Profumo di sole, di Sud e jazz. Stolen Moments, piccola e preziosa pellicola firmata dal regista Stefano Landini, fonde l'amore per la Puglia solare a quello per la musica, passione che il regista coltiva da sempre e che ha affrontato già in opere precedenti. Interpretato dall'eclettico Nicola Nocella con Nicola Sinisi, Paolo Sassanelli e Luigi Moretti, Stolen Moments non è un documentario né un film completamente di finzione, ma fonde con arguzia fatti reali e fictional in un mockumentary davvero atipico per raccontare la storia dello Stolen Moments, jazz club di Torino chiuso per sempre dopo cinquant'anni di attività.
"Sono sempre stato molto appassionato di musica jazz. Fin da bambino mio padre, pianista jazz amatoriale ma capace, frequentava il Music Inn e a casa mia erano spesso ospiti personaggi come Marcello Rosa" ricorda il regista. "Io stesso suono il piano, con risultati discutibili, ma a detta di molti ho un orecchio musicale. Ho avuto la fortuna di studiare con il grande Massimo Fedeli, autore delle musiche di diversi miei lavori".
Dal Sud al Nord, stranieri nel proprio paese
Come rivela Stefano Landini, l'idea di Stolen Moments, uscito a novembre ma al centro di un tour di successo, nasce durante la realizzazione del documentario Cocktail Bar, che racconta la storia del Music Inn, popolare locale di Roma negli anni 70. Il cineasta ha poi trasformato la storia vera del locale romano in una vicenda immaginaria trasportandola nel profondo Sud e lasciando inalterata l'epoca. Sulla dimensione puramente musicale si inserisce, però, una nota drammatica.
"Purtroppo, negli anni 70, a Torino venivano utilizzati dei capannoni per 'alloggiare' gli operai del Sud Italia, in condizioni igieniche e sanitarie impossibili. Venivano chiamati 'casermette di via Reni', dalla zona in cui si trovavano, e nessuno ne parlava" spiega. "Come se fosse una vergogna per la città da tenere nascosta. Il nostro protagonista, senza volerlo, si ritrova a salvare da questo destino una famiglia lì ammassata. Ecco perché è inevitabile la riflessione su chi è oggi lo straniero, visto che non molti anni fa lo straniero eravamo noi stessi, e nel nostro stesso territorio".
L'uso emotivo del colore
Per raccontare adeguatamente il connubio tra jazz e immigrazione, Stefano Landini ha cucito addosso a Nicola Nocella il personaggio di Sabino adottando il genere del mockumentary, o finto documentario, che mescola realtà e finzione "perché è una nuova forma di espressione filmica che ci ricorda come ormai la distinzione tra fiction e non-fiction sia obsoleta. Inutile citare gli innumerevoli esempi, a partire dal celeberrimo Zelig di Woody Allen".
E parlando di Woody Allen, è intrigante l'alternanza tra colore e bianco e nero che caratterizza Stolen Moments. "Non necessariamente il bianco e nero rappresenta il ricordo o la memoria, anzi. In alcune scene del film direi più che la forza della musica infonde alle immagini il colore che da' loro la vita" spiega Landini. "Come non necessariamente il bianco e nero indica che siamo a Torino piuttosto che al Sud. Quando i musicisti suonano nel locale, la scena, iniziata in bianco e nero come connotazione geografica, può trasformarsi a colori. Anche la nascita di un sentimento tra due personaggi può dar vita al colore. Ma mi fermo qui, se no svelo tutto".
La forza del team creativo... e musicale
Presenza fondamentale alla guida del cast di Stolen Moments, Nicola Nocella dà vita a un personaggio timido e di poche parole, ma dai grandi sogni. Come rivela Stefano Landini, "Nicola ha messo moltissimo di sé nel personaggio di Sabino, ha dato l'anima. E' stato fantastico. Sul cast non aggiungo altro, se non che il personaggio di Pino Pozzo, lo scorbutico, ma in fondo buono sassofonista torinese, doveva essere interpretato dal compianto Ivano Marescotti, con cui avevo lavorato precedentemente in un un cortometraggio. La sua perdita è stata enorme". Nel film compare, inoltre, Pupi Avati a cui Landini affida il ruolo di intervistato/narratore. "Come dicevo, per gioco, mentre realizzavamo la sua intervista per l'altro documentario, Pupi Avati è uno straordinario affabulatore, un narratore incredibile" specifica il regista. "Vi racconto un aneddoto: a un certo punto ha improvvisato, creando dal nulla una scena che non era prevista nelle sue battute. Il punto è che era talmente perfetta che dovevamo realizzare una piccola costruzione per renderla credibile, e non c'erano i soldi per farlo. Ma lui era fantastico, un attore nato, così coi pochi soldi rimasti siamo riusciti a realizzarla".
E poi c'è la musica, protagonista assoluta del film grazie all'eccezionale lavoro del compositore Massimo Fedeli. "Posso solo dire che ne sono innamorato. Letteralmente" confessa Landini. "Il disco è stato registrato prima delle riprese del film e questo non ha reso possibile l'utilizzo dei veri musicisti che lo avevano registrato, come mi era accaduto con Paolo Fresu nel mio film precedente, 7/8. Solo Vito Quaranta si è reso disponibile alla chitarra su alcuni brani. Ma anche gli attori che impersonavano i musicisti erano tutti musicisti veri, grazie anche alle competenze musicali di Enrico Acciani, l'aiuto regista, anch'egli musicista eccellente".