Una sequenza di numeri: 78651. Quelli impressi sulla pelle di Simone Veil, magistrata e prima presidente donna del consiglio superiore della magistratura e del Parlamento europeo dal 1978 al 1982. Ebrea non praticante deportata ad Auschwitz nel 1944 e liberata il 27 gennaio 1945, in quello che sarebbe diventato il giorno della memoria in tutti gli stati dell'Unione europea. La stessa che aveva contribuito a plasmare e nella quale credeva ciecamente. La sua storia è raccontata ora in un film: Simone Veil - La donna del secolo.
Simone Veil: sola contro tutti
Dietro la macchina da presa Olivier Dahan che, dopo La vie en rose e_Grace di Monaco_, realizza il terzo capitolo di una trilogia dedicata a ritratti di donne che hanno lasciato un segno nel Novecento. Un percorso simile a quello intrapreso da Pablo Larraín con Jackie, Spencer e Maria. Il film si apre con la battaglia al diritto all'aborto portata avanti da Veil nel parlamento francese (che passerà alla storia come Legge Veil). Una lotta fortemente osteggiata dai suoi avversari politici, tutti uomini, che l'attaccano selvaggiamente e meschinamente tirando in ballo addirittura il suo periodo di prigionia nel campo di concentramento nazista.
Da lì in poi Simone Veil - La donna del secolo si muove tra episodi ed epoche diverse della sua vita. Una scelta dettata dalla sceneggiatura di Dahan che si riflette nel montaggio firmato da Richard Marizy. Per un biopic della durata di quasi due ore e mezza è essenziale trovare una chiave narrativa capace di agganciare il pubblico, ma il continuo passare da un piano temporale all'altro ne depotenzia in parte la forza e la possibilità di concentrarsi e approfondire quel dato episodio.
Va però anche sottolineata la difficoltà di condensare in un lasso di tempo relativamente breve la quantità di avvenimenti che si sono succeduti nella vita della magistrata. Dahan fa in modo di includere i più significativi per sottolineare l'importanza che il suo ruolo e il suo impegno hanno avuto sia in Francia che nel resto d'Europa.
La lotta per dignità e umanità
Osteggiata perché donna in un mondo e in un settore dove sono sempre stati gli uomini a dettare legge, Simone Veil non si è fatta abbattere. Ha incassato i colpi e ha portato avanti la sua "vocazione" nonostante tutto e tutti. E come insegna il film si è battuta per i diritti dei detenuti, dei malati di AIDS, dei tossicodipendenti, dei bambini. La dignità e l'umanità sono state le sue stelle polari. Le stesse che il nazismo ha provato a strappare via a lei, a sua madre, a sua sorella e a migliaia di altri esseri umani.
Simone Veil - La donna del secolo vive delle interpretazioni di Elsa Zylberstein e Rebecca Marder nei panni della protagonista in anni diversi della sua vita. Proprio Zylberstein ha fortemente voluto realizzare questo film ed è lei che ha contattato Dahan per renderlo possibile. La sua trasformazione fisica in Veil soffre però di un **trucco prostetico troppo pesanteéé e riconoscibile che annulla in parte la sospensione di incredulità necessaria per calarsi nella visione di un film incentrato su un personaggio realmente esistito.
Il punto a favore del film è l'aver saputo tratteggiare il ritratto di una colonna portante del secondo Novecento muovendosi tra il suo doloroso privato - il disintegrarsi della sua famiglia, la morte della sorella, l'aver perso le tracce di padre e fratello - e la figura pubblica. Granitica all'esterno, il film ci mostra anche il suo lato più fragile, specie nel rapporto con l'amato marito Antoine confidente dei suoi pensieri e timori. In un momento storico in cui gli estremismi, l'odio, il razzismo e la divisione hanno alzato prepotentemente la voce, ricordare o scoprire la lezione di Simone Veil diventa particolarmente importante. Specie se il suo lascito è quello legato a parole come "unione" e "pace". Parole e realtà che oggi vacillano.
Conclusioni
Olivier Dahan, dopo La vie en rose e Grace di Monaco, sceglie di concentrarsi su Simone Veil per chiudere la sua trilogia cinematografica dedicata a figure femminili che hanno lasciato un segno nel “secolo breve”. Una storia fatta di dolore e determinazione, tra il campo di concentramento di Auschwitz e la presidenza del parlamento europeo. Dividendosi tra privato e pubblico e giocando costantemente con i piani temporali, Simone Veil – La donna del secolo si concentra sul racconto delle battaglie politiche e sociali portate avanti dalla magistrata senza mai dimenticare il suo tumulto interiore. Lungo quasi due ore e mezza, il film soffre del continuo muoversi tra epoche diverse e del trucco prostetico che appesantisce e limita l'interpretazione di Elsa Zylberstein.
Perché ci piace
- Il ritratto di una figura importante del Novecento oggi poco conosciuta
- L'attenzione sia alla sfera privata che pubblica
- L'accento puntato sui concetti di dignità ed umanità
Cosa non va
- Il frequente passaggio tra piani temporali diversi rischia di non approfondire a sufficienza gli avvenimenti
- Il trucco prostetico è troppo pesante