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Quella di disquisire sui malcostumi italiani è un'attività nella quale prima o poi tutti si sono cimentati, con toni più o meno seri. Una certa opinione internazionale, non certo lusinghiera nei confronti dell'italica specie, provoca sgomento e indignazione ai destinatari delle critiche, che se da una parte usano lo stesso superficiale e generalista metodo di giudizio nei confronti di chi proviene da longitudini leggermente maggiori, dall'altra si fanno spesso scudo e vanto di quelle stesse caratteristiche da altri vituperate, relegando l'autocritica a una mera formalità, e la tendenza all'automiglioramento a una pura utopia. Comunque sia, effetto dell'arte è anche quello di scuotere le coscienze e disvelare la verità, e Dino Risi nel 1963 si è accollato l'ingrato compito di mettere di fronte gli italiani alle più becere contraddizioni e bassezze della società del boom economico nella quale sguazzavano, con la pellicola dall'emblematico titolo I mostri, seguita quattordici anni dopo da un complemento alla devianza italiana (I nuovi mostri). A dimostrazione che in quarant'anni non molto è avvenuto in termini di evoluzione etica degli abitanti del Belpaese, Enrico Oldoini descrive oggi le molteplici sfaccettature dell'umana mostruosità che, come sempre succede, si nasconde nelle vesti più insospettabili.
Nel vasto campionario esaminato c'è spazio un po' per tutto, dalle mostruosità classiche, dei borghesi dal finto aplomb e volgarotti dentro, dei diligenti preti sempre pronti a dispensare moralità e mai a tendere davvero una mano, a quelle più specifiche ed originali, ispirate alla quotidianità di cui tutti siamo testimoni. Abbiamo così il rampante conducente di SUV che non esita ad abbandonare il malcapitato che ha appena investito, destinato a non trovare sorte migliore nella coppia medio borghese sull'orlo del fallimento economico che lo soccorre; c'è poi il padre di famiglia per il quale il figlio potrà anche essere gay, ma non sotto il suo naso; come anche il famoso divo tv che furbamente si approfitta degli aspetti più squallidi della notorietà presenziando impunemente e sotto lauto cachet ai funerali, fingendo di compiangere l'amico attore fallito e povero in canna. Ma di fianco a queste situazioni, trattate con dissacrante comicità, Oldoini trova spazio anche per episodi dalle tinte quasi drammatiche, come quello in cui un'intera famiglia si dedica con pervicacia ad instillare il senso di colpa nella giovane figlia, rea di aver smesso di prostituirsi e quindi di procurare entrate ai parenti, o come la vicenda dell'architetto inconsapevolmente coinvolto nel progetto di un bunker per la Mafia, o ancora con la descrizione dell'elaborata associazione a delinquere di tre ragazzine, disposte a tutto pur di entrare in possesso degli agognati abiti firmati.
Oldoini non sarà Dino Risi ma, forse aiutato dall'essere immerso in una società che ha ampiamente superato le più fosche aspettative del suo predecessore, crea un affresco disilluso e spietato dell'Italia contemporanea, che attraverso la dinamica narrazione ad episodi assume di volta in volta tinte comiche, a tratti quasi indulgenti nei casi in cui la mostruosità è poi d'impaccio solo al mostro stesso, quanto grottesche e inquietanti. L'alternanza tra momenti leggeri e sequenze drammatiche mantiene sempre alto il ritmo della narrazione ed equilibra la pellicola, senza farla sfociare negli stilemi della commedia da cinepanettone, vacuamente ridanciana, ma nemmeno appesantendola con intenti didascalici. Il rammarico è quello di aver voluto a volte forzare un po' troppo la mano, pur tenendo conto della necessità cinematografica di esasperare la realtà allo scopo di rendere più incisivo e pregnante il messaggio, tralasciando d'altro canto situazioni altrettanto stigmatizzabili: meno "estremo" e anche più aderente alla quotidianità sarebbe stato un episodio in cui, al posto dei genitori compiaciuti papponi, a spadroneggiare in casa fosse stato il figlio. In una pellicola strutturata a sketch, alcuni abbastanza corposi, ma altri davvero fulminei, fondamentale è la poliedricità degli attori, chiamati di volta in volta a dare vita ai personaggi più vari, dal frivolo al depresso, dallo spietato alla vittima più o meno consapevole. E nonostante il cast sia formato da protagonisti di spicco del cinema italiano, ognuno più o meno legato (spesso suo malgrado e ingiustamente) ad una certa tipologia di personaggio, tutti hanno offerto prove più che convincenti, esenti da atteggiamenti gigioneggianti, dimostrando di aver superato, almeno loro, il pregiudizio, ancora una volta tutto italiano, che vuole gli interpreti comici incapaci di trasmettere drammaticità, e viceversa.
Gli italiani e i loro vizi si saranno anche evoluti, ma con questo film Oldoini sembra quasi essere tornato indietro, alle radici della commedia all'italiana che ha reso il nostro cinema famoso e virtuoso, e questa inversione di tendenza rispetto alla dilagante comicità ridotta ai minimi termini, fondata su volgarità e cafonaggine, non può che costituire un fatto positivo. Nonostante qualche eccesso, I mostri oggi è una pellicola divertente ma non superficiale, che in maniera mordace e anche un po' cinica mette in luce tanti degli aspetti più miseri dell'essere umano, senza pretendere di cambiarli, anzi sapendo benissimo che non si può.