La visione delle prime sequenze del remake di Suspiria al CinemaCon di Las Vegas ha turbato non poco gli animi. Al pensiero, Luciano Tovoli se la ride sotto i baffi. Il leggendario direttore della fotografia che ha collaborato con Michelangelo Antonioni, Dario Argento, Barbet Schroeder ed Ettore Scola non sembra affatto dispiaciuto all'idea di una nuova rilettura del capolavoro a cui lui ha contribuito creando il look da fiaba malata con colori acidi e innaturali. "Trovo legittimo che un artista come Luca Guadagnino dichiari di essere stato influenzato da Suspiria" commenta Tovoli quando lo incontriamo a Livorno al FIPILI Horror Festival, dove introdurrà la proiezione del celebre horror. "Per me è un onore aver plasmato la sua visione tanto da spingerlo a rifare il film. So che ha fatto una cosa completamente diversa, ha dichiarato che l'originale è un film innocente, mentre il suo è molto più cattivo. So che molti sono scappati dalla sala, speriamo però che non ne faccia uscire troppi".
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Con Dario Argento, Tovoli ha girato tre film nell'arco di 35 anni. Suspiria, Tenebre e, nel 2012, Dracula 3D. Per l'incredibile look di Suspiria ha usato il Technicolor approfittando di costosi macchinari, il System Progress Five che, dopo la fine del film, sono stati venduti all'Unione Sovietica. "Suspiria è la mia visione dell'arte dell'epoca. Mi sono battuto per avere il sangue falso, volevo che si vedesse la finzione per farlo diventare pittura. Non amo l'horror, non mi interessava il genere, ma volevo fare una riflessione sull'immagine".
Da Suspiria a Dracula 3D passando attraverso le "Tenebre"
A Livorno Luciano Tovoli racconta in maniera divertita l'incontro con Dario Argento che ha segnato la sua carriera e la storia del cinema. "Ho scoperto dell'esistenza di Profondo Rosso una sera, quando ho sentito delle persone litigare sotto casa mia per entrare nel cinema vicino. C'era una coda impressionante. Io non amavo l'horror, ma mi sono incuriosito e ho visto il film. Due anni dopo ho ricevuto una telefonata sbrigativa da Dario che mi convocava. Non mi ha fatto neppure rispondere sì o no, ha buttato giù. Io amo i registi che parlano poco. Odio quelli da ristorante che ti invitano a pranzo, ti raccontano un film bellissimo, poi vai sul set e capisci che non sanno fare niente. Marco Ferreri si esprimeva per mugugni, ma era bravissimo".
L'incontro con Dario Argento e il padre Salvatore, produttore, non è stato per niente semplice. "Abbiamo discusso a lungo. Il padre di Dario non aveva fiducia in me, ma lui si è impuntato e dopo una lite feroce l'ha avuta vinta. Con Dario ho girato tre film. I primi due, Suspiria e Tenebre, a distanza di sei anni. Per Tenebre ho capovolto il lavoro fatto in precedenza, abbiamo scelto di eliminare il colore quasi del tutto. Sono state tre esperienze completamente diverse, Suspiria è l'esaltazione drammaturgica del colore, Tenebre assenza di colore e valorizzazione delle zone d'ombra, delle sequenze notturne. Ho partecipato a Dracula 3D perché l'esperienza del 3D mi interessava molto. Nel 3D bisogna tener conto di una dimensione in più, anche dettagli sfuocati qui acquistano peso. Dopo, il 3D ha avuto vita breve. In realtà è un metodo antico; se usato bene, stabilisce la sensazione fisca della distanza perché le due dimensioni appiattiscono tutto. Il film non è stato apprezzato da tutti, ma a Los Angeles è stato esaltato come il più bel 3D".
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Tempo, visione e narrazione: l'esperienza sul set con Antonioni
Il motivo principale per cui Dario Argento era determinato a lavorare con Luciano Tovoli è l'incredibile esperienza del direttore della fotografia con Michelangelo Antonioni culminata nel capolavoro Professione: reporter, le cui incredibili soluzioni visive hanno riscritto la storia del cinema. "Suspiria è un po' il frutto del mio confronto con Antonioni" spiega Tovoli. "La prima cosa che ho fatto con lui è un reportage in Cina. Ero affascinato dall'esperienza anche a livello politico e anche se in quel tipo di lavoro non c'era sperimentazione parlavamo molto del colore e del suo uso come espressione degli stati d'animo dei personaggi. Io amo i colori decisi, bizantini. Mentre giravo Pane e cioccolata, Antonioni mi ha richiamato. La sua motivazione è che pensava che fossi ignorante, quando si diventa esperti si trovano delle scappatoie, ma lui voleva lasciarmi libero di sbagliare perché i miei errori erano la forza del film".
Il piano sequenza finale di Professione: reporter è una delle sequenze più celebri di sempre. Dopo 43 anni, Luciano Tovoli non si stanca ancora di parlarne. "Quando l'abbiamo girato non pensavamo che avrebbe avuto un tale successo. Questa è l'intuizione di Antonioni, io l'ho realizzata, la vera difficoltà era trovare il meccanismo per realizzare il passaggio attraverso le sbarre della finestra. Il film è stato girato in ordine cronologico, quindi eravamo alla fine, ma avevamo molto tempo. Ci abbiamo impiegato una settimana per girare quel piano sequenza, oggi non se lo può più permettere nessuno".
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Il cinema è un regalo
Tra le varie esperienze sul set della sua sterminata carriera, Luciano Tovoli può vantare due commedie di culto, Bianca di Nanni Moretti e Bianco, rosso e Verdone di Carlo Verdone, due registi profondamente diversi, ognuno con le sue idiosincrasie. "Sono state entrambe due esperienze molto positive, ho una grande stima di loro come autori, ma poi non mi hanno più richiamato. Bene una, ma poi ognuno per la sua strada". Tra tanti uomini, Tovoli ha potuto collaborare anche con due donne, Liliana Cavani e Julie Taymor.
"Non c'è alcuna differenza a lavorare con un uomo o con una donna" conferma deciso il direttore della fotografia. "I grandi registi sono molto caparbi nel cercare di ottenere quello che vogliono. La Cavani è una grande cineasta, ma anche Julie Taymor ha uno sguardo visionario. Titus è un film con attori meravigliosi, Jessica Lange, Anthony Hopkins, forse è un po' troppo sperimentale e questo lo ha penalizzato al momento dell'uscita, non ha avuto la fortuna che avrebbe meritato". Prima di congedarci, chiediamo a Luciano Tovoli se esiste un autore con cui avrebbe voluto lavorare senza che sia successo, ma lui nega: "Il cinema è un regalo, io aspetto che siano i registi a chiamarmi per farmi questo regalo".