Suburbia Killer, la recensione: Così lontana, così vicina alle altre serie spagnole...

La recensione di Suburbia Killer: la miniserie in 8 puntate su Netflix ci appare subito molto diversa dalle altre serie spagnole di successo ma finisce spesso per peccare degli stessi difetti...

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Suburbia Killer: una foto di scena

Vatti a fidare degli spagnoli. Prima di scrivere la recensione di Suburbia Killer, nota anche come El inocente, la nuova serie tv in streaming su Netflix dal 30 aprile, ci chiedevamo se sarebbe stata un prodotto in qualche modo simile alle serie più di successo degli ultimi anni, da La casa di carta, Elite o Sky Rojo, serie televisive molto cariche, pop, dai personaggi iconici, e caratterizzate da una certa dose di violenza, anche se stemperata dall'ironia. Suburbia Killer, dalle prime battute, sembra andare in un'altra direzione, quella di un racconto più sobrio e asciutto. E in parte riesce a sorprenderci. Ma, man mano che la storia procede, sembra peccare un po' degli stessi problemi delle serie più note: una violenza a tratti eccessiva, una certa tendenza a sviluppi da telenovela, snodi narrativi un po' arditi. Ma è comunque una serie dalla trama avvincente, che si segue volentieri.

Quelle immagini che arrivano sul cellulare

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Suburbia Killer: una foto di scena della serie

Mateo Vidal (Mario Casas), per tutti Mat, si trova in un locale notturno quando la sua vita cambia per sempre. A causa di una ragazza scoppia una rissa, e durante la colluttazione, un ragazzo cade e perde la vita. Mat viene incolpato e condannato a quattro anni di carcere. Quando esce, la sua vita sembra svoltare. Trova lavoro presso lo studio da avvocato del fratello, e incontra la donna della sua vita, Olivia Costa (Aura Garrido). Un giorno, però, lei deve partire per Berlino per lavoro. Mentre la donna è là, a Mat cominciano ad arrivare dal cellulare di Olivia immagini che la riprendono seminuda, con una parrucca bionda, mentre dorme. Mat prova a cercarla, ma sarà solo l'inizio di un'incredibile concatenazione di eventi. Lorena Ortiz (Alexandra Jiménez), un'ispettrice di polizia, sta indagando su un suicidio, e in qualche modo arriva a Mat...

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È meno pop ed eccessiva di altre serie spagnole

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Suburbia Killer: un'immagine della serie

A un primo sguardo, Suburbia killer è molto lontana dalle serie spagnole più famose, come La casa di carta, White Lines e Sky Rojo, tutte tra l'altro opera di Alex Pina, e anche di prodotti come Elite che, tra cast e tono, prendono molto da quel mondo. Appare meno pop ed eccessiva, vive più su un'atmosfera di attesa e mistero che su momenti ad effetto. È una serie che, a differenza di altre, non presenta subito tutti i personaggi, ma li introduce man mano. Parallelamente, non svela subito, come altre, la vera chiave della vicenda, ma accumula domande su altre domande, apre delle porte che a sua volta si aprono su altre porte.

Quel modo unico di raccontare le backstory

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Suburbia Killer: il protagonista in una scena

Suburbia Killer ha anche un'altra particolarità: il modo di gestire le backstory. Non alterna, com'è nella tendenza ormai classica, da Lost a The Handmaid's Tale fino ad Anna, il racconto del presente a dei flashback costanti e dettagliati del passato. Ma preferisce giocarsi tutte le backstory in un racconto fulmineo, letto da una voce off in seconda persona singolare (tu sei stato...), nei minuti iniziali di ogni puntata. Così, quando l'episodio giunge al termine, è come se ci fosse un reset, e l'episodio successivo parte con il racconto di un altro personaggio: a volte è nuovo, come quando, all'inizio dell'episodio 2 arriva la storia di Lorena, ispettore di polizia, a volte lo conosciamo già, ma lo vediamo sotto un'altra luce, a volte ci sembrava un personaggio secondario e non ci abbiamo prestato la necessaria attenzione. Per questa costruzione, Suburbia Killer è piuttosto originale.

