Giorni e nuvole, presentato nella sezione Première della seconda Festa del cinema di Roma, è indubbiamente il film italiano più atteso dell'intera rassegna, e non delude le attese: gli applausi al termine della proiezione riservata alla stampa sono prolungati e calorosi.
Con il regista Silvio Soldini, il produttore Lionello Cerri e gli sceneggiatori del film ci sono gli eccellenti protaginisti Margherita Buy e Antonio Albanese altri due interpreti, Fabio Troiano e la giovane e brava Alba Rohrwacher.
Silvio Soldini, il personaggio di Michele (interpretato da Albanese, ndR.) non è esattamente quello che ci aspetteremmo a prendere parte ad una manifestazione contro il precariato. Volevate affermare che il problema della precarietà può riguardare tutti?
Silvio Soldini: Il film ha a che fare soprattutto con lo stupore di due persone che pensavano di avere di fronte a sé un futuro sereno e improvvisamente questo è distrutto. Michele per primo è stupito e inerme di fronte a quello che sta accadendo. Si tratta di una storia come ne leggiamo continuamente sui giornali, è normale quando accade agli altri, ma quando succede a te ne sei completamente tramortito.
L'impressione è che la sceneggiatura abbia forti basi nel reale. Come avete lavorato in questo senso?
Silvio Soldini: Per me un film nasce sempre dall'esperenza del film precedente, Agata e la tempesta era un film corale e molto surreale; avevo voglia di qualcosa di più realistico per questa volta, e volevo affrontare qualcosa che non avevo mai trattato prima, ovvero la storia di unacoppia di persone che stanno insieme da tanto tempo. Il reale, ovvero quello che accade intorno a noi, e il privato del loro rapporto sono gli elementi su cui abbiamo lavorato fino a fare emergere e affinare questi due personaggi.
Francesco Piccolo: Abbiamo lavorato per molto tempo sulle dinamiche della coppia borghese e la sua discesa nella crisi e allo stesso tempo sulla capacità di restare insieme in un momento così difficile. Abbiamo cercato di individuare passaggi reali situazioni riconoscibili. E' capitato a tutti di vedere che le persone che lavorano al corriere espresso non siano sembre ragazzi, ma spesso quarantenni o anche cinquantenni. Abbiamo indagato partendo da una coppia borghese e colta perché il loro amore doveva partire da un livello di complicità intellettuale molto alto.
Soldini, la recitazione nel film sembra molto spontane, in realtà lei normalmente studia e costruisce tutto prima e fa molte prove. E' andata così anche stavolta?
Silvio Soldini: E' vero, costruisco a tavolino i miei film, e questo forse più degli altri. La naturalezza si ottiene soltanto con una pianificazione molto meticolosa; ma la prima cosa è scegliere bene gli attori, e io li ho scelti bene, credo. Quando si ha a che fare con attori così incredibilmente disponibili è un piacere alzarsi la mattina per andare a lavorare ed essere felici di fare questo mestiere.
E gli attori in questione, come si sono trovati?
Antonio Albanese: La storia mi ha coinvolto immediatamente: io arrivo dal mondo operaio, e il mondo del lavoro mi appartiene molto. Quasi in contemporanea ho vissuto l'esperienza di un caro amico che si è trovato in una situazione simile; ma sono stato a contatto con storie come questa tante volte. Ricordo ancora lo sguardo del mio amico come in un fermo immagine, ebbe quello sguardo per un mese. Mi sono buttato nella storia con il cuore e con l'anima. Anche il rapporto di coppia mi interessava e Margherita è una delle attrici che più amo, e mi sono trovato anche molto bene a Genova, una città che conoscevo poco e legata al mondo del lavoro anche come paesaggio.
Margherita Buy: Abbiamo lavorato molto, e Soldini è stato molto bravo ad aiutarmi a vincere la mia pigrizia; è un po' rompiscatole, non ti dà tregua! Ma è stato bellissimo.
Antonio Albanese: E' vero, non gli sfugge niente, e se gli chiedi un commento ti elargisce un "niente male". Poi mi hanno spiegato che quando dice così vuol dire che è entusiasta. Ma la sua passione era evidente e stimolante.
Alba Rohrwacher: Confermo tutto, le riprese sono state un'esperienza interessante ed emozionante; mentre lavoravamo la scena diventava viva, e silvio era attento a quelsiasi cosa. La sensazione di spontaneità viene dal fatto che avevamo un'idea precisa e questo ci rendeva armoniosi.
Silvio Soldini: A proposito di Genova, sentivo il bisogno di tornarci dopo Agata e la tempesta. Mi piace che la città in cui è ambientata la storia sia presente. Girare on location sgnifica anche vivere i loghi in cui stai lavorando, e per me è molto importante. Le immagini della città le abbiamo girate quando capitava, quando scorgevamo un paesaggio con una luce particolare. L'alba che apre il film l'abbiamo girata una mattina in cui dovevamo filmare una scena in automobile. Avevamo la seconda macchina e la usammo per catturare Genova all'alba. Mi solo il bagaglio storico, il legame con il lavoro, ma mi interessava anche che la città fosse suggestiva a livello pittorico.
Nel film c'è un ottimo equilibrio tra commedia e dramma che nonscade mai nel mélo. Come l'avete ottenuto?
Antonio Albanese: Essenzialmente siamo partito da una sceneggiatura che noi abbiamo trovato subito convincente e siamo partiti da lì. Io lavoro sempre molto su pesantezza e leggerezza del personaggio, ma in questo caso la sceneggiatura era già equilibrata e il resto viene di conseguenza.
Margherita Buy: La sceneggiatura era ottima, ma io ho apprezzato anche la disponibilità degli sceneggiatori: il lavoro con gli sceneggiatori non può essere chiuso, e durante le prove loro sono stati disponibili non a una riscruttutra ma alla reinterpretazione in base alle nostre esigenze.
Il vostro è un film sincero in cui l'Italia esce fuori come è in realtà, e a questo sembra corrispondere anche un nuovo modo di girare per Soldini, con la camera a mano, quasi alla Ken Loach...
Silvio Soldini: Ogni film deve trovare il proprio stile, questo film è più lontano da quelli più surreali e letterari più sospesi e distanti dalla realtà. Abbiamo parlato molto di come girare il film con il mio direttore della fotografia, di come utilizzare la macchina a mano. Abbiamo privilegiato i piani sequenza, con gli attori in scena per diversi minuti senza frammetare le scene e dare la sensazione di realismo quasi documentaristica. Forse così il film è meno perfetto, ma messa in scena meno studiata, ma c'è più naturalezza ed era quello che volevo ottenere.