quantità inesauribile di pizza.
Movieplayer.it
3.0/5