Dal romanzo di Harlan Coben, la forza e il limite è la trama

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Suburbia Killer: un'immagine di scena

La forza, ma forse anche il limite, di Suburbia Killer è la trama. Una vicenda intricatissima fatta di segreti e di insospettabili intrecci tra le persone che sembrano lontanissime per vita e attitudine ma si ritrovano in qualche modo collegate. È tratta dal libro omonimo di Harlan Coben, ed è chiaro che chi ha scritto e confezionato la serie si sia sentito molto sicuro di questo racconto che, a suo modo, è avvincente. Gli sceneggiatori muovono a piacimento sulla scacchiera i loro personaggi come fossero pedine, alla ricerca della mossa giusta per fare scacco matto, cioè stupire lo spettatore, portarlo dove vogliono. Sono dei veri e propri deus ex machina che dispongono come vogliono delle proprie creature. Questa storia sorprendente è anche il limite della serie: focalizzati sull'intreccio, gli scrittori si occupano meno della costruzione dei personaggi. O meglio, si preoccupano di dare loro una storia, e anche ampia, ma non ne approfondiscono appieno desideri, sogni, debolezze, che sono piuttosto stereotipati e superficiali. Tutto questo, unito al fatto che gli attori non sono proprio, per così dire, di prima fascia, ma un po' anonimi, non riesce a far scattare l'empatia con i personaggi, ma al massimo la curiosità di sapere dove andranno a finire.

Se a un certo punto Suburbia Killer diventa Sky Rojo

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Sky Rojo: Verónica Sánchez in una foto della serie Netflix

Suburbia Killer - che una volta svelato il mistero, a metà strada perde un po' del suo fascino - ci sorprende ancora quando, pensando fosse così diversa da altre serie spagnole, ripercorre i passi di un'altra serie che abbiamo appena visto su Netflix, Sky Rojo, portandoci nel chiuso di un bordello, con le dinamiche viste in quella serie, ma anche altre volte. Non è solo il "già visto" a lasciarci perplessi. Ma anche il fatto che, come nella serie di Álex Pina, ci sia un indugiare su una serie di violenze e soprusi sulle donne che, se è vero che devono denunciare una situazione, e sono funzionali al racconto, ci sembrano un po' troppo compiaciute. Se a queste aggiungiamo alcune svolte da telenovela alla trama, capiamo che, in fondo, Suburbia Killer è così lontana ma così vicina dalle altre serie iberiche recenti.

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Nessuno è quello che sembra

Resta un'atmosfera che, almeno nella prima parte, è insolita, ipnotica, sospesa. C'è qualcosa, nella confezione, dei primissimi film di Alejandro Amenábar, quella fotografia un po' ombrosa e un po' tenue, con pochi contrasti, una certa aria rétro. E la serie affascina e disturba ogni volta che vediamo quelle riprese, da cellulari o camere di sorveglianza, che violano la nostra privacy e il nostro spazio domestico, come accadeva in Strade perdute di David Lynch. Riferimenti e suggestioni che sbucano qua e là in un prodotto che però si rivela un po' al di sotto degli standard qualitativi della serialità spagnola. È una serie che comunque si lascia vedere, dove nessuno è davvero quello che sembra e dove il passato è destinato a ritornare, ineluttabile, e a non lasciare in pace chi vorrebbe lasciarselo alle spalle.

Conclusioni

Nella recensione di Suburbia Killer vi parliamo di una serie che sembra andare in un'altra direzione rispetto alle serie spagnole, quella di un racconto più sobrio e asciutto. Ma, man mano che la storia procede, sembra peccare un po' degli stessi problemi delle serie più note: una violenza a tratti eccessiva, una certa tendenza a sviluppi da telenovela, snodi narrativi un po' arditi. È comunque una serie dalla trama avvincente, che si segue volentieri.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • Ha una struttura particolare, che a ogni episodio fa un reset, e inizia con la storia di un nuovo personaggio.
  • Il senso di mistero e sospensione che aleggia nella prima parte avvince.
  • La trama è intricatissima e sorprendente...

Cosa non va

  • ...ma finisce per prevalere sulla costruzione dei personaggi.
  • Anche gli attori sono un po' anonimi, e non riescono a creare empatia nello spettatore.
  • Alcune situazioni sono già viste.