Parla d'amore, ma anche di molto altro un teso Silvio Muccino, in apprensione per il giudizio della stampa sul primo film, che viene accolto abbastanza benevolmente dai critici presenti al lancio ufficiale della pellicola.
"E' da due anni che lavoro al progetto di Parlami d'amore, e sono due anni che mi immagino questa serata, la presentazione alla stampa e al pubblico del mio primo film".
Un Muccino cinefilo che parla dell'"amore a 360°, dunque in primo luogo amore per il cinema". E cita la nouvelle vague, Godard, Bertolucci e Storaro come punti di riferimento, rivendicando di aver costruito un film molto "francese", tanto da aver "pensato una scena come omaggio a Fino all'ultimo respiro".
Ne viene fuori così un film che cerca di smarcarsi dall'etichetta di commedia sentimentale giovanilistica. "Volevo essenzialmente comunicare la mia voglia di vivere. Per questo il mio film parla di vita, non ha un target specifico, parla proprio a tutti, anzi forse ai meno giovani. I protagonisti sono il passato, le paure, i sensi di colpa".
Ne emerge un quadro duro faticoso, consono all'idea che "l'amore non è semplice, perché ti mette a nudo, ti obbliga a darti, ti tira fuori dalle bare che uno si costruisce e nelle quali ci si rinchiude".
Per Muccino è un esordio giovane dietro la macchina da presa, a soli ventisei anni, e l'esuberanza l'ha condotto a mettere tanta, forse troppa, carne al fuoco: "La prima volta che mi hanno proposto di fare il regista avevo solo venti anni, non conoscevo per nulla il mestiere, ho rifiutato. Nel film c'è tanto materiale, ma perché nella vita c'è tanto. Tutto è però legato dal fuoco del passato, che non chiude mai i fili con noi".
Immancabile la domanda sull'apporto del fratello Gabriele Muccino, affermato regista, nella costruzione dell'opera: "Ho dovuto tenere lontano mio fratello dal set. Io lo ammiro veramente molto, e averlo avuto lì mi avrebbe influenzato troppo, avrebbe reso il film non mio".
Una coppia, quella dei Muccino, che ha contribuito a portare in auge quel cinema generazionale tanto vituperato dalla critica quanto amato al botteghino. "Come te nessuno mai è un po' una pietra miliare del genere, anche se poi Che ne sarà di noi ha finito per lanciarlo definitivamente. E' giusto parlare ai teen-ager, altra cosa è parlare per i teenager, che è veramente difficile. Si rischia di assecondarli troppo, di guardargli il culo, per dirla con Brecht".
Anche se a parlar di culi rispetto a Parlami d'amore, viene in mente tutt'altro che Brecht...