Riprendere e fotografare un film al cinema è una sgradevole abitudine. Oltre ad essere una sconfitta culturale

Con Wicked il fenomeno si è accentuato: una moda diventata tradizione, che travisa il concetto di evento cinematografico in nome di una costante manifestazione della propria presenza (per buona pace dell'educazione).

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Lo avevamo già anticipato in un precedente articolo (lo potete leggere qui), consci che la sgarbata moda del momento sarebbe diventata poco a poco una radicata tradizione. Ora, c'è voluto Wicked - e prima ancora Il Gladiatore e Deapool & Wolverine - a certificare un'usanza che sottolinea quanto la fruizione di un film in sala sia terribilmente influenzata dalle abitudini casalinghe. La polemica è scoppiata in concomitanza con l'uscita del musical: sono iniziate a comparire sequenze riprese dagli spettatori e postate sui social, da Instagram a TikTok fino ad X. Interi dialoghi, sequenze di canto, addirittura il finale, ripreso e pubblicato per intero. Oltre al solito titolo fotografato e postato, per certificare la propria presenza.

Wicked Cynthia Erivo Immagine
Una scena del finale di Wicked, tra le più postate sui social

Negli Stati Uniti il dibattito è imploso dopo che sono comparsi foto e video che testimonierebbero la partecipazione all'evento Wicked. Il punto di partenza, ragionando sullo sgradevole fenomeno, è proprio la contemporanea concezione che il cinema venga valutato come "evento". Dalla riapertura delle sale post-pandemia la retorica ha spinto il cinema verso un'ottica simile a quella di un concerto, di un incontro sportivo, di una mostra. Da una parte ha aiutato a rimettere in piedi l'industria (basti pensare a Top Gun: Maverick o Barbie, oppure a C'è ancora domani qui in Italia), dall'altra ha reso instagrammabile qualcosa che, prima, invece, era considerato un abitudinario svago culturale e popolare, che viveva e ragionava secondo una ciclicità da ripetere più volte l'anno.

Riprendere scene di un film al cinema. Ovvero: manifestare la propria presenza

Paul Mescal Gladiator 2 Trailer
Paul Mescal ne Il gladiatore 2. Un altro titolo virale sui social

Bisogna "rispettare gli spettatori", oppure "spegnete i telefoni!", e ancora "questo è un comportamento illegale", si legge sotto i post degli utenti che, smartphone in mano, come se fossero ad un concerto o ad una partita di calcio, hanno passato diversi minuti con lo schermo attivo riprendendo il grande schermo. Qui, il primo cortocircuito: la dimensione di uno schermo si sta via via rimpicciolendo, e quindi il pubblico sta assottigliando la capacità di prestare attenzione verso qualcosa di enormemente più esteso. C'è un bisogno mentale di ristringere il campo e rinchiudere le immagini in un formato che possa essere condiviso, e quindi avallato tramite like, commenti e reazioni dai proprio follower. Una continua testimonianza di "manifestare la propria presenza" (e quindi manifestare di esistere?), di documentare la propria partecipazione ad un evento che, purtroppo, non riguarda più solo la semplice visione di un film.

Il cinema è ormai un evento. E lo dimostrano le nuove (e cattive) abitudini

Inseguendo la viralità per buona pace dell'educazione

Non vorremmo apparire bacchettoni, ma oltre ad essere effettivamente illegale riprendere e postare sequenze sui social protette da copyright (certo, non aiuta se poi sono gli stessi attori e attrici a repostare il contenuto quando taggati), utilizzare il telefono in sala è una delle peggiori abitudini che possano esserci. È come se un certo pubblico involga la sua stessa distrazione, ben rodata dallo streaming casalingo che permette di mettere in pausa, mandare avanti, addirittura interrompere la visione, scrollando la home di Instagram se il film o la serie non fanno al proprio gusto (e spesso il giudizio è affrettato, in quanto si parte già distratti).

Per non parlare di quanto poi sia infastidente verso coloro che vorrebbero seguire un film senza nessun altro tipo di impulso luminoso: avere davanti a sé qualcuno con un telefono acceso con l'obiettivo puntato sullo schermo, come se fosse davvero ad un concerto live, rovina la visione. Viene intervallata e spezzettata la fruizione di una storia che, invece, non dovrebbe mai essere filtrata da nessun dispositivo intermezzato (e allora hanno ragione artisti come Bob Dylan, che durante i loro concerti vietano tassativamente l'utilizzo dei telefoni) in nome di una effimera viralità. Scegliere di filmare o fotografare un film, solo per vidimare sé stessi nei confronti dell'evento in sé (basterebbe postare il biglietto del cinema, o la locandina prima della visione, lasciando il telefono in tasca) rompe il filo, spezza quella "magia" irripetibile del momento. Il cinema, tra l'altro, è il mezzo espressivo che più di tutti vive di immediatezza: perdere o filtrare una battuta o un dettaglio solo per farne una storia o un post è una sconfitta culturale.