Jessica Nash, giovane madre di due bambini piccoli, sta sistemando la casa della sua defunta nonna, che ha ricevuto in eredità dopo la morte dell'anziana. Date le condizioni non proprio ottimali della proprietà, Jessica ha deciso di venderla per trasferirsi altrove. Mentre sta ultimando i preparativi ed è ormai prossima alla partenza, riceve la visita dell'ex fidanzato, nonché padre dei suoi figli, Rob, in piena astinenza da droga e in compagnia di Sammy, uno sbandato che nella fedina penale ha diverse condanne per pedofilia.
In Shut In, come il pubblico scoprirà ben presto, anche Jessica ha un passato da tossicodipendente, ma è riuscita ad uscirne ed è da diverso tempo pulita: proprio per questo motivo non vede di buon occhio la visita dei due uomini. La sua sensazione viene confermata poco dopo, quando i nuovi arrivati la chiudono in una dispensa la cui porta è guasta, lasciandola di fatto intrappolata all'interno. Jessica cerca di uscire in qualche modo da quell'angusto stanzino, ma quando qualche ora dopo Sammy fa ritorno in casa, comincia a temere sempre di più per l'incolumità dei bambini...
Shut In: una storia di mostri e ombre
La sceneggiatura di Melanie Toast era stata inserita nel 2019 nella cosiddetta Black List, la celeberrima lista annuale dei migliori script non ancora realizzati per il grande schermo. Viene da chiedersi quali fossero gli altri candidati, giacché la storia - pur partendo da una premessa interessante - si risolve andando avanti soltanto tramite una serie di palesi forzature che conducono naturalmente all'unico epilogo possibile, senza effettivi colpi di scena degni di tal nome. Shut In ha però il merito di compensare una certa rigidità dell'assunto con una discreta - a tratti anche notevole - dose di tensione, che emerge in diversi passaggi soprattutto quando la malcapitata protagonista si ritrova, per ingenuità e sfortuna, tra quelle ridotte quattro mura della dispensa, cercando disperatamente un modo per uscire mentre ignora cosa stia accadendo da lì a pochi metri, con la vita dei figlioletti in potenziale pericolo.
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Il gioco delle parti
La vicenda opta per un ulteriore svolta quando si trasforma in una sorta di macabro gioco a due, con un'inaspettata situazione di stallo che accende altre dinamiche tra l'eroina e il malsano villain: anche qui non mancano spunti accattivanti, ma si ha l'impressione che il racconto evolva su soluzioni obbligate e poco verosimili, a cominciare da quei riferimenti pseudo-religiosi che vedono il crocifisso e la bibbia quali potenziali ancore di salvezza in mezzo alla tempesta. Tempesta che a un certo punto fa letteralmente la sua comparsa, con le turbolente condizioni atmosferiche che arrivano ad avere una piccola, incisiva, parte nella risoluzione degli eventi, ma anch'essa segnale di come si sia aggiunta gratuitamente molta carne al fuoco pur di indirizzare i personaggi verso quel destino già scritto.
Dietro e davanti la macchina da presa
La metafora sulle mele marce, che crescono nel vicino campo che apparteneva alla defunta e compianta nonna, permettono anche il curioso inserimento, a precedere i titoli di coda, di una ricetta scritta su un foglio appeso al muro, che consiglia come preparare il miglior burro di mele. Il regista D.J. Caruso da tempo non ha più raggiunto i fasti del suo efficace esordio, il sottostimato Disturbia (2008), e si è spesso riciclato in operazioni improbabili legate a franchise come mediocre sequel xXx - Il ritorno di Xander Cage (2017). In quest'occasione si è approcciato a una dimensione più intima, con budget ridotto e una altrettanto ridotta ambientazione, lasciando a briglia sciolta i suoi interpreti: se Rainey Qualley, cantante / attrice figlia e sorella d'arte - sua madre è Andie MacDowell, sua sorella la più famosa Margaret Qualley - si trova impegnata in un vero e proprio tour de force ansiogeno e mette in mostra una certa, ruvida, efficacia, Vincent Gallo è ancora una volta mostruosamente ambiguo, nei panni di un villain che più villain non si può.
Conclusioni
Una giovane madre, in procinto di lasciare la casa di campagna ereditata dalla nonna per trasferirsi lontano, riceve l'indesiderata visita del suo ex tossicodipendente e di un suo amico di questi, un molestatore di bambini. E quando rimane chiusa nella dispensa, dovrà trovare un modo per uscire prima che sia troppo tardi... Shut In non manca certo di tensione e un paio di passaggi tengono con il fiato sospeso lo spettatore, anche perché è incerto e fuori campo il destino di chi si trova al di là di quella porta invalicabile, dove la protagonista si ritrova suo malgrado intrappolata. Ma se la suspense funziona grazie alla ridotta ambientazione e al solido cast, lo stesso non si può dire per una sceneggiatura che, pur partendo da un incipit accattivante, sfrutta sovente delle marchiane forzature per indirizzare la storia sui binari prefissati.
Perché ci piace
- Rainey Qualley e Vincent Gallo offrono ottime interpretazioni.
- Suspense a tratti notevole.
Cosa non va
- La sceneggiatura paga evidenti forzature in diversi passaggi.